Non nel mio nome
- Autore: Michele Santoro
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2022
“C’è un orologio che segna ventiquattro ore” diceva Gino Strada. “L’orologio dell’Apocalisse. Lo hanno messo a punto fisici nucleari calcolando l’effetto del surriscaldamento e quello della minaccia atomica. Sapete quanto manca alla fine del mondo? Poco più di due minuti”.
Il monito spaventoso è ripreso alle pagine 75 e 76 del nuovo saggio di Michele Santoro, Non nel mio nome (Marsilio 2022): la cosa grave è che in pochi lo prenderanno sul serio. Il pianeta agonizza ma sembra che la faccenda interessi poco.
È il segno palese dell’ignavia dei tempi. Per le moltitudini addomesticate più comodo credere al potere salvifico di vaccini presunti o che Putin, da che ha invaso l’Ucraina, sia Lucifero in persona. Da una politica globale focalizzata strumentalmente su Nemici e Terrore, discende insomma una platea di cittadini attoniti, ipnotizzati dai sintomi piuttosto che interessati alle cause dei fatti. Il cogito cartesiano è bandito dalle millantate democrazie occidentali. Severamente proibito riflettere, porre domande che non prevedano pleonasmi, retorica, o univocità di opinione per tutta risposta.
Sotto questo aspetto Non nel mio nome rimbomba di ira funesta, mirando al cuore dei media di stato, e al sostegno manicheo riservato a governi implausibili.
È vero che l’irreggimentazione socio-mediatica è planetaria, ma quella perpetrata dallo scorso (speriamolo) governo Draghi in ambito vaccinale ha raggiunto – manu militare, e a via di ricatti e decreti legge – bassezze difficilmente raggiungibili. Viene da pensare (tranne ai giornalisti-fans delle televisioni pubbliche e private) se la salute pubblica fosse davvero il fine che giustificava tanto accanimento.
Michele Santoro invece si domanda:
“Il colosso farmaceutico (Pfizer, ndr) ha dovuto assumere seicento persone in più per registrare gli effetti indesiderati delle vaccinazioni: valeva la pena parlarne? Da una dose che doveva bastare stiamo preparandoci a fare la quarta: vale la pena capire perché? Abbiamo scelto di vaccinare adolescenti e bambini, e ci sono studi pubblicati da prestigiose riviste internazionali che fanno ritenere preferibile ’immunità acquisita per via naturale: vale la pena approfondire? Altri studi ipotizzano che nuove varianti trovino meno resistenze nella popolazione perché a causa delle iniezioni sono diminuite le difese immunitarie: vale la pena cercare di capire se sono scienziati seri che li hanno redatti?” (pag. 72)
Il pamphlet è gravido di interrogativi come questi, vietati dal potere e dagli organi di (di)informazione lottizzati. Così stanno le cose, si tratti di guerra, emergenza climatica, virus o di diritti costituzionali violati nel silenzio generale. I giornalisti liberi e "a schiena dritta" (come Santoro lo è per antonomasia. È un dato facilmente constatabile, tutt’altro che piaggeria), sono ormai un novero sparuto. Nel lasso di tempo ravvicinato della guerra e della pandemia, subito dopo il governo, la politica e la magistratura, è la stampa italiana cosiddetta mainstream ad avere dato peggior prova di sé.
Non nel mio nome si apprezza dunque e in primo luogo come saggio in controtendenza. Si apprezza per essere intelligentemente spigoloso. Rivendicativo. Coraggioso. Tratti esso di emergenza climatica, di emergenza (?) pandemica, di guerre (passate e presenti), di politica (passata e presente) lo fa attenendosi ai fatti senza edulcorazione.
Due passaggi tra i tanti che si possono citare a ulteriore esempi: – il primo, dalla lapidarietà quasi aforistica; il secondo di una razionalità adamantina: “Con due governi il Movimento 5 Stelle è riuscito a fare un’ammucchiata con tutti passando dalla castità alla depravazione più sfrenata” (pag. 35).
“Pensiamo sbagliando, che la democrazia sia un toccasana universale facilmente esportabile […] La libertà e il benessere di un paese spesso sono stati realizzati attraverso lo schiavismo, lo sfruttamento coloniale, imponendo le condizioni di scambio. A volte è stata usata la corruzione per sottomettere gli altri, a volte un colpo di Stato, a volte le armi. Ci abbiamo provato a uniformare il mondo secondo la nostra visione, ma è stata una pratica fallimentare e ha prodotto più lutti che risultati apprezzabili”. (pag. 37)
Riflettano su queste parole i progressisti patentati e i pacifisti a senso unico, sgomenti per le efferatezze di Putin in Ucraina. Vadano a ripassare il campionario di ferocie – peraltro mai sanzionate – di cui si è macchiato l’Occidente imperialista (America in primis) col pretesto della lotta al terrorismo islamico, o dell’esportazione della democrazia, o delle “missioni di pace” condotte con le armi. E intanto il pianeta muove suo malgrado verso la catastrofe. Soltanto due minuti all’apocalisse. Anzi ormai qualcosa di meno. Consentitemi di chiudere con una facezia amara: per chi ambisse a estinguersi senza derogare dalla consapevolezza civile, Non nel mio nome di Michele Santoro è un saggio disvelante, da non perdere.
Non nel mio nome
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