Quando Pattumiera s’incazza
- Autore: Rossano Garibotti
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Galeotto fu Martin Eden e chi lo scrisse, Jack London, se il genovese Rossano Garibotti è passato dalla lettura alla scrittura.
“Per specchiarsi”, dice, “per ritrovarsi”, restando sempre un robusto lettore . Consuma trenta libri all’anno, polizieschi compresi, mentre come autore vanta due pubblicazioni prima di Quando Pattumiera s’incazza (Damster Edizioni, Modena, giugno 2022, collana Gialli Damster, 206 pagine).
Garibotti ha esordito con Venerdì è l’ultimo giorno dell’anno, pubblicato da De Ferreri nel 2008 e si è ripetuto nel 2009 con E intanto il dodo è già scomparso (Liberodiscrivere edizioni), due Crime stories, stesso genere del titolo per le edizioni modenesi, primo premio nel Giallo Festival 2022.
Proprio nella video-intervista di presentazione in questo concorso nazionale riservato ai romanzi e racconti gialli, organizzato dalle Edizioni del Loggione (alle quali appartiene il marchio Damster), Rossano Garibotti ha indicato come punto di forza della sua scrittura la tendenza a mescolare l’umorismo al dramma, convinto che l’uno possa rafforzare l’altro e proporre emozioni ai lettori. A suo avviso, humour e pathos riescono decisamente anche a tenere a freno la retorica, asciugando la narrazione ed espungendo qualsiasi sentimento compassionevole.
Altra colonna narrativa è senza dubbio “Pattumiera”, protagonista che il suo papà Garibotti non esita a definire borderline.
Non chiamatelo Orazio, l’investigatore genovese di complemento non sopporta il suo nome. E non immaginatelo come il classico detective privato letterario cinematografico, non interpreta certamente il physique du role, non con i suoi 130 kg di stazza, l’adipe prominente a pieghe debordanti, la pappagorgia e le sopracciglia fitte. La barba non rasata da giorni aggiunge un’aria da accattone a un insieme che non ha niente del bel tenebroso da romanzo, film o fiction. Altro che un affascinante macho con l’occhio socchiuso dal fumo della sigaretta all’angolo delle labbra.
Capelli neri, occhi grandi come le orecchie e la bocca: da come Rossano lo vede e descrive, sembrerebbe Pietro Gambadilegno dei fumetti di Topolino, ma per fermarci alla narrativa italiana la somiglianza è con il Mangiafuoco delle avventure collodiane di Pinocchio.
Lo troviamo occupato a grattarsi laidamente la pancia, mentre il filiforme, ossuto cugino e segretario Ilario lo informa dell’ennesimo “favore” preteso dal commissario Fulgenzi, detto lo Splendido.
Un caso talmente insignificante del quale il committente, i suoi uomini e l’intero Corpo di Polizia non hanno intenzione di occuparsi. Una “baggianata”, che secondo Fulgenzi dovrà essere seguita e risolta da Pattumiera. Fatto sta che l’interessato è orgogliosamente intenzionato a indagare su ben altro e consegnare il colpevole alla concorrenza, ai Carabinieri.
La Genova di Garibotti è una signora decaduta dell’Alto Tirreno, schiacciata dagli Appennini verso la costa ligure e affollata di gente. C’è folla anche nel suo giallo, in cui si dimostra particolarmente abile nel gestire diversi comprimari.
Non chiamatelo Orazio sogna amplessi hardcore con la voluttuosa vicina Cornelia De Cubitis, ma trascura la bionda moglie Eleonora, ex Miss Muretto 2006, opponendo alle legittime avance coniugali la presenza costante dei figlioli Paolo e Aristide, strumenti antisesso e partner nella ricostruzione scenica di spezzoni di film western polizieschi che lo hanno colpito. Non mancano costumi improvvisati e copioni riscritti da lui.
In casa vive anche la zia Tina, appassionata di boxe che contrabbanda al nipote bottiglie di gasatissima acqua Perrier a due euro. Commercio ben noto al commissario, gemello all’anagrafe del Pattumiera e come lui in passato ispettore della Polizia di Stato. Il Fulgenzi con tessera e distintivo rinnova l’offerta irrinunciabile di badare alla faccenduola di Brignole, i sei schermi danneggiati nella stazione.
La ragione della sudditanza di Orazio rispetto al fratello è sempre la stessa: chi lo ha salvato dalla galera, dove sarebbe finito in un amen, a causa degli “sporchi traffici” per i quali ha dovuto lasciare la divisa?
Secondo Pattumiera il gemello dimentica tre cose. Che di traffici illeciti ce n’erano anche di suoi, d’essere rimasto in Polizia solo perché il reprobo non li aveva rivelati alla magistratura e di essere diventato commissario chissà come. Mutuo scambio: uno ha coperto tutto ciò che ha potuto, l’altro ha taciuto su qualche marachella fraterna ed ora ottiene piccoli casi da detective, a pagamento.
In realtà, quando si prospetta un’indagine che gli può consentire di fare lo Splendido, il dirigente depista il fratello su fatterelli, casi da niente, per non subire la concorrenza del detective del possibile e dell’impossibile, che ha sempre il vizio di ficcanasare.
Pattumiera sarà pure “oversize”, ma sta in guardia. In una delle sempre utili passeggiate in città, ha intercettato qualcosa di nuovo nel chiacchiericcio della gente. Qualcosa di nazionale, non certo la questioncina delle tivù della stazione Brignole. Qualcosa di drammatico in città: un omicidio, sull’autostrada, in una piazzola di sosta poco prima dell’uscita Genova-est.
La traiettoria del proiettile indica che hanno sparato dall’alto, dal sentiero che collega la baita del Diamante al Righi. Vittima, William Brenosti, regista e produttore di medio livello, attivo nel campo della pubblicità.
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