Il 14 aprile 1980 moriva a Roma Gianni Rodari, il grande maestro della Fantasia che credeva nella creatività dei bambini. Lo ricordiamo attraverso la vivace filastrocca Primavera che, pur nella semplicità dei versi in rima, racchiude un significato profondo a tema ecologista.
Gianni Rodari credeva nella creatività come strumento pedagogico e seppe trasformare la fantasia in una “grammatica” con cui ricostruire il mondo, vocabolo dopo vocabolo, tramite l’unione giocosa tra verbi e aggettivi. Come un moderno cantastorie il maestro Rodari sfatò ogni pregiudizio sull’infanzia e dimostrò che ai bambini si può parlare di tutto persino della guerra, della povertà e della sofferenza; basta trovare le parole giuste per dirlo. La poesia in rima Primavera ne è la chiara dimostrazione, poiché pur nella limpidezza elementare dei versi racchiude un monito ambientalista, oggi più attuale che mai.
Rodari ci parla di una città ignota, senza nome - che nel suo anonimato potrebbe rappresentare ogni città del mondo - in cui la primavera non riesce ad entrare perché viene respinta dal traffico, dallo smog e dalle strade “murate come prigioni”. Parlando di un mondo incapace di accogliere l’arrivo della primavera, il maestro Rodari mette in luce anche la nostra società frenetica, competitiva e asfittica in cui gli uomini sono chiusi nel proprio individualismo egoista, incapaci di aprire il cuore alla novità e all’ascolto dell’altro.
La filastrocca Primavera è tratta da Filastrocche lunghe e corte (Editori Riuniti, 1981), riedito da Einaudi nel 2010.
Scopriamone testo, analisi e commento.
La Primavera di Gianni Rodari
Conosco una città
dove la primavera
arriva e se ne va
senza trovare un albero
da rinverdire,
un ramo da far fiorire
di rosa o di lillà:
Per quelle strade murate
come prigioni
la poveretta s’aggira
con le migliori intenzioni:
appende un po’ di verde
ai fili dei tram, ai lampioni,
sparge dei fiori
davanti ai portoni
(e dopo un momentino
se li riprende il netturbino).
Altro da fare
non le rimane,
per settimane e settimane,
che dirigere il traffico
delle rondini, in alto,
dove la gente
non le vede e non le sente.
Di verde in quella città
(e dirvi il suo nome non posso)
ci sono soltanto i semafori
quando non segnano rosso.
La Primavera di Gianni Rodari: analisi e commento
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Rodari si serve dei migliori stratagemmi letterari per comporre la sua filastrocca dedicata alla “Primavera”: la metafora e la personificazione. Descrive quindi una primavera umanizzata che si aggira inquieta come una giovane approdata in una città sconosciuta, dove appare straniera: la primavera in quest’ottica è un’ospite indesiderata, non accolta.
La Primavera soffocata di Gianni Rodari si fa così emblema di una società industrializzata dove la Natura non trova più spazio né respiro. Dietro il ritmo vivace dei versi in rima di Rodari si nasconde un monito, un messaggio inquietante: nelle nostre città - la città, di fatto non è nominata, e nel suo anonimato diventa universale - l’elemento umano ha preso il sopravvento su quello naturale.
Rodari parla della Primavera come di una “poveretta”, sembra descriverla come una mendicante e mai personificazione fu più efficace: in questa veste ricorda un poco la fata travestita da mendicante presente in tante fiabe, che tuttavia qui non può compiere il suo sortilegio. La primavera non può rinverdire gli alberi e far sbocciare i fiori, poiché non le è consentito da una città grigia che la soffoca come una prigione. Solo in cielo - nel transito silenzioso delle rondini - la primavera può operare dirigendo il traffico degli uccelli come un vigile urbano. Sembra operare in un mondo altro, distante dalla realtà vera, dove è ancora possibile la speranza. Nel mondo reale la gente “non la vede e non la sente” perché è troppo concentrata su sé stessa, chiusa nel proprio individualismo.
In questo riferimento Rodari fa emergere anche l’alienazione delle nostre città , rimandando l’immagine di una società chiusa e frenetica che non sa più accogliere gli stimoli esterni. L’umanità non ha più tempo per la primavera? Non ci stupiremo più dinnanzi all’eterno rinnovamento di un fiore che sboccia e comunica così il messaggio sempiterno della vita che sempre trionfa?
Nella conclusione l’autore rilancia un messaggio ecologista: tutto ciò che di verde è rimasto nelle città è il colore del semaforo, quando non diventa rosso. Tramite il gioco metaforico dei colori Rodari fa suonare un campanello d’allarme, che appare come un monito. Lo sappiamo bene oggi che il cambiamento climatico è diventato una realtà effettiva e tangibile: la Primavera soffocata di Gianni Rodari si fa specchio riflesso di una Natura piangente e devastata, distrutta dal sopravvento del cemento, dalla sovrapproduzione, dall’uso sconsiderato delle risorse naturali per scopi commerciali.
L’erba e i fiori sono ormai stati sostituiti da semafori, muri, tram e strade asfaltate; proprio questo forte contrasto tra ambiente urbano e ambiente naturale rivendica la necessità di un cambiamento. Rodari affidava il suo potente messaggio ai bambini, che sono il futuro del mondo. Quegli stessi bambini che ora, un poco cresciuti, manifestano nelle strade per il Friday For Future e richiamano l’attenzione sulla sofferenza del nostro Pianeta.
Quella primavera derelitta e perseguitata riuscirà mai a sbocciare, oppure non le rimane che dirigere il traffico delle rondini? Quanto verde è rimasto nelle nostre città? Le parole di Gianni Rodari ci spingono, ancora una volta, a interrogarci e a riflettere sul mondo che ci circonda ricordandoci che, forse, siamo ancora in tempo per costruire una Realtà migliore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Primavera” di Gianni Rodari: una filastrocca ambientalista
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