Pastore “niente” buono. Don Aldo Mei
- Autore: Simonetta Simonetti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
L’abito talare non li sottrasse alle rappresaglie naziste: torture e pallottole dei plotoni d’esecuzione non hanno risparmiato i sacerdoti durante la seconda guerra mondiale. A loro è dedicato il libro di Simonetta Simonetti Pastore «niente» buono. Don Aldo Mei. Ruota 3 marzo 1912 - Lucca 4 agosto 1944, pubblicato dalla lucchese Tralerighe Libri nell’estate 2021 (154 pagine), a settantasette anni dal sacrificio del parroco di Fiano di Pescaglia e basata su documenti forniti dall’Associazione toscana Volontari della Libertà.
È morto pregando per gli stessi aguzzini che lo uccidevano. Era un prete, aveva trentatré anni quando è stato fucilato dai tedeschi, perché accusato di collaborare con i partigiani. Anche Simonetta è lucchese, laureata in lingue e in pedagogia, appassionata di storia, ricercatrice e autrice di numerose pubblicazioni.
Nella sola Lucchesia, tanti i religiosi che non rimasero a guardare. Esercitarono il dovere della carità, a costo della vita, nei confronti degli ebrei, dei perseguitati, dei ricercati, dei fuggiaschi, degli oppositori al nazifascismo. Accanto a don Aldo Mei, don Innocenzo Lazzeri di Pietrasanta, "Giusto tra le Nazioni" nello Yad Vashem ebraico; don Angelo Unti e don Giorgio Bigongiari, parroco e vice parroco di Lunata (Capannori); mons. Roberto Tofanelli, don Arturo Paoli, don Guido Staderini, don Renzo Tambellini, don Sirio Niccolai, don Silvio Giurlani, don Fortunato Orsetti; i certosini della Farneta e molti altri della provincia.
Nei paesi furono i parroci a mantenere una forma di ordine e di quotidianità, continuando a svolgere il ministero sacerdotale e ponendosi come punto di riferimento, di conforto, di supporto per tutti. Anche martiri disposti al sacrificio, nell’Italia spaccata in due: Alleati e monarchia sotto la linea di Cassino poi sotto la Gotica emiliano-toscana, nazisti e repubblica fascista nel Nord, dal Piemonte a Trieste.
Ci fu chi decise di “non tradire la propria missione”, osserva l’editore di Tralerighe Andrea Giannasi. Chi non si nascose, in un momento in cui tanti italiani si rivelavano attendisti, opportunisti, voltagabbana, qualunquisti, “fanatici, idealisti e ideologizzati”.
Quei sacerdoti non erano antifascisti, non erano partigiani, non erano combattenti, non si possono arruolare a posteriori in fazioni o partiti, secondo Giannasi. La loro risposta al male è stata strettamente teologica e coerente con l’apostolato di fede. A suo avviso, la chiave per comprendere la partecipazione del clero alla Resistenza è nel “rispondere alla violenza con l’amore, la comprensione, il perdono”.
Quando venne arrestato dai tedeschi, il 2 agosto, don Aldo Mei era in chiesa. Ottenne di finire la Messa, prima di seguire chi lo circondava, con atteggiamenti che manifestavano un estremo disprezzo nei suoi confronti. “Pastore niente buono” aveva detto a suor Margherita, respingendola, il piantone della Pia Casa di Lucca, dove Mei era stato condotto con altri trenta rastrellati. Dopo il cambio della guardia con due cattolici, la religiosa vincenziana riuscì a incontrarlo.
Le ricerche nel dopoguerra hanno accertato che sul parroco di Fiano pesavano i sospetti dei repubblichini, dopo le “soffiate” giunte alle autorità di Pescaglia e le dichiarazioni rese da un confratello timoroso. Si aggiungevano alle “voci di donne”, ai rapporti di infiltrati tra i partigiani. I tedeschi, eccitati da diversi attentati nella Freddana, avevano messo gli occhi su di lui, sospettandolo di collaborare con i “banditi” in montagna. Nelle carte 1944 del fondo arcivescovile si leggono imputazioni simili, a carico di numerosi sacerdoti incarcerati, accusati d’avere prestato aiuto ai partigiani e colpiti dalla furia nazista.
Sottoposto a vessazioni, sanguinante per le percosse, non smise di pregare e sorridere, ha testimoniato suor Margherita, unica ammessa a visitarlo nella prigione. Lo ha sentito offrire la propria vita per i fratelli e per i sacerdoti, prima d’essere processato sommariamente, con l’accusa di aver dato rifugio a un giovane, di avere somministrato i sacramenti ai partigiani e nascosto la radio ricevente regalatagli da una persona pochi mesi prima. Va precisato che il partigiano Cuttini ha testimoniato di avergli consegnato l’apparecchio clandestino perché provvedesse a farlo riparare.
Accolse serenamente la condanna a morte, come si legge nel testamento spirituale annotato sui pochi spazi bianchi del breviario. Verso le 22 del 4 agosto fu visto passare per strada in mezzo a tre soldati tedeschi. Aveva una vanghetta sulle spalle e nell’altra mano stringeva una corona del rosario.
Poco fuori le mura di Lucca, a Porta Elisa, don Aldo Mei venne crivellato da decine di pallottole e sepolto nella fossa ch’era stato costretto a scavare parzialmente nel prato.
Il Comando germanico concesse di disseppellire la salma la mattina dopo e affidarla alle Suore della vicina Clinica Barbantini. Ora riposa nella chiesa di San Pietro apostolo, a Fiano.
Pastore «niente» buono. Don Aldo Mei. Ruota 3 marzo 1912 – Lucca 4 agosto 1944
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