Milone il greco
- Autore: Vincenzo Notorio
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Non mancano gli amanti della guerra, che sognano di portare devastazione in una città nemica, senza pensare alle distruzioni che il nemico infliggerebbe alle proprie. A Siracusa, colonia greca del V secolo a.C., è Trasibulo, fratello minore del re Ierone, a invocare la forza contro i Tirreni. Non teme le rovine di un conflitto anche per i vincitori e non si preoccupa degli altri nemici che potrebbero rialzare la testa, com’è molto chiaro invece a Ierone stesso. Sono gli argomenti sui quali il consigliere Milone dovrà insistere, perché possa prendere il largo quanto raccontato in un fresco e originale romanzo storico di Vincenzo Notorio, cresciuto nel Siracusano ma di natali catanesi, come Algra, la casa editrice di Viagrande (Catania) che questa estate ha dato alle stampe Milone il greco (290 pagine).
Non è il primo titolo di Notorio — laureato in scienze politiche e funzionario del Ministero dell’Istruzione —, ma si colloca in una gerarchia di rispetto nella narrativa storica ambientata nell’antichità. Si fa apprezzare per l’originalità dell’epoca, dei protagonisti e della collocazione geografica: la Sicilia e l’Italia prima che Roma diventasse l’Urbe prepotente, qualche anno più avanti. Di solito sono poco sperimentati in questo genere di romanzi, perché richiedono una conoscenza specifica, ma Vincenzo ha studiato con profitto per trattare in modo storicamente plausibile le vicende di Magnogreci-Siracusani e Tirreni, sconfitti a Cuma dalla flotta di Ierone nel 474 a.C., secondo il modo di contare degli storici attuali.
Per i Greci era il terzo anno della 76a Olimpiade e per i latini il 280° dalla fondazione di Roma, quando le navi siracusane avevano sorpreso i legni del potente popolo italico che dominava il mare al quale aveva dato il proprio nome. I Tirreni si chiamavano tra loro Rasna e saranno conosciuti col nome dato dai Romani: Etruschi.
Dunque il re ha vinto ma è perplesso. Il suo titolo è in effetti tiranno, sovrano assoluto: i Greci di Sicilia non osservano la democrazia o l’oligarchia rispettate nella madrepatria. Ma non è un tiranno bieco e dispotico nel significato che diamo all’aggettivo: apprezza i consigli di un gruppo ristretto di dignitari leali.
Può riporre fiducia in pochi a Siracusa e ancora meno sono quelli che non si limitano a adularlo, ma “desiderano, possono e osano” consigliarlo. Uno è Trasibulo, che comanda l’esercito ed è per la guerra, irruento e per niente disposto al dialogo. Un altro è Filone, capo delle guardie di Palazzo, ansioso di emulare Achille in qualche impresa eroica. Il responsabile della riscossione dei tributi, Democrito, teme il peso di un conflitto sulle finanze siracusane. Il poeta e amico del re Simonide di Ceo canta le gioie di una vita pacifica. Milone intende impegnarsi a fondo per convincere Ierone a scegliere la pace. Certo, è insolito che in un romanzo epico, di avventura e combattimenti (con morti e feriti senza scampo), si discuta a lungo di pace e con argomenti solidi.
Milone ha solo 25 anni. È figlio di un grande guerriero che ha sconfitto i cartaginesi a Himera e fratello di un’amazzone che si allena alle armi nella tenuta paterna e lo considera un uomo debole. In tempo di pace prospera, perché le sue navi commerciano su tutte le coste. E sì che di avversari i Greci di Siracusa ne hanno tanti da tenere a bada. A Occidente della Sicilia hanno trovato gli Elimi, al centro i Siculi e a oriente i Sicani, tutti sotto controllo, come i Cartaginesi, relegati nell’estremità occidentale dell’isola.
Nella ricca casa di campagna, Milone ospita il tragediografo greco Eschilo. A Ierone piace circondarsi di poeti e lo ha invitato a Siracusa, ma dopo po’ questi si è detto distratto dalla confusione in città e ha chiesto una dimora dove concentrarsi senza disturbi. Il giovane mercante è stato ben felice di accontentare il tiranno e godere a sua volta di una compagnia culturalmente eccitante, per non dire della bella e colta nipote Leda che accompagna l’uomo di lettere.
Così, abbiamo incontrato la combattiva Esione e l’intelligente Leda, resta da conoscere un’altra ragazza, per apprezzare la componente femminile, che in questo romanzo non ha un ruolo secondario. Profondi occhi azzurri, trucco sapiente poco pronunciato, morbidi capelli neri legati in lunghe trecce, forme seducenti: Arianna fa di tutto per interessare Milone.
Lo avvicina nel banchetto che Ierone offre a consiglieri, amici e ospiti, aprendolo alla partecipazione delle etere. Tra i Greci, le donne non condividono la tavola con i commensali maschi. Tutti gli invitati sono uomini, ma certe volte non sono presenti solo uomini. Flessuose danzatrici e belle vivandiere dispensano sguardi ammiccanti, abbigliate in modo più adatto a rivelare che a nascondere. In gran parte sono etere, raffinate prostitute esperte nel canto, nel ballo, nella poesia oltre che nell’amore. Chiedono molto per i loro servizi, ma sono anche molto richieste tra i ricchi.
Ierone ha deciso: il nobile Porsenna di Vetulonia potrà tornare nella Dodecapoli per convincere i lucumoni etruschi a riscattare i prigionieri e offrire la pace. “Voi siete gli sconfitti, voi dovete chiederla”. Lo accompagnerà Milone, ma se dopo 40 giorni l’amico greco non sarà tornato a Siracusa con la richiesta di pace, la guerra riprenderà. Intanto i Greci impiegheranno le quattro decadi a prepararla, come altri preparano brutte sorprese alla delegazione, per vedere fallire ogni progetto che non preveda odio e distruzione.
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