Rive
- Autore: Valerio Mello
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Ensemble Edizioni
- Anno di pubblicazione: 2022
Chissà che vuole un quasi quarantenne dalla poesia e dalla prosa, se nemmeno decide cosa è meglio per lui. In questi anni scurissimi, Valerio Mello chiede solo di “vedere”, di “guardare”, di rendersi visibile. Poi deciderà, magari mette giù una carta e sceglie di che colore è. Per intanto ha scritto Rive (Ensemble edizioni, 2022, postfazione di Gianmarco Gaspari) dove nella poesia dal titolo Sulla via Milano si chiede se si trova “sulla via né ora né quando”.
Deve essere difficilissimo scrivere sapendo che ogni parola è stata consumata dall’ovvio del quotidiano, mentre si cercano spasmodicamente delle parole nuove, ma consumate anche esse dall’uso. Sembra che Mello abbia paura di usare un frasario poetico difficile, adatto solo per chi si intende dei costrutti grammatici e di contenuti, ma vuole che sia capito da tutti, anche se nel nostro paese la poesia non è mai stata adatta a tutti, vista con il fumo negli anni, con sillogi smilze pubblicate a caro prezzo. La poesia oggi sembra fatta apposta per smuovere le acque di critici letterari che si parlano addosso.
Quando chi scrive pone l’accento sull’importanza per Mello del verbo “vedere”, non è paragonabile alle astuzie di poeti “navigati” come lui stesso scrive nella poesia dal titolo Sede a Milano:
Apro gli occhi per la prima volta. Sono io nella nella tua sede som- / mersa. /A l’, entità inganna. / Vedere vuol dire accettare, essere disposti a confondere. / Il paesaggio crede di vederci. Noi crediamo di vedere. / Io non so più che cosa sia la vista reale / Gli occhi fanno offerte./ Perché la luce sta cadendo, perché adorare i segni di ricono- / scimento? / Distesa di stelle, lampione, punto della luce.
Queste poesie hanno in sé le città in cui sono state scritte, ma che potrebbero essere inserite nei titoli anche per altri motivi più complessi, Torino, Milano e altri posti.
Mello ha bisogno di vedere la realtà o vedere il vuoto che essa contiene e poi la visione e il “guardare”:
Dentro il guscio, / a ogni giro che compie la spirale , dall’apertura fino all’apice ,/ il concetto straripa e ripete qualcosa; / dice e, poi si, interrompe. / C’è nel vuoto... / C’era il mollusco...al posto del vuoto. / Il guscio sa di essere vuoto, non lo sa una scatola con mac- / chie di mare / e aroma di risacca. / Che cosa? / Senti...Questo è l’avvolgimento.../ Ma c’è ancora, c’era ancora...tu puoi dirlo / che c’è...se c’è.../ il vuoto.
/ Nel suo posto, il posto del mollusco - fu. / Vuotare questo contenuto che non ha nulla dentro di sé, / ma il negativo si diffonde come un giardino di isole / - ora si chiama moltitudine, il vuoto che sta nella ristrettez / -za del luogo, / nel nido che scintilla di flutti.
/ Chiedilo al mollusco...che cos’è adesso il vuoto ? / E l’onda salta di gioia, la risata di un ramoscello nel silenzio . / Vuoto per pieno. La definizione si scoraggia / ma significa... qualcosa contiene, / trappola per chi vede.
Questo vuoto ci culla, in questi versi ipnotici, tanto che non ci interessa più decodificare le intenzioni di Valerio Mello, che sembra andare avanti nello scritto solo per la forza di vedere un vuoto che è sempre stato qui, non si è mosso mai e che anche questa silloge è un vuoto che possiamo "vedere", perché possiamo leggerla.
La poesia e i pezzi di prosa del poeta sono forme di resistenza, affinché non crolli tutto, principalmente il nostro modo di guardare, messo a dura prova.
Rive
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