Ieri sera presso il Circolo dei lettori del Salone del Libro di Torino è stato proclamato il vincitore del Premio Strega Europeo 2023. Si trattava, in realtà, di una vittoria annunciata. Trionfa Emmanuel Carrère con V.13. Cronaca giudiziaria (Adelphi, 2023), il libro-reportage dedicato al processo per gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015.
Gli altri cinque finalisti in gara erano lo scrittore ucraino Andrei Kurkov con il romanzo L’orecchio di Kiev (Marsilio), Esther Kinsky con Rombo (Iperborea), Johanne Lykke Holm con Strega (NN Editore) e l’autore turco Burhan Sönmez con Pietra e ombra (nottetempo).
Durante la cerimonia di premiazione Carrère si è premurato di ringraziare anche il suo traduttore, Francesco Bergamasco, e ha ricordato che “i traduttori sono importanti.”
Scopriamo di più sul libro vincitore del Premio Strega Europeo 2023.
Premio Strega Europeo: vince Emmanuel Carrère
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Definire il libro vincitore del Premio Strega Europeo 2023, V13. Cronaca giudiziaria, come il resoconto di un processo sarebbe riduttivo; è una pagina di storia, uno spaccato del nostro incerto presente, la radiografia di un’epoca. Di certo Emmanuel Carrère, mentre assisteva alle udienze tenutesi nella “scatola” - così veniva chiamata la sede del processo - era molto consapevole di avere sotto gli occhi un avvenimento senza eguali, irripetibile, di rilevanza storica.
Un’esperienza unica, di terrore, pietà, vicinanza e presenza.
Così l’autore la descrive sin dalle prime pagine, redendoci subito chiaro l’intento del libro: il processo diventa così uno strumento per scomporre le emozioni umane nei minimi termini, per scandagliare nel profondo i concetti di “bene” e “male” e dimostrare che non sono così assoluti. Inizia un viaggio travolgente, a tratti disturbante, narrato senza un accenno di lirismo eppure con una pietà sempre viva e presente. Carrère non si schiera mai esplicitamente, non si erge mai a giudice: racconta le verità delle vittime, dei sopravvissuti, ma anche quelle degli attentatori e delle loro famiglie. Emerge così un potente affresco sociologico del nostro tempo che alimenta i dubbi e fa sfumare le certezze. La realtà della “radicalizzazione” viene raccontata attraverso una lente di ingrandimento che la guarda dall’interno descrivendo le origini stesse del terrorismo, una complessa rete di motivazioni culturali, sociali, politiche.
Con questo libro Carrère ci dimostra che il Male non può essere semplicemente additato, colpevolizzato, estirpato, ma che fa parte di un orizzonte di senso vasto e complesso. Ed è questo che davvero ci terrorizza, molto più della copertina rosso sangue di V.13 che fa leva sulla nostra latente attrazione per il “true crime”.
Emmanuel Carrère guarda dentro l’orrore e non si limita alla pietà per i corpi insanguinati delle vittime ma - proprio come aveva fatto nel suo libro-capolavoro L’avversario - guarda dritto dentro nell’occhio del mirino, adottando una prospettiva disturbante, feroce, imprevista che va ben oltre la “banalità del male” narrata dalla filosofa Hannah Arendt.
Perché leggere V13, il libro vincitore del Premio Strega Europeo 2023
In V.13. Cronaca giudiziaria, come in ciascun processo, ognuno ha la sua verità. Troviamo le testimonianze di vittime traumatizzate, i resoconti strazianti di madri disperate - come Nadia che ha perso la figlia Lamia - ma anche le parole degli attentatori, le loro storie, il racconto delle loro infanzie. Carrère è un cronista imparziale, interessato alle vicende dei colpevoli quanto a quelle delle vittime.
L’interesse che muove l’autore in queste pagine non è il racconto delle singole vite individuali, ma il grande piano della Storia; ci invita così a guardare oltre la nostra limitata percezione per mostrarci un disegno più articolato.
Soltanto in una società vedova del collettivo e della Storia siamo così singolari e così limitati a noi stessi
V.13 così diventa una narrazione ibrida, stratificata, corale, che non si limita al semplice compianto delle vittime della strage. Carrère non ci dice le parole di consolazione che vorremmo sentire ma guarda più a fondo, cercando di analizzare il lungo processo storico che ha prodotto questa profonda radicalizzazione dell’Islam.
L’autore guarda negli occhi i terroristi, ma non per inchiodarli alla forca. La difesa dice che hanno agito per “cameratismo” e per indignazione politica. E Carrère ammira gli avvocati della difesa, perché riconosce che ci vuole fegato per difendere persone che l’opinione pubblica mondiale giudica dei “mostri”, persone che dopotutto hanno già la loro condanna scritta in fronte. Ad attirare l’interesse è soprattutto lui, Salah Abdeslam, il terrorista che tutti vorrebbero morto, ed invece è vivo e vegeto e con calma dice che la gente non fa nessuno sforzo per capire gli jiadhisti. In quell’istante Emmanuel Carrère comprende di star assistendo a un grande “racconto collettivo” e che l’impegno della letteratura deve essere quello di raccontare, oltre le categorie di bene e male. La sua scrittura ci conduce così a un ribaltamento di prospettiva straniante, destabilizzante. Perché definire gli attentatori “fanatici musulmani” ci faceva comodo, ma d’un tratto capiamo che il discorso è più complesso e riguarda le origini stesse del terrorismo.
“Siete voi occidentali a lanciare le bombe in Siria”, osserva senza scomporsi, dall’alto dello scranno, un imputato.
Le nostre bombe, però, uccidono senza vedere, fanno strage nel silenzio del lampo accecante di un’esplosione.
V.13 Cronaca giudiziaria si conclude con un capitolo intitolato significativamente Allahu Akbar: scopriamo che il grido di lotta con cui i kamikaze si fanno saltare in aria, in realtà è una preghiera. Carrère ci conduce nel cuore di una delle testimonianze più interessanti: quella di Nadia, di religione musulmana, che nella strage di quel venerdì 13 ha perso la figlia, appena ventenne. La notte dell’attentato Nadia stava ascoltando dei “anashīd”, i canti di guerra islamici, che sono preghiere.
Nel finale del libro Carrère decide di adottare ancora una volta il punto di vista di Nadia: è tornata nella sua città natale Il Cairo, dove appena un anno prima era stata in compagnia della figlia, ed ascolta quegli stessi canti che ora si levano nella luce soffusa del tramonto. Nadia dialoga con un poliziotto, in arabo, e - forse per quell’intimità speciale che si intesse con gli sconosciuti - gli racconta tutto l’accaduto.
Allora è il poliziotto a dire che gli “shuhada”, i veri martiri di questa strage, sono i 130 civili morti - e non gli attentatori.
Emmanuel Carrère affida la sua morale a un commovente dialogo in arabo, che sembra riaggiustare l’asse stesso del mondo riportando le parole ai loro veri significati. Lo scrittore francese si affida alle parole come simbolo di pace e di comunione tra i popoli, ricordandoci che la facoltà di capire è racchiusa proprio nella capacità di “nominare”, di dare alle cose il loro giusto nome. E l’unico modo per capire è leggere la storia dall’inizio, senza trascurare il lungo processo di radicalizzazione dell’Islam: i fatti, a ben vedere, iniziano da lì e non dalla prima bomba esplosa all’esterno dello Stade de France nella buia notte del 13 novembre 2015.
V. 13. Cronaca giudiziaria meritava la vittoria del Premio Strega Europeo 2023. Perché è un esperimento narrativo senza precedenti, Emmanuel Carrère ha attraversato l’abisso della Storia e se ne è lasciato attraversare, ci si è calato dentro per provare a raccontarlo e ne ha estratto qualcosa che intreccia la letteratura e la vita e non è una né l’altra, ma racconta lo strenuo tentativo di “comprendere quel che accade nel momento in cui accade” che è una capacità squisitamente umana.
Recensione del libro
V13. Cronaca giudiziaria
di Emmanuel Carrère
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Premio Strega Europeo 2023: trionfa Emmanuel Carrère con “V.13”
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