Oh! Mio povero re. Controstoria del Genio di Palermo
- Autore: Alessandro Dell’Aira e Giovanni Purpura
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Oh! Mio povero re. Controstoria del Genio di Palermo (40due edizioni, 2021) è un libro che tratta un tema intrigante e di assoluto interesse che suscita mille curiosità in cui si racconta come è venuto fuori questo “personaggio” che fa parte della storia della città di Palermo insieme al motto che lo accompagna: Alienos nutrit, seipsum devorat, ovvero “Nutre gli stranieri, divora se stesso” o secondo un’altra versione, “Divora i suoi”.
In questa Controstoria del Genio di Palermo si indaga per scoprire quale è l’esigenza per cui nasce questa originale figura emblematica. Un’autorità che occorre ricordare al riguardo è il Pretore Pietro Speciale (1405- 1497), che pose in essere un’opera di raccolta dei privilegi della città di Palermo dove si può inserire questo “padre del luogo” questo da alcuni inteso come Genius Loci.
Il Pretore Speciale fece molto per abbellire Palermo e darle le caratteristiche di una capitale e aveva l’esigenza di lanciare un tentativo falso di accreditare la fondazione di Palermo ad alcuni Dei.
Un libro ricco di contenuti che merita un’attenta lettura con una ricchezza documentaria, bibliografica, iconografica e di sopralluoghi che sono stati necessari per chiarire molti aspetti della vicenda. Nel libro, all’inizio, si afferma come questa “controstoria” è frutto di attente ricerche e verifiche ed è costata fatica e lavoro.
Gli autori affermano che il Genio all’inizio era un vecchio chiamato Panormus, rinvenibile in parecchi luoghi della città (giardini, Palazzi nobiliari, chiese, spazi pubblici, etc.). Certamente rappresenta un simbolo laico, divenuto sempre più importante sino ad assurgere a una dignità tale da porsi al cospetto di Santa Rosalia, la “Santuzza”, Patrona religiosa della città.
Nel corso del tempo, il Genio ha acquisito uno spazio considerevole all’interno della storia culturale della città, come emerge nel libro in tutta evidenza, ma negli ultimi decenni invero il Genio ha perso l’antica attrattiva, nonostante qualche tentativo, ma di scarso successo, di fare rinverdirne la fama. Peraltro poi gli stessi residenti non sembrano più particolarmente entusiasti e interessati a coltivarne la memoria.
Gli autori, appassionati di storia cittadina, con questo egregio lavoro sono riusciti nell’intento di mostrare nel corso del tempo i passaggi salienti delle mutazioni intervenute tra questa figura carismatica, arrivata non si sa da dove e quando, e gli amministratori della città, il potere regio e viceregio e gli eruditi come pure gli esponenti della cultura, i religiosi, gli artisti, in generale il popolo palermitano.
Nel volume si sviluppano almeno due percorsi in parallelo. Il primo riguardante alcune rappresentazioni tratte da un vasto repertorio di “Geni” sparsi nella città, in dipinti, sculture, monete, incisioni in genere. Il secondo percorso invece è relativo agli epigrammi che lo hanno accompagnato e sul significato dei quali non si è addivenuti ad una soluzione definitiva o condivisa.
Il suo esordio si ebbe nel 1483, forse su sollecitazione dei mercanti amalfitani, catalani e genovesi, molto presenti nel territorio cittadino in quel periodo, venne realizzata una statua nella Piazza del Garraffo. Era opera dello scultore Pietro De Bonitate, (Lombardia, XV secolo, Sicilia, XVI secolo), attivo in Sicilia tra il 1466 e il 1501, allievo e collaboratore del gran lombardo di Sicilia, Domenico Cagini. Contemporaneamente un’altra statua di dimensione ridotte, denominata per questo Palermu u nicu, con lo stesso soggetto, veniva realizzata da un altro scultore lombardo, Antonio da Como, su committenza diretta del Pretore Speciale e collocata all’interno del Palazzo senatorio che probabilmente faceva parte di una fontana che doveva essere collocata nello stesso luogo.
Il Genio veniva rappresentato in ambedue le raffigurazioni come un vecchio dal volto barbuto con lunghi capelli, un corpo muscoloso, la testa coronata come un re. In entrambe le statue, il vecchio tiene tra le mani un grosso serpente con il muso rivolto verso il petto come se volesse morderlo, Homo con lo Scursuni in cintu.
I due autori si sono adoperati al massimo nel cercare un significato per arrivare alla conclusione di una indimostrabilità della derivazione dei due Panormus da antichi culti di cui si era persa traccia. Proprio la loro repentina comparsa sta a significare come si trattò di un’operazione pianificata e non di un caso: l’esaltazione di una città, di un territorio e dei suoi uomini di governo, ispirata a un passato di certo glorioso, ma altrettanto curioso.
Il vecchio Panormus assume una visibilità anche sul piano formale, amministrativo, giuridico. Infatti con Privilegio reale a firma di Ferdinando II, il cattolico, si autorizzavano i Giurati della città, a farsi un proprio sigillo con rappresentato un Genio diverso da quello del Pretore. Questo perché questi talvolta firmava e inviava lettere, spacciandole come autorizzate anche dai Giurati.
Il libro contiene molte curiosità ed è un invito continuo ad approfondire. Sono innumerevoli le rappresentazioni e le variazioni del Genio e gli autori hanno compiuto un’operazione straordinaria e minuziosa di ricerca e di analisi.
Tra le tante rappresentazioni menzionate nel prezioso volume, si ricorda quella di Villa Giulia, quando nel 1778 Ignazio Marabitti lo ritrae in quei luoghi. Qui nella mano destra è riportata una verga esoterica, simbolo regale e in specie massonico (la Massoneria imperava a Palermo a fine settecento) scolpito nella stessa identica posa del Genio di un quadro di Van Dyck.
Vi è anche un’ipotesi da parte degli autori che il famoso motto sia stato importato da Padova in Palermo dal famoso protomedico Ingrassia, per essere poi collocato alla base del Genio. Rimane pertanto un grosso fardello di ambiguità e di interrogativi senza risposta ma a parere degli autori non bisogna confondere il Genio di Palermo con il Genius Loci, inteso come entità che esprime identità e condivisione del territorio. Anzi risulta essere invece una figura la cui identità e significatezza è stata piegata a volte al potere regio e/o a quello religioso.
Il titolo del valido e ricco volume Il povero re richiama a opere d’arte famose, una è quella di Renato Guttuso del 1974 che porta proprio lo stesso nome, in cui però si vede un genio dagli occhi quasi chiusi, molto malandato e un serpente di diverso aspetto rispetto alle altre iconografie.
Un libro scritto con cura e attenzione. Notevole per la quantità e qualità delle immagini al suo interno, si apprezzano quelle dei drappeggi sulla cattedrale di una città che non fu sempre capitale, Prima Sedes, Corona Regi et Regni Caput, ma che ne ebbe e ne conservò sempre l’aspetto e il decoro, ancorato ad antiche glorie sempre presenti.
E la storia del Genio bene illustra quella della città di Palermo, nei suoi molteplici aspetti e rappresentazioni con i suoi diversi simbolismi e la stratificazione successiva dei significati con un "Genio" che muta identità e aspetto in ragione delle esigenze cui dovette nel tempo rispondere.
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