Molti non tornarono
- Autore: Ruggero Dal Molin
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
È un libro ben rappresentato dalla fotografia riprodotta sulla copertina, “Molti non tornarono. Il destino di cinque soldati italiani nella Grande Guerra” (maggio 2015, 118 pagine 22 euro), realizzato per la casa editrice Itinera Progetti di Bassano da Stefano Aluisini e Ruggero Dal Molin, collezionista di materiale fotografico tanto noto agli appassionati di storia, in particolare della guerra italo-austriaca. I due autori curano l’Archivio Storico bassanese Dal Molin, imponente repertorio bibliocinefotografico dal quale provengono le ben 250 immagini su carta patinata al centro del volume, ordinate in sequenza non casuale. L’inserto iconografico segue le vicende cronologiche di cinque militari, ciascuno protagonista di capitoli monografici nel testo. Sono i testimoni muti di tutti i combattenti.
Ecco perché la foto in copertina è tanto significativa, pur essendo uno scatto tecnicamente scadente. I soggetti sono ripresi di spalle ed è perfino mossa nel soldato fuori fuoco. quasi in primo piano. Eppure, esprime per intero il contenuto del libro, tengono a spiegare i curatori.
È stata scattata in una giornata di sole pallido, che mette in evidenza lo squallore delle distruzioni provocate dall’artiglieria leggera ad un paesino di montagna, malridotto sotto un costone. I tetti sono parzialmente sfondati e le macerie addossate ai muri per lasciare libera la strada che attraversa il piccolo abitato. Sul percorso sterrato, un reparto italiano procede in fila per uno. L’incedere della breve riga di soldati, pur ordinata con i fucili a bilanciàrm, tradisce una condizione di incertezza: la disciplina spinge gli uomini a serrare i ranghi, ma i volti non si vedono, le gambe sembrano appesantite dalla fatica, gli scarponi strisciano sulla pietraia senza sollevarsi, le spalle sono curve.
Solo l’ultimo, con un grande zaino affardellato, è staccato indietro e accenna un passo accelerato per raggiungere la fila. È lui la figura non a fuoco, con i contorni evanescenti, quasi fosse un caduto che cerca di riunirsi ai commilitoni rimasti in vita.
Solo a prima vista è un’immagine mal riuscita. Con sensibilità, Stefano Aluisini e Ruggero Dal Molin fanno notare che quei giovani in marcia, ripresi di spalle,
“hanno lo sguardo teso a cercare qualcosa oltre la testa del compagno che li precede, espressione inconsapevole del sentimento di una generazione chiamata a un sacrificio estremo che affrontò onorevolmente, ma del quale non comprendeva fino in fondo le ragioni. Il senso del dovere li mantiene inquadrati verso un destino che costringerà molti di loro ad "andare avanti", come si dice fra gli Alpini”.
La fotografia resta lo strumento per eternare un istante. Anche la meno sofisticata fissa i sentimenti dei protagonisti, lo stato dei luoghi, l’abbigliamento e gli atteggiamenti degli uomini. Comunica empaticamente emozioni che richiederebbero pagine e pagine di prosa.
Ognuno dei cinque soldati è quel fante rimasto staccato in copertina, perché nessuno di loro è sopravvissuto alla Grande Guerra.
Giuseppe Neri, alpino spezzino, classe 1891, era veterano della Libia, dove sbarcò col battaglione Mondovì nel 1912. Caporale per meriti in combattimento, aveva guadagnato una medaglia di bronzo. Richiamato nel Valle Ellero e promosso caporalmaggiore, entrò subito in azione nel 1915. Cadde a luglio, sul Monte Chiese.
Luigi Ettore Neri, nato a Santo Stefano di Magra (La Spezia) nel 1893, era Guardia di Finanza. Morì di spagnola, nel 1918.
Una malattia fu fatale anche ad un santostefanese più anziano di un anno, il pur prestante artigliere Vincenzo Aluisini. Dopo aver combattuto quasi tutta la guerra in un Gruppo da Montagna, affrontando tra l’altro la Strafexpedition austriaca sugli Altipiani nel 1916, spirò il giorno dopo la fine delle ostilità, il 5 novembre 1918, in un ospedale nei pressi di Vicenza.
Eugenio Neri, altro spezzino, aveva 28 anni quando morì nell’estate 1917, ferito in una missione di pattuglia sul fiume Vippacco, una delle sue prime azioni sul Carso nel 266° Reggimento fanteria Lecce. Spirò nell’ospedale da campo di San Giorno a Nogaro e riposa nel Tempio Ossario di Udine.
Era un “ragazzo del ’99” Alfonso Neri, di Sarzana, fante della Brigata Avellino. Schierato giovanissimo sul Piave per fronteggiare l’avanzata nemica dopo Caporetto, ha fatto in tempo a combattere nella vittoriosa battaglia del Solstizio, nel giugno 1918, prima che una malattia lo conducesse al ricovero e alla morte nell’Ospedale militare di Riserva di Macerata, nelle Marche, lontano dal fronte. Il nome campeggia in ordine alfabetico con gli altri sarzanesi caduti nel 15-18.
Se non altro, dei cinque spezzini si conoscono i luoghi di sepoltura. Di tanti altri, invece, pure indicati sulle lapidi, non è stato ritrovato il corpo o non sono state identificate le spoglie. Sono diventati evanescenti, come quel soldato attardato, nella foto in copertina.
Molti non tornarono. Il destino di cinque soldati italiani nella grande guerra
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