Roma sotto le bombe. Una prospettiva dall’alto
- Autore: Agostino Alberti, Luca Merli e Stefano Merli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Roma città aperta? L’Urbe risparmiata dagli Alleati nel rispetto del Vaticano e per non danneggiare il patrimonio mondiale di antichità? Quello del 19 luglio 1943 unico bombardamento aereo sulla capitale? Niente affatto, la risposta è no a tutte e tre le domande. Ne illustrano ampiamente i motivi, sulla base di atti ufficiali delle aviazioni che hanno condotto le incursioni del 1943-1944, tre saggisti aeronautici già noti per numerose eccellenti pubblicazioni: Agostino Alberti, Luca Merli e Stefano Merli, autori questa volta di Roma sotto le bombe. Una prospettiva dall’alto, ricerca storica ricchissima di fotografie in bianconero e riproduzioni di documenti dell’epoca pressoché in tutto il volume edita da IBN (Istituto Bibliografico Napoleone, Roma, settembre 2023, 207 pagine).
La collana è “Aviolibri Dossier”, fiore all’occhiello della casa editrice romana di riferimento per i tre coautori di diversi libri di storia militare aeronautica. Sono peraltro i tre quinti dei componenti di Air Crash Po Airfinders, team cremonese e progetto fondato nel 2007 a Soresina con l’obiettivo di raccogliere notizie sui raid aerei effettuati tra luglio 1944 e aprile 1945 in pianura padana che si è distinto nel favorire il recupero di relitti e resti di velivoli, piloti ed equipaggi precipitati nell’Italia settentrionale negli ultimi due anni della Seconda Guerra mondiale.
Luca Gabriele e Stefano Daniele Merli sono fratelli, il professor Alberti insegna invece in una scuola primaria a Soncino.
Lucidissimo fin dall’inizio il proposito, chiari gli intenti dello studio documentatissimo che segue una prospettiva tecnica dall’alto, ricostruendo il bombardamento del 19 luglio sulla base dei materiali custoditi negli Stati Uniti, presso enti quali l’Air Force Historical Research Agency (AFHRA) della base aerea di Maxwell in Alabama, la Akron University di Dayton Ohio e il NARA di College Park, nel Maryland. Altri contributi preziosi sono venuti da appassionati e da parenti di aviatori dei reparti aerei che attaccarono Roma.
Altro che città aperta: le bombe caddero, i civili perirono e i quartieri di Roma subirono oltre 51 incursioni aeree, da luglio 1943 a giugno 1944. In queste pagine, i bombardamenti vengono ricostruiti dettagliatamente e tecnicamente, giorno per giorno, quartiere per quartiere, con centinaia di foto e riprese aeree molto rare, riproduzioni di atti originali e pagine di giornali. Tutto integrabile con altro materiale originale (immagini, mission reports, daily operational reports ecc.) che possono essere visionati online a integrazione direttamente sul sito dell’editore.
I documenti consultati dai tre autori e le testimonianze raccolte servono a smentire il pregiudizio positivo infondato che vuole riservato a Roma “un trattamento di favore” dagli Alleati. Gli autori hanno potuto verificare che la capitale ha subito un numero di incursioni aeree pari, se non superiore, ad altre grandi città, pagando peraltro un tributo di vite umane decisamente maggiore. Le vittime dei bombardamenti furono oltre tremila, il doppio di quelle registrate a Milano o a Torino. La guerra aerea sull’Urbe fu intensa e molto più drammatica e la popolazione pagò la totale impreparazione e inefficienza di caccia e artiglieria antiaerea e delle difese passive quali rifugi e sfollamento.
La decisione di bombardare Roma venne presa nella Conferenza di Algeri, il 15 giugno 1943, dopo un confronto che rifletteva le diverse strategie delle due principali potenze alleate. Gli Inglesi privilegiavano il fronte mediterraneo e volevano costringere l’Italia a uscire dal conflitto mentre gli Americani consideravano dispersivo ogni sforzo in quel teatro bellico. Un compromesso venne raggiunto con la prospettiva di assestare il colpo di grazia a Mussolini con attacchi aerei in serie. L’operazione Strangle puntava a provocare il crollo morale del popolo italiano e tagliare il flusso di rifornimenti dal Nord al Sud della penisola, colpendo con raid di precisione le installazioni ferroviarie, in particolare a Napoli, Foggia e Roma.
Il bombardamento che devastò il quartiere San Lorenzo il 19 luglio 1943 fu all’epoca uno dei più grandi. Volarono 292 bombardieri pesanti e oltre 200 medi, scortati da un centinaio di caccia P-38. La notte prima, quattro Wellington della RAF avevano sganciato sulla capitale 864mila manifesti per avvisare i civili dell’attacco, invitando a tenersi alla larga da stazioni, scali ferroviari e binari. Nonostante il preavviso, le perdite furono minime per gli incursori e l’opposizione trascurabile: solo una trentina di caccia, intervenuti senza convinzione e coordinamento. Artiglieria antiaerea precisa solo sull’aeroporto di Ciampino e lungo la costa tirrenica.
La ricognizione fotografica successiva mostrò un’elevata concentrazione di bombe sugli scali di San Lorenzo e di Roma Littorio, che avevano provocato l’interruzione in cinque punti della linea per Firenze e distrutto un’ingente quantità di materiale rotabile. In coordinamento con l’attacco su Napoli, due giorni prima, era stato creato un gap di 200 miglia tra Roma e Napoli, impossibile da colmare per settimane.
Perdite minime, quindi, una percentuale irrisoria, un B-25 e un B-26 abbattuti dallo sbarramento antiaereo. Soddisfacente la precisione sugli obiettivi “militari” ferroviari. Ridotti i danni collaterali: danneggiata la basilica di San Lorenzo (gravemente) e colpiti alcuni palazzi e case nei dintorni dei bersagli. La missione su Roma venne considerata dall’Usaaf un “monumento alla precisione degli nostri equipaggi e alla potenza delle fortezze volanti”, ma come commentò il comandante dell’Air Force, il generale Spaatz,: “è stata troppo facile”, priva di valore aeronautico.
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