Poesie migranti
- Autore: Mario Aldo Toscano
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2020
Lo storico e sociologo Mario Aldo Toscano ha raccolto, interpretato, ridefinito una ventina di Poesie migranti, pubblicandole nella collana “Volantini militanti” della casa editrice triestina Asterios, con il sottotitolo di Antologia della sofferenza ribelle.
Si tratta di un’operazione intellettualmente lecita, culturalmente valida? Si possono riscrivere “poeticamente” (creando ex-novo ritmi, scansioni metriche, figure retoriche) testi anonimi di migranti, registrati come confessioni, sfoghi, espressioni di rabbia, protesta, nostalgia?
Direi di sì. Si è sempre fatto. Abbiamo letto spiritual dei neri schiavizzati nelle piantagioni americane, composizioni di popoli oppressi, canzoni di soldati in guerra, ballate di prigionieri, stornelli folclorici, canti religiosi popolari, derivati da una sensibilità collettiva anche se prodotti da un unico innominato autore.
Si tratta in genere di testi privi di velleità letterarie, ma dettati da una forte volontà comunicativa e dall’esigenza emotiva di far conoscere il proprio stato d’animo.
Toscano in una lunga introduzione motiva la sua scelta partendo da una enunciazione di cosa si debba intendere per poesia. Principalmente, “un agire mediante il linguaggio per creare emozioni”, “una forma di conoscenza che si avvale di espressioni evocative”.
Critici e “poeti laureati” storcerebbero il naso, forse, di fronte a questa definizione, richiamandosi a precise tradizioni e regole testuali.
Ma al curatore di questa antologia interessa soprattutto sottolineare come i testi in essa presentati siano stati raccolti: in base a un percorso di indagine sociologica e di vicinanza solidale con la sofferenza di gruppi di migranti, ripercorrendo le situazioni da loro vissute. Il distacco dal paese d’origine, le persecuzioni e le violenze patite, i lunghi viaggi per mare, i ricordi, le paure e le speranze.
“I migranti non conoscono la poesia; conoscono la tragedia”. Le loro espressioni sono state ricostruite e rese nella loro intensità, rimodulate nelle ripetizioni e negli intercalari, restituite nell’efficacia visionaria delle immagini.
Ne è risultato un prodotto letterario che vale soprattutto come testimonianza di “una condizione umana insostenibile”, di persone (“viandanti”, come li chiama Mario Aldo Toscano) che raccontano le loro storie, vicende intessute di sfruttamento, dolore e fatica, usando gli strumenti espressivi che hanno a disposizione.
La paura è probabilmente il sentimento più acuto che provano, insieme alla volontà di trasmettere e far conoscere il dramma vissuto, sperando di venire capiti e amati.
Queste venti Poesie migranti sono state raccolte in diversi luoghi e momenti, attraverso varie modalità. Parlano del deserto e del mare, del bisogno di un contatto fisico sicuro e non minaccioso con l’acqua e con la terra; parlano di fame e sete, di gambe indolenzite e piedi ulcerati, di madri spose e figli abbandonati, di notti fredde e interminabili, di città estranee e indifferenti, di felicità improvvise per una doccia calda o un giro in bicicletta:
“Il motore andava e non si vedeva che mare / mare e onde e facce di tutti noi / vicini e lontani come le nostre terre / di cui ricordiamo solo la polvere”, “Secchi fuori, secchi dentro / come gli alberi della savana / siamo noi nella notte”, “Camminiamo ma non sappiamo dove andare. / Le automobili corrono sulla strada a fianco a noi / e nessuno si ferma per parlare con noi”, “Sono qui / e prego cinque volte al giorno. / Qui nessuno prega”, “Ho perduto tutto. / Ho solo il mio nome, / solo il mio nome Wanjala Ugabungke”.
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