Oltre Caporetto
- Autore: Mario Isnenghi, Paolo Pozzato
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2018
Mario Isnenghi e Paolo Pozzato, due dei più grandi ricercatori della Grande Guerra, insieme per un’antologia di scritti italo-austriaca sul conflitto 1915-18: “Oltre Caporetto. La memoria in cammino. Voci dai due fronti”, un volume pubblicato da Marsilio a maggio 2018, nella collana Gli specchi (490 pagine 19.50 euro).
Si tratta in effetti di una riedizione: la rivisitazione operata da Isnenghi di un suo saggio uscito mezzo secolo fa, in occasione del cinquantenario della battaglia perduta che minacciò la nostra sorte nella prima guerra mondiale. Il libro era “I vinti di Caporetto nella letteratura di guerra” (Marsilio 1967).
Lo storico accademico (Isnenghi) interroga oggi lo storico militare (Pozzato) su cosa sia stato Caporetto o, meglio, su cosa non sia stato.
Certamente non è stato, infatti, lo sciopero militare di un esercito stanco, disposto a fare una rivoluzione, sull’esempio di quello russo, come aveva sostenuto la vulgata storica montante nel 1968, ispirata da una visione filtrata dalle lenti rosse di una generazione di intellettuali comunisti.
Ad una sovversione militare aveva fatto pensare per primo, del resto, il generalissimo Cadorna, con le incontrovertibili accuse contenute nella prima sciagurata stesura del comunicato del Comando Supremo del 28 ottobre 1917:
la mancata resistenza di reparti della II Armata vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico…
Non fu “sciopero”. Le testimonianze approfondite da Paolo Pozzato, bassanese laureato in filosofia che si occupa da trent’anni di studi di storia militare e memorialistica del primo conflitto mondiale, hanno convinto Mario Isnenghi, storico generalista, grande firma dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
I soldati che hanno gettato le armi davanti all’avanzata austro-tedesca o che un fucile non lo avevano neppure, erano in grandissima parte truppe non combattenti, gente delle retrovie, personale addetto ai servizi. “Finio ‘a guerra!” fu magari un pensiero diffuso, però a gridarlo rimasero in pochi, anche se il colpo sul morale di tutti era stato devastante.
Che i soldati non avessero per niente la volontà di fare come in Russia era una conclusione alla quale lo storico classico è arrivato con le sue fonti, confermate dai contributi della storiografia militare.
Non di rivoluzione si è trattato, sostiene Isnenghi, ma di rivolta e, per giunta “rivolta abortita”. Cinquant’anni dopo la prima edizione, non è più lo studioso trentenne che sta dalla parte dei ribelli, che cerca l’insurrezione nella diserzione e viceversa. Se in questi cinque decenni non ne ha trovato le tracce è per la semplice ragione che non si è mai realizzata. Ed oggi, da docente emerito, pur senza salire in cattedra come sarebbe autorizzato a fare, prende le distanze dal vezzo corrente di difendere i vili, i deboli, chi non ha retto davanti alla grande prova che invece la stragrande maggioranza dei combattenti di allora ha affrontato e superato, patendo le stesse sofferenze e privazioni. Ci sono stati disertori, renitenti, vigliacchi, ma i più hanno retto, ce l’hanno fatta, con le stesse divise poco pratiche, lo stesso equipaggiamento insufficiente, lo stesso trattamento insensibile dei superiori. Non sono scappati, non si sono auto mutilati, non hanno ceduto. Hanno sofferto, tenuto e, alla fine, vinto.
Vittorio Veneto è un fatto. La guerra termina con la vittoria dell’Italia, tanto malridotta appena un anno prima. L’orgogliosa Austria deve sgomberare in fretta il territorio conquistato nell’autunno precedente e rinchiudersi nello spazio angusto di uno staterello rancoroso e nostalgico.
Però, resta un fatto anche Caporetto. Il successo del novembre 1918 riscatta sul piano militare la sconfitta del 1917, ma non su quello morale. Non recupera il crollo, il disfacimento, i troppi morti, feriti, prigionieri, provocati dalla condotta bellica di generali che non tenevano conto delle perdite e trattavano gli uomini come carne da macello.
L’antologia propone le voci dei vinti, brani di nostri autori, quindici, da Salsa a Sironi, Jahier, Soffici ed offre anche la prospettiva dei vincitori, sette, austriaci, tedeschi, ungheresi.
Nei testi dei nostri l’incertezza per il domani, lo sgomento, ma anche la voglia di rifarsi, di redimersi, di ritrovare l’onore perduto.
Da parte avversa, scorci di avanzate, esempi di resistenze coraggiose degli italiani, segni di una ritirata rovinosa. In particolare gli austriaci, ridotti a vestire stracci e mangiare crusca per le ristrettezze in patria, manifestano l’entusiasmo d’essere entrati nel Paese della Cuccagna, alla vista della disponibilità di materiali e soprattutto del cibo che trovano nei territori conquistati.
Nel caso dei nostri sarà stata la batosta, per i “tognini” sarà sta la fame a provocare quello che Isnenghi considera un tratto comune nei testi
uno scatenamento dell’immaginario, il virtuale che si sovrappone al materiale.
Da allora e per sempre: Caporetto, la madre di tutte le sconfitte nazionali.
Oltre Caporetto. La memoria in cammino. Voci dai due fronti
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