Passi a perdere
- Autore: Christian Bartolomeo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
Il bullismo, tema attuale e doloroso, è raccontato nell’ultimo romanzo di Christian Bartolomeo, ingegnere ambientale con la passione per la scrittura e il teatro.
Nato ad Agrigento, vive a Gioia Tauro; ha messo in scena spettacoli teatrali e ha pubblicato diversi romanzi, molti dei quali sono stati premiati.
L’essere vittima e carnefice, malesseri emotivi profondi, disagi di qualsiasi natura vengono oggi attenzionati, mentre una volta atteggiamenti o atti di bullismo erano considerati tra omertà e complicità, esperienze di crescita.
L’autore, attraverso la sua narrazione, scrive Francesco Pira nella prefazione al libro:
Punta a scuotere le coscienze e ad accarezzare i cuori dei suoi lettori affrontando uno dei problemi più gravi del nostro tempo.
Frutto di prepotenza e arroganza nella nostra società, il bullismo è divenuto una significativa piaga sociale, un fenomeno fisico e psicologico tanto diffuso quanto complicato, che a volte riesce a fondere il ruolo di chi è vittima con il carnefice. Cicatrici indelebili di abusi, di violenze, nell’ambiente sociale, scolastico e familiare, dove i nostri figli dovrebbero sentirsi di più al sicuro; soprusi per cui la sofferenza emotiva segna la vita di chi è vittima a tal punto che gli adolescenti più fragili, come la cronaca ha narrato in tutti questi anni, possono avere gesti di autolesionismo.
In Passi a perdere (Navarra Editore, 2023) il protagonista Totò, oggi adulto e padre, si racconta e narra di quando da piccolo era un bullo, definendosi“uno spregevole vigliacco”.
Totò rivede in paese per le vacanze estive uno dei suoi compagni di giochi, Aristotele, padre come lui, agente del ROS che da molti anni vive nel veronese con la sua famiglia. Un incontro difficile, dettato dai ricordi allontanati nel tempo, durante il quale sembrava dominare l’indifferenza nei gesti e nelle parole.
È passato troppo tempo, dirà Aristotele, eravamo solo dei “mocciosi”.
Ti sbagli, anche i mocciosi hanno le loro colpe.
Nell’estate del 1982 il nostro protagonista, undicenne, giocava per strada con i suoi amici d’infanzia e compagni di classe, Aristotele e Roberto. Era cresciuto con la nonna che apparteneva alla generazione che aveva conosciuto la fame, quella vera; la madre era fuori casa tutto il giorno a fare le pulizie e il padre, schiavo del vizio del gioco, in macelleria.
Roberto era quello che godeva di più privilegi, poteva permettersi scarpe da ginnastica all’ultimo grido. Aristotele indossava le magliette usurate appartenute al fratello più grande, sotto le quali nascondeva le ferite delle cinghiate che il padre gli lasciava, “un disgraziato pastore figlio di pastori”.
A scuola spesso si addormentava appoggiando la testa sul banco, non aveva mai aperto un libro, coerente con “la sua vocazione di somaro”. Vedeva la sua vita come un continuo campo di guerra, l’essere sfortunato lo rendeva nervoso con tutti, anche con i più piccoli della scuola. Uno di loro, Domenico, si aggregò nei giochi di strada, a dare calci al pallone: veloce, bravo come Maradona, segnava i gol. Li attendeva per strada ed era sempre dietro loro, come un cane addestrato.
Nessuno immaginava cosa sarebbe successo! In sella a vecchie biciclette gironzolavano in campagna, dove una costruzione abbandonata divenne con la fantasia la casa di una maga; ogni giorno ad immaginare storie, fino a spingerli a forzare la porta per entrare all’interno.
Buio pesto, mobili accatastati e il pericolo che qualche muro potesse cedere. Divenne teatro di un orribile gioco per il piccolo Domenico, che tremando indifeso ripeteva ad alta voce, di non aver paura. Non disse mai nulla neanche ai genitori dell’accaduto e cosa era successo realmente, per tutti fu solo un incidente.
La sua infanzia finì quel giorno, i suoi giochi e il suo essere bambino.
L’aver rivisto Aristotele, a distanza di tanti anni, nei giorni di calura e spensieratezza aveva destato in Totò un senso di colpa insopportabile.
Ho sempre voluto scrollarmi la cenere che ancora mi sento addosso quando penso a Domenico, recuperare tutto il male che ho generato, o coprirlo almeno in parte; sempre costretto ad andare avanti, solleticato dai rimorsi che pare non vogliano mai lasciarmi in pace.
Il suo unico figlio, studente nella stessa scuola media dove insegnava matematica, era per lui il suo termometro, “se è felice, io sono felice”.
Lo aveva tenuto lontano da amicizie pericolose, immaginava il suo futuro via da quel vecchio paese, magari un giorno medico.
Ho sempre vissuto col terrore che mio figlio potesse incontrare un tipo come suo padre, da piccolo.
Ma il destino sarà perennemente pronto a ricordagli un nome e un volto, e a restituirgli ciò che aveva seminato. Ci si può sottrarre alla verità? Passi a perdere è un romanzo intenso e istruttivo, una storia dal finale sorprendente che ci trascina con forza in essa, una lettura che lascia il segno.
Passi a perdere
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