Nel ventre e nell’anima di Domizia Moramarco

Si definisce “una mendicante persa nell’infinita ricerca” Domizia Moramarco, autrice pugliese approdata (per amore e ci tiene a precisarlo) fra le nebbiose pianure lombarde. Piccola, fragile, alla ricerca di un’identità propria. Così appare in questa sua silloge d’esordio, dal titolo forte.
"Nel ventre e nell’anima" (Letteratura Alternativa, 2018) è opera di una donna che entra nel mondo (e mi piace pensare in ogni cosa che fa) in punta di piedi. Con profonda umiltà; procede per esperimenti, per tentativi. Non concede a se stessa alcuna certezza; forse il dogma neppure le interessa. Dà invece l’impressione di ponderare, di riflettere. Una donna che sicuramente sa aspettare il suo momento. E dico questo perché nelle sue poesie c’è un incedere, per quanto lento, in modo che la fine presenti un’evoluzione.

Chi sono io che oso definire con parole quel che di infinito c’è intorno a me?

Ebbene, il lettore rimane rapito dal fatto che l’autrice se lo chieda. Anzi, lo declami a grandi lettere. Una Domizia Moramarco che in principio era bruco, diventa alla fine farfalla. C’è un divenire, un’evoluzione. Che forse non porta a una trasformazione completa, perché ci sarà sempre da ragionare e sperimentare nella vita. Però a una crescita e maturazione, sicuramente.

Proiettata fuori di me riesco a capire chi sono quello che voglio veramente. E sorrido alla nuova me.

Tutto quel che ha attraversato il suo ventre (e non mi riferisco soltanto alla lirica dedicata all’amato figlio) si è fermato nell’anima. E lì, indelebile, rimane. Passino le stagioni, cresca la conoscenza di sé, a noi si manifesta una poetessa che ha già tutti i suoi punti di riferimento ben saldi, attorno ai quali può ruotare o sbizzarrirsi a sperimentare, nel tentativo di perfezionarsi sempre più. Di trovare quante più risposte alle sue numerose domande.
Domizia Moramarco afferma di essere “come argilla nelle mani di un comico burattinaio”. Dà invece l’impressione di essere una che la vita vuole morderla, nella sua interezza, prendendo a piene mani quanto di bello c’è. Una “guerriera spogliata della sua armatura”, che ormai non ha più paura di rimanere nuda di fronte a se stessa.
Forse il salto di qualità sta proprio nel comprendere, da parte delle donne coraggiose, che sia il mondo a essere in potenza argilla da plasmare. Cosicché, sempre per citare l’autrice, il prato improvvisamente possa riempirsi di splendidi colori.
Un messaggio del tutto positivo quello che lascia questa silloge. La forza di una donna alla continua scoperta di se stessa. Delle sue infinite potenzialità.
Un grazie, quindi, all’autrice mi pare d’obbligo.

Buona ricerca, cara Domizia.