Memorie postume di Brás Cubas
- Autore: Machado de Assis
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2020
Con la traduzione di D. Petruccioli, la casa editrice Fazi ripropone la pubblicazione di Memorie postume di Brás Cubas, opera dello scrittore brasiliano Joaquim Machado de Assis, vissuto nel diciannovesimo secolo, e universalmente considerato ancor oggi uno degli autori e dei letterati più importanti del suo Paese.
Il romanzo ha inizio e termine con un funerale, quello del protagonista appunto. Ecco l’insolito dipanarsi degli eventi: è il morto stesso a raccontare ai lettori la propria vita in un’innumerevole serie di capitoli spesso assai brevi, ma talvolta vere svolte nella sua esistenza.
“Si tratta, in verità, di un’opera prolissa nella quale io, Brás Cubas, seppure abbia adottato la libertà formale di uno Sterne o di uno Xavier de Maistre, potrei aver inserito qualche mugugno un poco pessimista. Chissà. È l’opera di un defunto. L’ho scritta con penna ridanciana e inchiostro malinconico, e non è difficile prevedere quale potrà essere il risultato di un simile connubio. Aggiungeteci che alle persone serie il libro sembrerà in tutto e per tutto un romanzo, mentre le persone frivole non ci ritroveranno nessuna delle qualità romanzesche cui sono abituate, ed eccolo privato della stima dei seri e dell’amore dei frivoli che sono le colonne portanti dell’opinione pubblica. Ma coltivo ancora la speranza di accaparrarmi la simpatia del pubblico.”
Così ha inizio Memorie postume di Brás Cubas, un uomo che risulta essere non colpito da grandi sfortune, anzi. Nato in una famiglia benestante, il protagonista aveva avuto un’esistenza fatta di piccole gioie e qualche inconveniente, il tutto in totale normalità.
Sebbene il romanzo sia scritto in forma di racconto, peraltro assai lieve, esso si rivela comunque ricco di osservazioni precise e profonde della natura umana. È una storia di amori frammisti alla politica, di un uomo che a essa dovrebbe dedicarsi e in essa far carriera, ma che, ahimè, non avrà mai un posto di gran rilievo, forse perché impegnato a occuparne uno nel cuore della propria amata. Il romanzo, infatti, più che di politica, narra d’amore, quello desiderato dalla famiglia di lui e che dovrebbe coronarsi con un buon matrimonio, quello che invece fa battere il cuore del narratore. Ecco la passione per Marcela che pare donargli il suo cuore, ma alla fine è molto più interessata ai suoi beni terreni, e poi l’intenso legame con Virgilia, colei che dapprima lo ama, poi gli preferisce un altro, poi ancora ritorna sui suoi passi e inizia con lui una storia fatta dei palpiti tipici di una donna sposata di quel tempo. Così procede la vita del protagonista: mai eventi eclatanti e mai altri così catastrofici colmati da episodi con l’amico di un’infanzia perduta, Quincas Borba, e al suo ottimismo filosofico definito “Humanitas”, che considera la vita umana una vera apoteosi e l’unica vera sfortuna “quella di non nascere mai”.
L’opera è solo apparentemente non fra le più significative: in realtà scaturisce dalla penna di uno degli uomini più colti del suo tempo ed è colma di riferimenti ai testi classici europei e alla storia sudamericana. Brás Cubas impiega personaggi delle Scritture e opere teatrali shakespeariane per aggiungere colore ai suoi ricordi. Aristotele e Dante sono d’aiuto per descrivere le sue storie con le donne amate. Questi riferimenti eruditi dimostrano non solo l’abilità letteraria di Machado de Assis, ma danno ulteriore valore al libro.
L’autore inoltre scrive in maniera estremamente personale. Il suo stile è unico, così come anche la sua scelta di prospettiva. È l’opposto di un realista. Questo romanzo non assomiglia a nessun altro lavoro: Brás Cubas, il narratore del romanzo, è già morto quando lo incontriamo, quindi ha un sacco di tempo per raccontare della sua vita.
Lo scritto, si comprende attraverso la sua storia di vita, è una visione satirizzata dell’indolenza e della mancanza di impegno intellettuale dell’alta classe brasiliana dell’epoca. Brás stesso è un uomo che non ha fatto nulla in sessantaquattro anni. O quasi nulla. Ha studiato il necessario, lavorato ben poco, non si è sposato. È diventato un deputato parlamentare attraverso conoscenze e incontri, ma non ha fatto assolutamente niente di valido mentre era lì. Gli piacevano i piaceri fisici della vita, invidiava gli altri, aveva ambizioni, ma per esse poco si impegnava. La sua vita non è stata un granché. Così, con ironia, è lo stesso protagonista a trarre le conclusioni
“A conti fatti chiunque penserà che non ci fu perdita né guadagno e che di conseguenza sono uscito dalla vita in pareggio. E penserà male: infatti, arrivando da quest’altra parte del mistero, mi sono ritrovato con un piccolo attivo che è l’ultima mancanza di questo capitolo tutto al negativo: non ho avuto figli, non ho trasmesso a nessun essere vivente le nostre miserie”.
Le ultime parole, vere ma un po’ amare, e la saggezza con cui racconta il suo modo sconsiderato di vivere la vita rendono interessanti le memorie di Cubas, che di certo non è perfetto, ma perfettamente umano.
Memorie postume di Brás Cubas
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