Pocoinchiostro
- Autore: Pietro Trifone
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2017
Si parla di Italiano, inteso come lingua di una nazione che diviene tale in un passato abbastanza recente e di cui se ne ripercorre la storia della sua espressione linguistica. Si compie una viaggio nell’Italiano comune in “Pocoinchiostro”, nome di un brigante che, come molti, non sapevano scrivere, del tutto analfabeti come la maggior parte dei cittadini, all’indomani dell’Unificazione.
Siamo a cavallo tra il 1860 e il 1865 e Pocoinchiostro che al secolo rispondeva al nome di Angelo Michele Ciavarella, nativo di San Marco in Lamis in provincia di Foggia, era invece uno dei pochi che sapevano scrivere.
Gli altri briganti analfabeti gli si rivolgevano per scrivere lettere di ricatto, indirizzate ai malcapitati. Nell’organizzazione criminale svolgeva pertanto un ruolo di rilevo ma capitava sovente che, per il gran lavoro, alla fine restasse senza inchiostro nel calamaio e da qui il suo nomignolo.
Si tratta di un personaggio emblematico di una storia linguistica, esemplificativo della scarsa cultura dilagante in quell’epoca qui esaminata da un’ottica particolare.
L’esame dello sviluppo della lingua italiana parte dal basso, da una lingua volgare corrente, non aulica ed elegante ma efficace e funzionale a raggiungere un risultato immediato. La bellezza di una lingua, però, spesso risiede nella sua efficacia più che nella sua bellezza formale.
Vi era un italiano approssimativo, un para o simil italiano che ha svolto però una sua funzione in un tempo di “nascita di una nazione” in cui la lingua ufficiale, come diceva Pirandello, era adoperata solo dai letterati.
Tuttavia è un Paese che cresce e con il tempo consolida la sua storia come stato unitario, dove l’italiano comune acquisisce una sua identità e una propria dimensione. In questo libro si sfata il mito che solo il 2,5% degli italiani parlassero la lingua ufficiale come sostenuto da Tullio de Mauro nella sua “Storia linguistica dell’Italia unita”.
Questo dato eclatante e catastrofico va riconsiderato alla luce dell’utilizzo di un italiano diverso, non quello colto e letterario, ma una lingua umile, semplice, macchiata di dialetto, a volte imperfetta sebbene da tenere sempre in considerazione.
Era forse un mezzo italiano ma comprensibile, una lingua che permetteva alla gente comune di dialogare. Comunque tra italofoni e semi italofoni non si superava il 25%, percentuale sempre modesta e di certo poco rassicurante; i tre quarti della popolazione continuava ad esprimersi sostanzialmente in dialetto.
Il rapporto tra italiano comune e italiano letterario rimane variegato e spesso le due lingue si intersecano ed anche nel linguaggio più colto vengono adottate espressioni proprie di quello comune. Nel teatro dei grandi autori quali Goldoni e Machiavelli, è stata adoperata una lingua tratta preso dal parlato e dalla forma più elementare. Gli stessi letterati nelle loro lettere private, facevano ricorso ad un italiano più semplice che è sempre esistito ed è sempre stato utilizzato, non solo tra i briganti.
Pocoinchiostro. Storia dell'italiano comune
Amazon.it: 15,19 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Pocoinchiostro
Lascia il tuo commento