Prima dell’alba
- Autore: Henri Thomasson
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
Prima dell’alba (edizioni L’Ottava, casa editrice fondata da Franco Battiato, con distribuzione Longanesi nel 1988, pp. 189) è un testo mistico di ricerca interiore di Henri Thomasson (1910-1996). È lo scrittore che introdusse in Italia il pensiero di Georges Ivanovič Gurdjieff, il maestro armeno di alcuni artisti, fra i quali anche Ouspensky e Katherine Mansfield, artista e musicista egli stesso.
Thomass, collaboratore di Franco Battiato e Giuni Russo, è stato paroliere di alcune loro canzoni che spesso riprendono frasi di questo volume, destinato a chi vuole compiere il “Lavoro” (così lo chiamava Gurdjieff) di risveglio.
Risvegliarsi significa passare dal sonno abituale nel quale ci troviamo immersi, credendoci desti, allo stato di piena coscienza di noi stessi. Voler essere è lo scopo dell’ascesi. Afferma l’autore:
"È un’esperienza che bisogna vivere. Le esperienze non vissute personalmente lasciano il tempo che trovano. [...] Il mondo è reale solo quando IO SONO".
Non siamo veramente noi, poiché siamo un accumulo di impressioni, ricevute fin dalla nascita, di fronte alle quali abbiamo un’attitudine passiva, "siamo agiti" da esse. L’accumulo di impressioni costituisce la "personalità". La vera coscienza sta oltre ciò.
Si tratta del cammino esoterico di sempre; anche nel mondo greco "persona" è la maschera indossata che fa recitare una parte dall’attore sul palcoscenico, nello scenario della vita. Nello yoga viene affermato lo stesso principio, abbiamo uno spettatore silenzioso, l’Atman (principio individuato dell’Assoluto) il vero Io che osserva, conosce e non si identifica nel vissuto. Quest’ultimo include il corpo, gli istinti, le emozioni, i pensieri. Il processo di disidentificazione richiede attenzione, anche per Gurdjieff e Thomasson.
Quale sarebbe dunque la differenza tra l’ascesi millenaria tradizionale e la "quarta via" promossa da Gurdjieff? Quarta, ossia: 1) non la via del fachiro, con attenzione volta in prevalenza al soma; 2) non la via del monaco, consistente di fede e adorazione; 3) non la via dello yoga in cui si disciplina la mente. La "quarta via" si occupa di tutte le tre vie suddette, coinvolge la totalità dell’uomo tripartito.
Per il maestro armeno non si tratta di uscire dal mondo abituale, dalla palestra in cui ci muoviamo in modo meccanico. Restare qui è anzi necessario, senza fughe, ma va ascoltata l’aspirazione profonda che chiede in noi il risveglio, presente in ogni uomo. Non sempre è facile ascoltarla, anzi le “distrazioni” dall’essenziale sono la norma. Scrive Thomasson, all’inizio del “Lavoro”:
“Potrei mai essere ciò che sono se non avessi dentro un’aspirazione verso qualcosa che mi trascende?
Ma di questo bisogno quasi sempre assopito conosco soltanto la sollecitazione che esso ogni tanto mi provoca, subito inghiottita dall’azione esteriore cui mi trovo continuamente sospinto.”
Il mondo esteriore… è la “maya” illusione degli orientali, il caleidoscopio del mondo che seduce e in fine stritola, fino a farci morire. Perché ne siamo schiavi.
Altra caratteristica di questo cammino è che non va intrapreso e portato avanti da soli. Il praticante è inserito in un Gruppo guidato da un esperto, a cui vengono rivolte le domande.
Poetico un momento di autoconsapevolezza, narrato da Thomasson durante una concentrazione in sé, avvenuta nel bosco:
“È prestissimo: il sole è appena spuntato e dal sottile tessuto formato dagli aghi di pino traspaiono i suoi primi raggi. […] la natura mi avvolge con la purezza del suo silenzio. Che prezioso aiuto per sbarazzarmi dell’uomo meccanico di cui son prigioniero!”
Prima dell’alba è quindi il tempo reale antelucano, ma ancor più la metafora dello stato psichico di chi si pone in ricerca e non ha ancora raggiunto la meta, eppure assapora attimi di pienezza e autentica libertà.
Lo scrittore focalizza l’attenzione sui molteplici condizionamenti sociali e familiari ricevuti. Comprendere significa depurarsi e liberarsi da quanto offusca l’io autentico.
Gli esercizi coinvolgono sempre il corpo, attraverso i "movimenti”, quasi una danza sacra, come è giusto che sia, per essere compenetrati dall’energia vissuta nell’esperienza vibrazionale dell’Io. In sanscrito "Io sono" è "so ham", mantra realizzativo.
Nella pratica bisogna mettere in conto la sofferenza. L’anima soffre perché prigioniera delle impressioni. Si è sempre parlato di morte iniziatica, è lo strappo doloroso dall’io egoico, è togliersi la maschera per rinascere e ritrovarsi. È un processo di oscillazione tra verità e ignoranza, entrambe attraversate e conosciute, esperite. Mai si può dire di aver raggiunto definitivamente la meta. Ma si avanza sempre. Ed è bello così, sentirsi nelle corrente, nel Presente che È:
“Verità totale senza dubbio né prova…di ciò che È e poi svanisce. Io resto muto, compreso d’ignoranza eppure il segreto è qui, nel tempio che io stesso contengo.
Umile, davanti alla porta riccamente intarsiata, il pellegrino si arresta con in cuore un insolito struggimento: dissipare l’ignoranza, essere l’ignoto. E conoscerlo.
Ogni tanto, nel silenzio, si leva una voce insistente dal fondo del santuario che dice: ‹Va’, con la forza che hai›.”
Non si entra nel tempio di se stessi se non si è capaci di fare silenzio, di abbandonare impressioni e quanto ingombra la mente, anche sentimenti e tutto ciò a cui siamo attaccati. Solo allora la voce interiore parlerà, e solo allora crederemo nella nostra autentica forza.
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Un testo notevole per approfondire la via indicata da Gurdjieff, però l’edizione attuale è incompleta e con molti errori di trascrizione, mi piacerebbe recuperare l’edizione dell’Ottava ,ormai introvabile a prezzi accettabili