Con quelle povere mani sbiancate e raspose, che sapevano ogni fatica, levava dalla vecchia cassapanca d’abete, lunga e stretta che pareva una bara, piano piano, come se toccasse l’ostia consacrata, la bella biancheria, capo per capo, e le vesti e gli scialli doppii di lana.
Così Luigi Pirandello, avendo in mente l’uso contadinesco della sistemazione in una cassa del corredo nuziale preparato con orgoglio, descrive l’incipit della novella Prima notte, pubblicata la prima volta il 18 novembre 1900 sulla rivista settimanale “Il Marzocco” e poi inserita nella raccolta Novelle per un anno.
Di seguito analisi e commento del testo della novella..
“Prima notte”: analisi e commento della novella di Pirandello
È Mamm’Anto’ il primo personaggio che entra in scena, presentata:
Con una cócca del fazzoletto nero che teneva in capo, annodato sotto il mento.
In ossequio alle regole comunitarie:
“quel corredo della figliuola, messo sú, un filo oggi, un filo domani, con la pazienza d’un ragno, non si stancava di mostrarlo alle vicine”.
Sono loro il coro paesano: partecipano al lieto evento, lodando o commiserando Mamm’Anto’.
Marastella, sua figlia, in giornata sarebbe andata a nozze, ma piangeva ricordando la morte del padre, doganiere, avvenuta sette anni prima in un naufragio insieme ad altri due colleghi, di cui uno, Tito Sparti, il suo amore che le era rimasto indelebile nella memoria.
La scena dello strazio, ancor viva in tutta la gente di mare, viene evocata dal vicinato:
E ricordavano che Marastella, accorsa con la madre, tutt’e due urlanti, con le braccia elevate, tra il vento e la spruzzaglia dei cavalloni […] invece di buttarsi ginocchioni presso il cadavere del padre, era rimasta come impietrita davanti ad un altro cadavere, mormorando, con le mani incrociate sul petto: - Ah! Amore mio! amore mio! Ah come ti sei ridotto...
È il modo, intensamente visivo e appassionato con cui l’accaduto viene descritto, a suscitare reazioni di simpatia.
Per le vicine, che sanno tutto di tutti, lei piangeva anche per il padre che, se fosse stato in vita, non avrebbe mai consentito ad un matrimonio per motivi di interesse, voluto invece dalla madre per sottrarsi alle misere condizioni in cui era rimasta. Crudamente realistico il ragionamento materno:
- Mi vedi? sono vecchia ormai: più della morte che della vita. Che speri? che farai da sola domani senz’aiuto, in mezzo a una strada?
Il suo problema è di lasciarla sistemata:
A quel sant’uomo che m’aspetta di là, se mi domanda di nostra figlia, potrò dirglielo: “Sta’ in pace, poveretto; non ci pensare: tua figlia l’ho lasciata bene; guaj non ne patirà. Ne ho patiti tanti io per lei…”. Piango di gioja, non ve ne fate. Marastella, malgrado i dubbi, è consapevole della necessità della condanna fino a cedere alle giustificazioni addotte dalla madre: Brav’uomo, sì, quel don Lisi Chírico che le volevano dare per marito, - non lo negava – ma quasi vecchio, e vedovo per giunta […] - E che te n’importa – le aveva risposto la madre. - Questo anzi deve affidarti: pensa da uomo sennato. Vecchio? Non ha ancora quarant’anni. Non ti farà mancare mai nulla: ha uno stipendio fisso, un buon impiego. Cinque lire al giorno: una fortuna.
Egli, custode del cimitero, si ammogliava non per amore, ma per il bisogno di una donna che si prendesse cura di lui e badasse alle faccende domestiche.
Il racconto, costruito con l’uso frequente del dialogo, svela il dramma psicologico di Marastella rassegnata alla volere della madre. Solo col pianto manifesta la sua tristezza.
A consolarla sono le vicine, il cui punto di vista sembra coincidere con quello del narrante:
Ma si sa! E poi, tutto è abitudine; vedrai: dopo un pajo di giorni, non ti farà piú impressione. I morti, del resto, figliuola, non fanno male; dai vivi devi guardarti. E tu che sei piú piccola di noi, ci avrai tutte qua, a una a una. Questa è la casa grande, e tu sarai la padrona e la buona guardiana.
Dopo il matrimonio, svoltosi in modo funereo, Marastella segue di malavoglia lo sposo per raggiungere la nuova piccola casa vicino al cimitero (“Non se la sentiva, non se la sentiva, di andare lassù, sola con lui”); anche il paesaggio sembra dolersi della sua disperazione:
Su in alto, le nuvole, prima di fiamma, erano divenute ora fosche, come di fumo.
Al pianto, cui fa da contrappunto il canto lontano d’un contadino, si accompagna la solitudine dei due sposi che si traduce in una incomunicabilità come fossero estranei, malgrado l’atteggiamento del marito che sa leggere nell’animo di lei:
Comprendeva e compativa. Aveva coscienza che la sua persona triste, invecchiata, imbruttita, non poteva ispirare alla sposa né affetto né confidenza: si sentiva anche lui il cuore in lagrime.
La psicologia umana di Luigi Pirandello
Un esperto di psicologia è l’umanissimo Pirandello che dà alla narrazione un sorprendente e struggente epilogo: in una sorta di transfert entrambi, si liberano – così sembra - dall’oppressione recandosi presso le tombe dei loro affetti più cari; forse con il loro pianto che li sottrae all’angoscia potrebbero ritrovare un’intesa dapprima inesistente:
- Dov’è mio padre? Ditemelo! Voglio andare da mio padre. - Eccomi, perché no? è giusto; ti ci conduco, - le rispose egli cupamente. […] - Qua disse il Chirico, indicando una bassa, rustica, tomba, su cui era murata una lapide che ricordava il naufragio e le tre vittime del dovere. - C’è anche lo Sparti, - aggiunse vedendo cader Marastella in ginocchio innanzi alla tomba, singhiozzante, […] io andrò più in là; non è lontano. […] Don Lisi, chino su la fossa della prima moglie, singhiozzava: - Nunzia, Nunzia, mi senti?
Pirandello in sostanza ha raccontato il valore della comprensione e della condivisione come appare dal comportamento di don Lisi, uomo saggiamente accorto che non si spazientisce dinanzi alle lacrime di Marastella.
Ecco allora che il messaggio autentico della novella suggerisce che le resistenze possono sì superarsi e dar luogo a reciproche aperture.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Prima notte”: il dramma del matrimonio combinato nella novella di Luigi Pirandello
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