Nessun nome per Emilio
- Autore: Fabio Morábito
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2021
Fabio Morábito rivela nel nome le sue origini italiane, pur essendo nato ad Alessandria d’Egitto e vivendo in Messico, terra che lo ha ospitato, fin da adolescente, trapiantato a seguito del trasferimento dei genitori. Il suo percorso sulla carta inizia come poeta, anche premiato. Traduce tutta l’opera di Montale. In un secondo momento scrive racconti e, infine, nel 2009, stende il suo primo romanzo Emilio, los chistes y la muerte, pubblicato a novembre 2021 da Exòrma edizioni, con il titolo italiano Nessun nome per Emilio (la traduzione è di Adrián N. Bravi e Marino Magliani). Ho avuto il piacere di presentare il libro a Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria indipendente a Roma, in dicembre, proprio per Sololibri, ed è scoccata una scintilla viva per l’autore e la sua prosa. Nessun nome per Emilio è un libro straordinario, accattivante, che ha la potenza dei più grandi romanzi di iniziazione. Morábito ha una voce limpida, ironica, lucida, che porta al lettore la storia del passaggio da bambino a adolescente del protagonista con toni ironici e realistici, senza tralasciare colpi di scena e del sano divertimento.
Emilio è un ragazzino dotato di una memoria strabiliante e un giorno la sua vita cambia per via di un curioso, quanto scioccante, incontro. Trasferitosi in una nuova città, per via della separazione dei genitori, va a vivere con la madre in una casa accanto a un cimitero. Sarà lì che trascorrerà le sue giornate prima di fare nuove amicizie, trovandosi a stringere strani rapporti con i personaggi adulti che popolano il cimitero, vagando alla surreale ricerca di barzellette rimaste nell’aria, tentando di stanarle con un improbabile rilevatore di barzellette. Soprattutto, sarà lì che farà il suo incontro chiave: incontrerà Euridice, nome evocativo del rapporto della mitologica Euridice con Orfeo, devota alla tomba del figlio scomparso quasi alla stessa età di Emilio.
Le modalità dell’incontro, se lette con la dovuta dose di ironia, aprono il varco verso il tono che assumerà tutta la narrazione che Morábito tiene, egregiamente, in bilico tra gli aspetti tipicamente morbosi di una qualsiasi iniziazione e quelli che persistono ancora privi di malizia. Un umorismo sotterraneo percorre il libro, zigzagando lungo tutto il racconto senza arrivare mai in superficie, ma movimentando la lettura, rendendola piacevole e arguta.
Allo stesso modo il tema della sessualità serpeggia per tutto il racconto e si manifesta nei particolari. Dettagli su cui Morábito focalizza la sua penna come in una serie di inquadrature soggettive, che ne amplificano l’atmosfera, rendendola palpabile dal lettore. Così vediamo mettere sotto i riflettori baci dati o vietati, accendersi l’attrazione per il corpo femminile, che non risparmia neppure quello materno, fissarsi su una sorta di feticismo per un particolare delle caviglie di Euridice che traghetterà Emilio in un nuovo turbine di sentimenti fino ad allora sconosciuti: attrazione, gelosia, piacere. Il personaggio di Emilio è trattato con cura dall’autore, che mette in luce le smanie della crescita, e quindi gli aneliti da adulto, così come le turbe adolescenziali, e il suo essere ancora bambino. Gli imbarazzi infantili di chi ancora dipende dai genitori per ogni piccola cosa e sente incombere il giudizio degli altri, che nascono dalle situazioni più semplici, quotidiane, come gli spostamenti in macchina, momento in cui per Emilio tutti possono capire che la mamma non sa guidare perché prima della separazione guidava solo il papà.
Morábito permea di ambiguità il clima di tutto il romanzo. Una sapiente miscela di turbamento e piacere che esce da ogni azione, scena, dialogo del confronto tra il bambino e gli adulti che ancora sono molto lontani dal suo modo di vedere le cose, ma che adesso, come mai prima, lo incuriosiscono, lo stimolano. Anche le scene più ardite, e ce ne sono nel libro che valgono la lettura, sono surreali solo apparentemente, ma poi tutto troverà compiutezza sul finale per trovare un’armonia e una composizione tipica del romanzo circolare, che è ben riuscito.
Le tematiche della formazione ci sono tutte: la religione, il rapporto con la preghiera e la fede, un perfetto viaggio dell’eroe che fa del rapporto col padre un punto centrale dell’evoluzione del personaggio, fino ad arrivare alla rottura e quindi all’emancipazione definitiva, causandone lui stesso l’uscita di scena. La rivalità col padre per l’affetto materno e non solo, per tutto l’universo femminile. Quel binomio attrazione-repulsione con cui lo scrittore colora tutti i rapporti della storia di Emilio.
Morábito ha il grande pregio di non far parlare il suo protagonista con una voce da adulto che fa il bambino, Emilio è un bambino che parla, pensa e agisce da bambino e questo è uno dei punti di forza della narrazione. Lo sguardo di Emilio si traduce in parole coerenti. Una gioia per il lettore che non si trova a colmare crepe nella sospensione di incredulità.
Per il lettore italiano è quasi impossibile evitare l’accostamento con il caposaldo della letteratura di iniziazione che è Agostino di Moravia, capolavoro assoluto e cardine della letteratura italiana. Eppure, si tratta di un accostamento che può nascere solo per il genere, molteplici sono le differenze tra le due storie. V’è ad esempio chi ha letto nell’ambiguità che pervade la vicenda di Emilio un interesse pedofilo di Euridice. Si tratterebbe quindi dello stesso genere di interesse che si riscontra nel Saro bagnino dei Bagni Vespucci, che in Agostino è però dichiaratamente affetto da pedofilia. Nel caso di Emilio credo si possa sgombrare il campo da questa ipotesi, semplicemente leggendo con attenzione lo stesso testo. La gestualità di Euridice e i sentimenti che la muovono verso Emilio sono quelli di una madre in cerca di un figlio perduto. Euridice si concede all’interesse di Emilio fintanto che questo non cerca una reciprocità che lei più volte nega, cui si sottrae anche in modo duro quando avverte la malizia del bambino. Non così Saro, cui Agostino sfugge solo per caso e dal cui interesse Agostino è spaventato e, di fatto, si allontana; che diventa per lui un’onta. Una differenza, dunque, che il testo delle due storie manifesta in modo espresso, un fraintendimento che può essere nell’occhio malizioso del lettore, non delle parole di Morábito, che portano Euridice solo fin dove vogliono che arrivi con Emilio: alle soglie dell’attrazione e del primo turbamento sessuale.
Anche il particolare mostruoso dell’esodattilia di Saro, che solo apparentemente potrebbe sembrare accostabile alle caviglie gonfie e grosse di Euridice, su cui più volte lo scrittore si sofferma, non sembra possa bastare ad assimilare i due personaggi, posto che nel secondo caso è attraverso quel particolare, quasi feticista, che si introduce il rapporto di rivalità, quasi punitiva, tra Emilio e suo padre, piuttosto che ricercare in esso quel profilo di mostruosità cui Moravia affidava le mani di Saro per tradirne la perversione affettiva e sessuale abnorme. E ancora, non sembra si possa rinvenire in Agostino il vago senso di morbosità che invece percorre alcuni pensieri di Emilio, ad esempio quando guarda e osserva la madre di nascosto. Inoltre, in Agostino è assente la solitudine dai suoi simili che sono invece un ponte verso la sua emancipazione. Emilio, al contrario, è isolato dai suoi coetanei e viene risucchiato in una serie di rapporti incrociati tra adulti, di cui sembra sentirsi parte solo lui, ma che poi si riveleranno essersi dipanati a prescindere dalla sua presenza.
Insomma, che siano collocabili nello stesso genere non sembra esserci dubbio alcuno, ma certamente con profonde differenze, che solo forzando una delle due storie possono portare alla somiglianza.
Morábito ha scritto un eccellente romanzo. Sulla sua penna è riuscito a tenere in equilibrio erotismo, senso della morte, paradossi e giocosità bambinesca. Con atmosfere che lambiscono quelle dell’eroe Disney-Pixar, Coco, Morábito arricchisce la storia di un particolare esageratamente messicano, come El Dia de Los Muertos, la più importante celebrazione del Messico, che contribuisce a dare uno spessore preciso alla cultura dei personaggi e sembra quasi un omaggio alla terra che lo ha cresciuto e che sicuramente ha avuto la sua importanza anche nella sua personale iniziazione.
Tutto convive in modo acceso intorno a Emilio, protagonista prodigio per la memoria e che, come ogni eroe tradizionale che si rispetti, è dotato di una credibilità piena e di un talismano. Come Harry Potter ha una bacchetta, e Orfeo, il cui mito è richiamato palesemente dal nome della donna che Emilio incontra, ha una lira, Emilio se va in giro con un aggeggio che per lui è lo strumento in cui si compie l’unione tra serio e faceto, tra mondo dei morti e mondo dei vivi, dove gli scherzi rimangono catturati anche tra i morti, e che sarà simbolo della trasformazione di Emilio, dove si compirà la disillusione come elemento necessario alla rottura con l’infanzia.
In questo senso, dobbiamo dire che il titolo dell’opera originale rende più intensamente l’idea del contrasto e del contesto in cui Emilio si muove; pulsioni vitali e tensioni di morte, poiché in Emilio, los chistes y la muerte (letterale: Emilio, le barzellette e la morte), è racchiuso un po’ il termine ultimo delle intenzioni dello scrittore di coniugare i due aspetti chiave dello svolgimento della storia.
Anche il titolo italiano, a ogni modo, focalizza una delle caratteristiche fondanti del personaggio che, fin dall’apertura della storia, contribuisce a creare l’atmosfera di fittizia surrealtà che rappresenta uno dei pregi indiscussi del libro. Perché Nessun nome per Emilio? Cosa lega il nome di Emilio, un cimitero e il diniego di essere nominato? È quello che la storia ci spiega in un latro punto di svolta di questo libro pieno di spunti e chiavi di lettura.
Piacevole, di agile lettura, la cui complessità e varietà di prospettive arriva piano, a fine lettura, non in modo immediato. Quello che appare raggiunge subito il lettore senza fraintendimenti, ma le numerose chiavi ed emozioni di lettura che suscita sono un lavoro che quest’ultimo si troverà a fare anche molto tempo dopo aver chiuso l’ultima pagina.
Per questo, Nessun nome per Emilio non è solo un libro che si augura di leggere, ma è ancor prima l’augurio di vivere un’esperienza felice che ogni lettore dovrebbe auspicarsi di fare, leggendolo.
Nessun nome per Emilio
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