Operazione Avalanche. Gli Alleati sbarcano nel golfo di Salerno
- Autore: Giovanni De Simone
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Sbarcando nel golfo di Salerno, il 9 settembre 1943, gli Alleati lanciarono l’Operazione Avalanche. Valanga sì, ma di errori. La precipitazione nello spingersi all’interno e la sottostima delle forze corazzate tedesche rischiarono di costringere i reparti statunitensi a reimbarcarsi e quelli britannici a trincerarsi sulla difensiva. Se il 18 settembre l’operazione anfibia poté dirsi riuscita, si dovette alle marine americana e inglese, ai loro cannoni capaci di dare sollecitamente appoggio alle truppe a terra. Tuttavia, non si è mai scritto molto in Italia sullo sbarco di Salerno, lamenta Giovanni De Simone, autore di un saggio storico breve ma esauriente, Operazione Avalanche. Gli alleati sbarcano nel golfo di Salerno, pubblicato dalle Edizioni Mattioli 1885 alla fine del 2021 (86, pagine), con il solito eccellente e ampio corredo fotografico in bianconero, caratteristico della collana Archivio Storia della casa editrice fidentina.
È l’opera prima a diffusione nazionale di un avvocato napoletano under 60, appassionato da sempre di vicende storiche nell’Italia centro meridionale, soprattutto del Novecento, temi sui quali collabora con diverse associazioni. Il lavoro, rende noto, è di fatto la somma di ricerche e studi condotti per le tre manifestazioni storico-rievocative “4 Passi su Avalanche”, realizzate nel Salernitano negli anni 2016, 2017 e 2018, a celebrare il 75° anniversario dei fatti bellici nei dieci drammatici giorni del settembre 1943.
Precisiamo innanzitutto, con l’avv. De Simone, ch’è sbagliato parlare di sbarco di Salerno, si dovrebbe chiamare sbarco nel golfo di Salerno, visto che non coinvolse la città e interessò un territorio di circa 40 km da Nord a Sud, nei comuni di Pontecagnano, Battipaglia, Capaccio e Paestum. Si trovavano al limite massimo di autonomia degli aerei monomotore alleati degli aeroporti siciliani e al tempo stesso nel punto più vicino al porto di Napoli, indispensabile per alimentare la campagna d’Italia.
La testa di ponte venne divisa in due settori, separati dal fiume Sele: in quello settentrionale (Battipaglia, Persano) sbarcarono gli inglesi, nell’altro (Paestum, Albanella) agirono gli americani. Le perdite degli Alleati furono quasi tre volte maggiori: 4mila uomini per i Tedeschi, ben 6mila invece per i Britannici, che pure agivano sulla difensiva e 5mila per gli Statunitensi, che il 13 settembre vissero una giornata difficilissima, pressati dal contrattacco della Wehrmacht. Se la 16a Panzer Division fosse riuscita ad attraversare il fiume Calore non avrebbe trovato opposizione fino alle retrovie indifendibili della V Armata USA sulle spiagge.
Si diceva che in Italia ci si è soffermati molto poco su quei combattimenti, al contrario della saggistica tedesca e soprattutto angloamericana. In modo condivisibile, l’autore attribuisce a tre fattori questa lacuna. La causa che può considerasi principale è la coincidenza dell’operazione Avalanche con l’armistizio di settembre, annunciato da Badoglio appena la sera prima. Una concomitanza ovviamente calcolata dai Comandi alleati, per togliere dal campo avverso i militari italiani e tentare di disorientare i Tedeschi. Gli eventi nel golfo e l’arrivo contemporaneo dei parà inglesi a Taranto sono finiti così sotto il cono d’ombra di episodi epocali come la breve difesa di Roma, la fuga del re e del governo a Brindisi, la dissoluzione delle nostre forze armate prive di ordini e i primi atti resistenziali.
La ricostruzione storiografica, la diaristica e la narrazione collettiva sono state attratte dall’ “inferno” di Cassino e rivolte soprattutto sulle stragi nazifasciste, la Repubblica di Salò, la Resistenza e l’epopea partigiana. Infine, c’è da dire che può avere giocato come terza causa lo scarso peso che nel nostro Paese si attribuisce in genere alle cose militari, in conseguenza per certi versi del diametralmente opposto eccesso di propaganda bellicistica imposto all’opinione pubblica nazionale durante il ventennio fascista.
Molto opportuna quindi l’attenzione all’Operazione Valanga, riuscita per il rotto della cuffia, tanto che le truppe alleate impiegarono diversi giorni per entrare a Salerno, distante pochi chilometri e addirittura ventidue, dal 18 settembre al 1 ottobre, per avanzare di 60 km e raggiungere Napoli, dove i Germanici avevano dovuto anticipare il ripiegamento, per la coraggiosa insurrezione popolare nelle quattro giornate.
Grazie a De Simone abbiamo potuto apprendere di Lucia Apicella, la contadina di Cava dei Tirreni che dal 1944 e per molti anni successivi ha cercato, composto, tentato di identificare e sepolto le salme dei caduti nelle zone di combattimento. Quando poteva, contattava i familiari degli scomparsi e divenne nota in Germania come Mutter der toten (la mamma dei morti). Nel 1951, la Germania le concesse la Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca, il più alto riconoscimento civile. Sembra che abbia deciso di intraprendere la sua pietosa missione dopo aver visto un gruppo di ragazzini giocare a palla con un teschio umano nelle campagne tra Cava e Salerno. Si stima che abbia recuperato circa mille salme, tra cui oltre 700 soldati tedeschi, che riposano nel cimitero militare cassinese di Caira o in Germania.
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