Rosario Angelo Livatino. Dal "martirio a secco" al martirio di sangue
- Autore: Vincenzo Bertolone
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Rosario Angelo Livatino. Dal “martirio a secco” al martirio di sangue (Morcelliana 2021, collana “I Testimoni”, presentazione di Papa Francesco) raccoglie una serie di saggi di Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Gaetano Di Palma, Gianpaolo Iacobini, Giuseppe Pignatone, Pasquale Giustiniani, Fabio Luca Marchese Ragona, che ricordano la figura del magistrato nato a Canicattì il 3 ottobre 1952, assassinato in un agguato mafioso la mattina del 21 settembre 1990 sul viadotto Gasena lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta mentre, senza scorta e con la sua auto, si recava in Tribunale.
Esemplare la breve esistenza di Rosario Livatino, animato da una fede profonda, primo magistrato beato nella storia della Chiesa.
Rosario Angelo Livatino era nato da Vincenzo, impiegato dell’esattoria comunale, e da Rosalia Corbo. Dopo aver conseguito la maturità classica si iscrisse a Giurisprudenza all’Università di Palermo, dove il 9 luglio 1975 a soli 22 anni si laureò col massimo dei voti e la lode. Il 21 aprile 1990 conseguì con lode il diploma universitario di perfezionamento in Diritto regionale, in seguito vinse il concorso per vicedirettore in prova presso la sede dell’Ufficio del Registro di Agrigento, dove restò dal 1° dicembre 1977 al 17 luglio 1978. Nel frattempo partecipò con successo al concorso in magistratura e superatolo lavorò a Caltanissetta quale uditore giudiziario passando poi al Tribunale di Agrigento, dove per un decennio, dal 29 settembre ’79 al 20 agosto ’89, come Sostituto Procuratore della Repubblica, si occupò delle più delicate indagini antimafia, di criminalità comune, ma anche (nell’85) di quella che poi negli anni ’90 sarebbe scoppiata come la “Tangentopoli siciliana”. Fu proprio Rosario Livatino, assieme ad altri colleghi, a interrogare per primo un ministro dello Stato. Dal 21 agosto ’89 al 21 settembre ’90 prestò servizio presso il Tribunale di Agrigento quale giudice a latere e nella speciale sezione misure di prevenzione. Per la sua morte sono stati individuati, grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava, i componenti del commando omicida e i mandanti, che sono stati tutti condannati in tre diversi processi nei vari gradi di giudizio, all’ergastolo con pene ridotte per i “collaboranti”.
Cenni biografici presi dal sito: https://www.centrostudilivatino.it/rosario-livatino/
L’agguato mafioso spense così una mente lucidissima, anticipatrice, un giovane uomo:
“Esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni”, come ricordò Papa Francesco in Vaticano nella Sala Clementina il 29 Novembre 2019.
È lo stesso Bergoglio che nella Presentazione al testo scrive che Livatino era un eroe giusto, ucciso dalla Stidda, la mafia agrigentina.
“Picciotti, che cosa vi ho fatto?” riuscì a domandare prima che il suo viso da Gesù bambino, come lo definì un suo amico, fosse deturpato dai proiettili. Erano le parole di un profeta morente, che dava voce alla lamentazione di un giusto che sapeva di non meritare quella morte ingiusta.
“Parole che gridavano contro gli Erodi del nostro tempo, quelli che, non guardando in faccia all’innocenza, arruolano perfino gli adolescenti per farli diventare killer spietati in missioni di morte”, precisa Papa Francesco.
Forse le giovani generazioni non conoscono la figura di Rosario Livatino, “magistrato e martire” ed è un peccato, ma chi è meno giovane ricorda benissimo la polemica che scoppiò solo otto mesi dopo l’assassinio del giudice, quando l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga definì “giudici ragazzini” una serie di magistrati neofiti impegnati nella lotta alla mafia. In aperta polemica con la frase di Cossiga, nel 1992 Nando dalla Chiesa pubblicò il libro Il giudice ragazzino (Einaudi), “Storia di Rosario Livatino assassinato dalla mafia in regime di corruzione”, dal quale è stato tratto nel 1994 l’omonimo film, diretto da Alessandro di Robilant, con protagonista Giulio Scarpati.
Ora, quel “giudice ragazzino” diventa beato il 9 maggio nella Cattedrale di Agrigento, giacché la Santa Sede ha riconosciuto il martirio “in odium fidei”, “in odio alla fede” del magistrato siciliano. Rosario Angelo Livatino sarà dunque beato il 9 maggio, proprio nello stesso giorno in cui, ventotto anni fa, San Giovanni Paolo II durante l’omelia della Messa celebrata nella Valle dei Templi di Agrigento gridò ai mafiosi, espressione della “cultura della morte”: “Convertitevi!”.
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