Novembre è un mese di cieli bianchi e piogge perpetue che si fanno mite preludio dell’inverno, come un accompagnamento sinfonico. Se fosse una musica sarebbe un adagio, un ritmo più lento dell’andante, il secondo tempo della sonata, che sembra invitare alla riflessione indugiando sui particolari.
In poesia ne ha fornito un formidabile ritratto Vincenzo Cardarelli in una lirica dedicata proprio a questo mese.
La poesia di Cardarelli sembra sempre sfiorare la vita, proprio come i suoi “gabbiani” che volano leggeri a filo d’acqua per acciuffare il cibo, così il poeta trattiene delle immagini del mondo che lo circonda salvandole per sempre dall’oblio.
La sua Novembre ha il passo lieve e tenace delle formiche che fanno scorta di provviste per l’inverno e il suono impetuoso delle piogge scroscianti che irrompono nel mondo come un nuovo diluvio universale, rompendo gli argini e le frontiere spazio-temporali, annunciando un cambiamento.
Cardarelli è sempre stato il poeta delle stagioni, le ha narrate in tutti i loro impercettibili e mutevoli cambiamenti, con una voce eterna che sembra esistere al di fuori del tempo, senza gli uomini o l’elemento umano. Le stagioni di Vincenzo Cardarelli sono “disabitate”, come testimonia la sua Autunno che si fa testimonianza di un sentimento di caducità esprimibile solo attraverso le immagini prettamente naturali delle piogge torrenziali, del sole pallido e smarrito e delle foglie che ondeggiano lentamente al suolo.
Ora con la lirica Novembre Cardarelli sembra addentrarsi ancora di più nel cuore dell’autunno che aveva preannunciato, mostrandoci il prodigio del sole che ancora brilla, come un vecchio affaticato, al di là delle nubi in quel cielo freddo in cui tuttavia la speranza non è morta.
“Novembre” di Vincenzo Cardarelli: testo
C’è un giorno che tutte le formiche escono dal bosco
a fare il fascio per l’invernata.
Sopraggiungono, di lì a poco,
le lunghe piogge autunnali,
simili a un gran pianto dirotto, interminabile.È un pianto che sgorga a fiumi, a torrenti,
fa crescere il lago, solca le strade, rovina i ponti
e dilaga per i campi ostinatamente verdi.
I muri si ricoprono di vellutina.Quando più nessuno se l’aspetta,
un sole freddoloso, più prezioso dell’oro vecchio,
torna poi, ogni mattina,
a trovare le foglie gialle d’acacia
che piovono ancora sui davanzali,
le foglie secche dei platani
che il vento trascina lungo i viali.
“Novembre” di Vincenzo Cardarelli: analisi e commento
L’immagine delle formiche con cui Cardarelli apre la poesia Novembre è commovente perché sembra una metafora della condizione umana: con fatica gli animaletti raccolgono le provviste per l’inverno, temendo di essere sopraffatti da una pioggia torrenziale che, infatti, ben presto arriva. Così anche gli esseri umani agiscono, cercando di volta in volta di costruire con l’impegno delle formiche, ben sapendo che basta un nonnulla - un soffio di vento avverso, un temporale impetuoso e improvviso - ad annullare o rendere vano qualsiasi sforzo. Il riferimento alle formiche dunque non è casuale, ma fa parte di un preciso schema del poeta che intende portare il nostro sguardo verso il basso, ad osservare i minuti e quasi invisibili movimenti della terra, per poi proiettarlo verso l’alto.
Nella seconda strofa le piogge autunnali vengono paragonate al pianto degli uomini - tutto si condensa in una sinestesia di sensazioni: avvertiamo l’umidità, le raffiche di un vento che d’improvviso soffia più freddo e la forza dell’acqua che dilaga divenendo un pericolo, inondando, devastando, facendosi beffe delle solide costruzioni umane come i ponti e le strade. La natura sembra impadronirsi del mondo, riportarlo alle origini, alle sue fattezze più primordiali.
Ed ecco, infine, dopo quest’accelerazione - Cardarelli sembra rendere il ritmo musicale della poesia più vorticoso, tramite le assonanze, per poi rallentarlo - d’improvviso fa capolino il sole al di là delle nubi.
Cardarelli umanizza il sole definendolo “freddoloso” e, poi, con un’altra metafora: più prezioso dell’oro vecchio che viene riposto nei cassetti come risorsa da utilizzare in tempi difficili. Quel sole pallido e stanco non si è mai spento, nota il poeta e ritorna ogni mattina illuminando con i suoi raggi d’oro le foglie di giallo rame dell’acacia che calano come una coltre sui davanzali delle case.
Infine, ritorna l’immagine del vento che trascina le foglie lungo i viali; e sembra una perfetta allegoria della locuzione latina tempus fugit, il tempo fugge ed è una forza che sovrasta perfino la natura e le sue leggi, sembra agire al di là delle cose visibili.
Attraverso la rappresentazione astratta del vento, un fenomeno atmosferico che si può solo percepire coi sensi, Cardarelli prosegue la sua sinfonia delle stagioni, come un novello Antonio Vivaldi: anche qui, proprio come nella musica, è il vento gelido a farsi presagio d’inverno, come una vibrazione che fa tremare la terra.
Novembre segna ancora una volta il confine tra le cose visibili e invisibili, tra il nostro mondo terreno e un non meglio definito (né definibile) aldilà. Vincenzo Cardarelli però si ferma a un passo, lasciando che il nostro sguardo si perda nell’immagine del vento che trascina le foglie in una danza vorticosa, senza fine; la sua poesia sfiora la vita, leggera come un’ala di gabbiano, non ha la pretesa di dare risposte a grandi domande. Basta però un’immagine così
le foglie secche dei platani
che il vento trascina lungo i viali
A darci l’illusione di aver compreso tutto e di custodire nel cuore un segreto inesprimibile che rimane intatto, silente, nell’atmosfera sibillina di Novembre, il mese delle piogge simili al pianto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Novembre” di Vincenzo Cardarelli: una poesia simile a un pianto
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