Ci aspettiamo che i miracoli siano prodigiosi, folgoranti, qualcosa in grado di proiettare lo straordinario nell’ordinario come un fulmine che squarcia il nero del cielo e rende, per un solo impalpabile istante, l’aria elettrica e carica d’attesa. Walt Whitman nella sua poesia intitolata Miracoli (Miracles, nell’originale, Ndr) ci invita a guardare le cose da una prospettiva diversa, dimostrandoci che i miracoli accadono ogni giorno, sono ordinari e quotidiani, custoditi nel prodigio silenzioso delle piccole cose. Benedetti siano gli istanti, i millimetri e le ombre delle piccole cose, scriveva un altro grande poeta ed è un concetto che lo stesso Whitman ribadisce in questo suo Cantico delle creature profano, contenuto nella magistrale raccolta Foglie d’erba (Leaves of grass, 1855).
Come accade per molte delle poesie di Whitman, anche questa ha origine da una domanda, cui segue subito dopo una risposta inattesa:
Perché la gente fa tanto caso ai miracoli?
Tutto è un miracolo se lo sappiamo guardare, ci rivela Whitman, mostrandoci il segreto stesso della poesia che aveva già annunciato nella prefazione del suo prodigioso poema Leaves of Grass:
The United States themselves are essentially the greatest poem.
Gli stessi Stati Uniti sono, di per sé stessi, il più grande poema. Non sorprende dunque la capacità di Whitman di scoprire miracoli nei luoghi più impensabili, come le strade di Manhattan. Chi sa sentire la poesia nel profondo, è in grado anche di vedere i miracoli e le “ombre delle piccole cose” come scriveva Pessoa.
Il misticismo di Whitman a ben vedere è profondamente radicato nella terra, ha profonde radici umane proprio come quei fili d’erba che traggono nutrimento dal terreno, così la poesia è un canto, anzi, un inno contagioso alla forza vitale.
“Miracoli” di Walt Whitman: testo
Perché la gente fa tanto caso ai miracoli?
Quanto a me, io non conosco altro che miracoli.
Che io passeggi per le strade di Manhattan,
o getti lo sguardo al di sopra dei tetti verso il cielo,
o sguazzi a piedi nudi lungo la spiaggia sul limitare delle onde,
o sosti sotto gli alberi nei boschi,
o parli di giorno con qualcuno che amo,
o giaccia nel letto di notte con qualcuno che amo,
o sieda a tavola a cena con gli altri,
o guardi gli estranei che mi stanno di fronte nel treno,
o osservi le api indaffarate attorno all’alveare in un mattino estivo,
o gli animali che pascolano nei campi,
o gli uccelli, o l’incanto degli insetti nell’aria
O il meraviglioso spettacolo del tramonto, o degli astri splendenti silenziosi e lucenti,
O la squisita delicata curva della luna nuova in primavera;
Queste cose con altre, ciascuna e tutte,
sono miracoli per me,
E, pur riferendosi al tutto, ciascuna sia distinta, e al proprio posto.Per me ogni ora di luce e di tenebra è un miracolo,
Ogni pollice cubico di spazio è un miracolo,
Ogni miglio quadrato della terra è seminato di miracoli,
Ogni piede dell’interno della terra è affollato di miracoli.
Un continuo miracolo è per me il mare,
E i pesci che vi nuotano – e gli scogli – e il movimento delle acque
– e le navi e gli uomini che vi sono a bordo:Quali miracoli più straordinari di questi vi sono?
“Miracoli” di Walt Whitman: analisi e commento
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Dal punto di vista meramente strutturale la poesia di Whitman è un tripudio di allitterazioni e rime. Sembra scritta più per essere ascoltata che per essere letta: eppure si presta a diverse letture, può avere un ritmo più veloce-allegro o più lento-malinconico a seconda dello stato d’animo con cui ci approcciamo al testo.
Ci dice che ogni cosa è un miracolo e, facendolo, proietta un nuovo sguardo sulle cose, facendole splendere di una dimensione “altra” che sfugge agli occhi umani. In questa metamorfosi è custodita anche l’occulta malinconia che ammanta l’intera poesia: siamo abituati a riconoscere il miracolo nello straordinario - una guarigione improvvisa, un cambiamento inatteso, un prodigio che si avvera - fatichiamo a coglierli nell’ordinario, dove tutto rimane sostanzialmente uguale.
Ci aspettiamo che il miracolo sia qualcosa che ci salvi, che abbia la capacità di sconfiggere la morte - ovvero l’atroce fine del destino umano - non riusciamo a svicolarci dall’equazione “miracolo-salvezza”.
Eppure Whitman ci invita a sentirci “salvi” proprio perché siamo vivi, a considerare l’esistenza stessa come il vero miracolo. Il miracolo teorizzato da Whitman è una lezione di vita o di mindfulness, ci insegna a vivere il presente, ad apprezzare l’istante fugace che fugge, a gioire delle cose che ci circondano. La capacità stessa di provare gioia è un miracolo, ribadisce il poeta e non manca di elencare tutti i prodigi - naturali e artificiali - che ci circondano nella nostra più umile quotidianità, passando dai piaceri più terreni sino a descrivere il moto imperscrutabile degli astri.
Il miracolo di Whitman si conclude con il mare, la grande vastità azzurra che è anche l’acqua generatrice di vita. Tutto infine sembra ricondurci all’acqua e il poeta passa dall’universale al particolare come se si focalizzasse su ogni dettaglio: i pesci, gli scogli, i pescatori, le navi. Ci fa respirare tutta questa infinità, prendere una solenne boccata d’azzurro e ci invita a sentirci vivi, a non dimenticare mai di essere vivi. Di particolare rilevanza è la mescolanza di tempi verbali nella poesia di Walt Whitman: nell’originale inglese passa senza soluzione di continuità dal presente al passato al futuro, tutto si fonde in un unico tempo che è poi la sinfonia stessa della vita, l’occulta melodia della Creazione che ebbe origine in un’era remota, chissà quando, per volontà di chi. Whitman non indaga oltre, non vuole propagare il dubbio; le sue risposte uccidono tutte le domande, le annientano, riportano ordine nel caos e i invitano a provare un sentimento spesso ignorato o vilipeso, che è la gratitudine. Gratitudine per ogni istante e millimetro di questa nostra piccola, confusa e fragile vita che è come il movimento delle acque, un’onda indistinguibile tra la moltitudine di onde, qualcosa che non si capisce, non si comprende, eppure c’è. Walt Whitman ci invita a sentirci grati per il fatto di essere, di esistere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Miracoli”, la poesia di Walt Whitman: un Cantico delle creature profano
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