Quaranta sono i giorni
- Autore: Marina Silvestri
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2020
Il tempo della pandemia è stato ed è ancora tempo di segregazione, di quarantena, nel quale è preso in ostaggio non soltanto il nostro corpo, ma ancor più la psiche, questa farfalla abituata a volare nel tempo-spazio unita al soma, a ricevere stimoli a cui rispondere, in un continuo rapporto tra dentro e fuori, mondo interiore e il suo specchio esteriore.
Il legame con il mondo genera sicurezza e determina identità, si esplica nell’altalena emozionale di piacere-dolore, con il pensiero capace di interpretazioni, costruzione di percorsi, di senso, di ipotesi futuristiche e di speranza.
Se il meccanismo salta saltiamo anche noi, dall’interno, e "in solitaria". Infatti "Bum, siamo implosi, scoppiati dentro" scrive Marina Silvestri nella sua intensa testimonianza composta di fragmenta nel libro intitolato Quaranta sono i giorni ( Hammerle editori, 2020, pp. 47) con prefazione di Fulvio Senardi. Sono 40 terzine a versi lunghi, quasi tutti endecasillabi, nate per superare il sentimento di estraniamento prodotto dalla pandemia. Si ritrova una dose di virile coraggio nello sguardo limpido della scrittrice: sa fissare il caos, l’ansietà, il vuoto, la sospensione di ogni amata abitudine e certezza:
"Silenzio caotico nelle strade" e "L’ansia globale è virale".
In un tempo immutato "senza scelta" — la paralisi della volontà si rivela essere il vero dramma — soltanto il gatto conserva la sua divina tranquillità. I ricordi fanno ressa nella mente, il pensiero draga "L’intervallo delle possibilità perdute" e ci si sente in balìa delle macchine:
"Proni a Sua Maestà l’algoritmo / L’esperienza è una bizzarria per pochi / I numeri ci dettano il passo".
Senza libertà interiore, possiamo chiamarci uomini? Marina Silvestri sa con acuta e tormentosa sensibilità che la quarantena causata dal virus non toglie soltanto la libertà motoria, sì "il corpo anela il movimento" ma non è questo il punto cruciale: la cattività uccide la fantasia, la radice dell’essere viene minata:
"Non dispiega ali la mia fantasia / Sedata, si nega, si nasconde si dissolve"
In tal modo la solitudine diventa totale, non soltanto le strade sono vuote, vuoto è l’intimo:
"Ronzare cupo, l’eco del nulla / Ore si aggrappano a futili scadenze / I rintocchi scandiscono la noia".
Possiamo tentare confronti con altre "quarantene", altre segregazioni e fughe segnate simbolicamente dal numero 40: i 40 anni degli ebrei raminghi nel deserto, ma confortati da un sogno e dalla manna, dalla voce di Dio udita da Mosé; i 40 giorni di Cristo in meditazione nel deserto delle sue profondità abissali, prima di iniziare la sua pericolosa missione. In questi casi l’uomo non è solo, possiede la sua fiamma interiore, è il deus absconditus che appare nel silenzio e nel dolore.
La nostra pandemia ha invece fatto toccare il nulla e la noia, proprio come la cecità temporanea del 1819 aveva sviluppato il tormento inconsolabile della noia in Leopardi.
Il non senso e la paura nascono dalla privazione di libertà. Dal sentirsi "Larve digitali senza difese". Epitteto al contrario si sentiva libero anche in catene. Come il senno di Orlando nell’Orlando furioso, anche la nostra saggezza, scrive l’artista, è perduta sulla Luna, soffocata nell’inconscio:
"Cervelli svaporati sulla Luna / Pazzi, amanti, artisti e cuori semplici / E Gaia è ridotta in schiavitù".
L’uomo e la terra sono appaiati dalla stessa potenza del male. Un male incombente patito. Brevi momenti di luce, il sentore dell’alba, hanno comunque un potere:
"Sono in attesa dell’epifania" e sebbene "frantumata" la verità resiste legata "all’intelligenza del cuore". Le macchine senza cuore, il virus venuto non si sa da dove, non potranno recidere la nostra storia:
"[...] la storia / ha chiesto asilo a favole e canzoni / Qui qualcuno domani la troverà".
Gli italiani in quarantena hanno cantato affacciati alle finestre. Un particolare che Silvestri pone come rinascita e salvezza. Sapere lucidamente cosa sia, saperlo dire è già cambiare il destino. Questo mi sembra il monito solenne lasciato dalla poetessa al nostro intendimento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Quaranta sono i giorni
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