Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922 da Carlo Alberto di antica nobiltà e ufficiale di fanteria dell’esercito, originario di Ravenna (caduto in miseria dopo aver perduto nel gioco i beni di famiglia), e Susanna Colussi, maestra elementare di Casarsa della Delizia nel Friuli (in provincia di Udine, tra Pordenone e il Tagliamento, dove Carlo Alberto si trovava in servizio), discendente da una famiglia contadina trasformatasi col tempo in piccolo borghese.
Pier Paolo Pasolini: un ragazzo di vita
Link affiliato
Da piccolo manifesta la passione per il disegno e per la pittura; coltiva l’amore per la poesia e comincia a scrivere, illustrandoli, versi lirici, “in modo letterario”, quando a sette anni impara a leggere e a scrivere e che andarono smarriti durante la guerra. Dopo aver trascorso l’infanzia in diverse città del Nord per i continui spostamenti del padre (Parma, Conegliano, Belluno dove nel 1925 nasce il fratello Guidalberto), nel 1931 tenta l’ammissione al ginnasio di Sacile, ma viene respinto in italiano per un tema “imparaticcio”.
Nel 1936 abita con la famiglia a Scandiano e frequenta il liceo classico di Reggio Emilia. Nel 1937 la famiglia si stabilisce a Bologna, dove egli frequenta il liceo classico Galvani, istituto laico, in cui termina gli studi con un anno di anticipo per l’elevato profitto scolastico. Partecipa attivamente alle iniziative del GUF (Gruppi Universitari Fascisti) e sviluppa i suoi interessi letterari, leggendo Dostoevskij, Shakespeare, Rimbaud e i poeti ermetici.
A Halliday che gli chiede se da giovane avesse avvertito il peso del fascismo, Pasolini risponde:
No, perché ero nato nell’èra fascista, in un mondo fascista, e non mi accorgevo del fascismo, come un pesce non si accorge di trovarsi nell’acqua. Questo, quando ero bambino. Ma verso i quattordici-quindici anni smisi di leggere racconti di avventura e di recitare le mie avemarie; diventai agnostico e incominciai a coltivare le mie ambizioni letterarie.
Si iscrive poi alla facoltà di Lettere, all’età di diciassette anni, dove avviene l’incontro con il docente e critico Roberto Longhi:
Per un ragazzo avere a che fare con uomo simile era la scoperta della cultura come qualcosa di diverso dalla cultura scolastica. […] Per un ragazzo oppresso, umiliato dalla cultura scolastica, dal conformismo della società fascista, quella era la rivoluzione.
Ha scritto Naldini che così venne spazzata via la cultura accademica e provinciale unitamente al conformismo fascista. Nel 1942 la famiglia, senza il padre che era partito per combattere in Africa Orientale contro l’esercito inglese, si trasferisce nel comune originario della madre allo scopo di sfuggire ai bombardamenti aerei. Lo stesso anno a San Giovanni di Versuta lui e la madre – collaborati da alcuni amici – improvvisano una scuola privata gratuita per garantire un’istruzione ai bambini e ai ragazzi che non possono più frequentare le lezioni a causa della guerra. Fonda anche un teatrino popolare e con alcuni amici l’Accademia di Lengua Furlana allo scopo di sostenere l’autonomia linguistica del friulano e riconoscere il valore letterario alla poesia dialettale. La rivista Stroligut di cà da l’aga si chiamerà poi Stroligut.
Nel primo settembre del 1943 Pasolini è costretto ad arruolarsi e chiamato alle armi a Pisa. Da disertore, raggiungerà poi Casarsa. La tragedia familiare si compie nel 1945: a Porzûs, in Friuli, il fratello minore Guido, partigiano della divisione Osoppo-Friuli col nome di Ermes, viene ucciso nel tragico evento ad opera dei combattenti garibaldini alleati con i partigiani di Tito. Pasolini ne rimane profondamente scosso e lo ricorderà più volte nei suoi versi e in altri scritti. Nel 1945 si laurea a pieni voti all’Università di Bologna con una tesi su Giovanni Pascoli, scelto perché sentito molto vicino alla realtà dei contadini friulani.
Pasolini e l’iscrizione al Partito comunista
Nel 1947 ottiene una cattedra alla scuola media di Valvasone e nello stesso anno si iscrive al Partito Comunista. Divenuto segretario della sezione di San Giovanni, lotta nel 1948 insieme ai contadini e ai braccianti che portavano sciarpe rosse al collo. In quegli stessi anni – 1948-49 - di Gramsci legge le Lettere e i Quaderni del carcere e ammette di aver trovato una comunione di idee specificamente riguardo alla questione meridionale; invece la lettura di Marx gli era risultata difficoltosa. Coinvolto in uno scandalo – si era appartato con due ragazzi durante una sagra a Ramuscello, frazione di Cordovado e denunciato per corruzione di minori, nonché per atti osceni in luoghi pubblici, viene licenziato dalla scuola media di Valvasone e in modo plateale con l’annuncio su L’Unità espulso, nel 1949, dai dirigenti del Partito Comunista di Udine per “indegnità morale”.
L’assoluzione per insufficienza di prove non giovò alla sua riabilitazione anche se il provvedimento espulsivo non scalfirà minimamente il suo marxismo estremamente critico nei confronti dei comunisti, i cui dirigenti, tranne qualche eccezione, tacceranno la sua opera di populismo e di qualunquismo.
Dopo un difficile periodo, avviene nel 1950 il suo trasferimento a Roma, insieme alla madre, sentito come fuga dal Friuli al punto da provocargli un vero e proprio trauma sentimentale. Per vivere impartisce lezioni private e corregge bozze; lei fa la governante presso una famiglia.
L’anno successivo ottiene un incarico in una scuola media di Ciampino. Frequenta intellettuali e poeti come Attilio Bertolucci, Sandro Penna, Giorgio Caproni e intanto si dedica alla stesura del romanzo Ragazzi di vita, ben presto censurato. Accusato di oscenità, subisce un processo da cui sarà assolto con formula piena perché il fatto non costituisce reato. Trentatré i processi nel corso della sua vita e da essi emerge un ritratto cupo: “l’Italietta piccolo borghese, fascista, democristiana, provinciale”, di cui Pasolini è rimasto vittima.
Del 1955 la rivista letteraria Officina da lui fondata insieme a Francesco Leonetti e Roberto Roversi.
Recensione del libro
Ragazzi di vita
di Pier Paolo Pasolini
“Il PCI ai giovani!!”: l’urlo in poesia di Pasolini
D’ora in poi la sua poliedrica attività troverà piena affermazione. All’indomani dei fatti di Valle Giulia, risalenti al febbraio-marzo del 1968, Pasolini pubblica una lettera in forma di poesia Il PCI ai giovani!! in cui si pone in contrasto, a favore dei poliziotti, con gli studenti figli della borghesia: una indignazione la sua, un atto provocatorio che suscitò reazioni contrastanti.
È triste. La polemica contro
il PCI andava fatta nella prima metà
del decennio passato. Siete in ritardo, figli.
E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati
[...]
Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi
quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo. Io no, amici.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano
[...]
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
e lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care...
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.
Pier Paolo Pasolini, che non aveva ancora compiuto cinquantatré anni, viene brutalmente assassinato presso l’idroscalo di Ostia nella notte fra il primo e il 2 novembre 1975. I suoi resti saranno trasportati in Friuli per essere seppelliti nella terra dove si trovavano già il padre e il fratello del poeta, Guido, assassinato giovanissimo nel 1945, da partigiani come lui, resi spietati e ciechi dal furore ideologico.
Toccante l’orazione funebre di Davide Maria Turoldo che lesse ai funerali, a Casarsa nella chiesa di Santa Croce, il 6 novembre 1975, rivolgendosi alla madre di Pier Paolo:
Eri tu la vera sua patria, il luogo della sua pace, il solo asilo sicuro. Lui così timido, fino al punto di aver paura di ogni cosa, per cui era diventato tanto spavaldo. Tu che riassestavi per lui e per noi tutta quella nostra terra, e la gente umile di cui si sentiva amico e fratello, e il suo paese è la nostra storia di popolo passato attraverso la lunga tribolazione.
Tu, che eri per lui la sua vera chiesa, il segno di una fede magari bestemmiata ma mai tradita nel profondo della sua passione. Tu, che sei stata la sua madre addolorata sotto la croce, immagine di una umanità che ancora, dalle nostre parti e nei paesi più poveri del mondo, continua a piangere su qualche figlio ucciso, su qualche innocente crocifisso.
Fu in quella circostanza che i due si incontrarono per l’ultima volta: Davide Maria Turoldo, un religioso scomodo e impegnato nel rinnovamento della Chiesa, e un intellettuale scomodo, impegnato in una società omologata e ossessivamente consumistica. Ha sottolineato Moravia che, prima di tutto, abbiamo perso un poeta:
e poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo! Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe essere sacro.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Pier Paolo Pasolini, “un ragazzo di vita”: la ribellione in poesia
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Pier Paolo Pasolini Storia della letteratura
Lascia il tuo commento