Rya. La figlia di Temarin
- Autore: Barbara Bolzan
- Genere: Fantasy
- Anno di pubblicazione: 2014
Rya, la figlia di Temarin (Butterfly, 2014) di Barbara Bolzan è un romanzo fantasy che fin dall’inizio presenta una storia e uno stile molto interessante.
Le premesse tipiche del genere narrativo di appartenenza ci sono tutte e le pagine iniziali del romanzo si arricchiscono anche di un velo sottile di mistero che si concentra nella figura di Rya, indiscussa protagonista di questa meravigliosa storia fantastica. Ella è salvata da morte sicura, strappata dagli intenti minacciosi di un fiume in piena, da Nemi, un ribelle che vive nella terra di Mejixana e che la conduce presso la sua gente dove le offre una strana ma efficace ospitalità. Ci troviamo nel regno di Idrethia, luogo immaginario così come è immaginaria anche Temarin, la città dalla quale Rya proviene. Il sovrano del regno è Boldric Herrand, mentre i ribelli sono coloro che abitano Mejixana, la terra di nessuno, separata da Temarin solo da un fiume. Definita “marmaglia”, quella gente vive senza regole e senza padroni, a due passi dalla foresta e immersa nella povertà e nell’abbandono. Nonostante ciò, sin da subito, Rya si rende conto che quel popolo è un popolo libero in tutti i sensi, non solo perché non deve sottostare a nessuna legge o obbligo ma soprattutto perché ha una vita propria, non deve dipendere da nessuno e soprattutto perché, nonostante quella miseria e quella sporcizia, essi hanno trovato se stessi in quella vita che li rende liberi.
Il romanzo inizia senza alcuna premessa. Immediatamente siamo immersi nel clima della storia, nella descrizione di luoghi sconfinati, di villaggi abbandonati e di uomini e donne che sopravvivono a dispetto di tutto, mantenendo sempre la loro dignità. Salta subito all’occhio l’accurata descrizione dei personaggi, sia fisica che caratteriale. Il personaggio di Nemi è quello meglio descritto fin dall’inizio e non può di certo passare inosservata la sua imponenza e il suo distacco nei confronti di Rya e il modo in cui il suo popolo lo ammira e lo rispetta. Il ritmo della narrazione è incalzante, accentuato soprattutto da questa sorta di incontro-scontro tra i due protagonisti che non si risparmiano battute e offese. Il loro modo di rapportarsi è descritto perfettamente e sembra quasi di assistere dal vivo a scenette che li vedono in costante contrasto. E’ divertente e inquietante al tempo stesso seguire i loro pensieri messi ancora di più in evidenza dalla presenza di un altro personaggio, Isan, il medico del villaggio, che è invece dolce e comprensivo, gentile e accondiscendente, subito preda delle doti da ammaliatrice di Rya, che consapevole dell’ostilità di Nemi, vuole tirarsi il medico dalla sua parte. Ci riesce ma non basta a contrastare l’arroganza e la brutalità con cui il capo dei ribelli la tratta, cercando sempre di metterla in difficoltà.
Rya, che all’inizio viene descritta come una bambina, sia nel carattere che nell’aspetto fisico, lentamente acquista tono e forma, sicurezza ed avvenenza, riuscendo in qualche modo ad imporsi e a farsi proteggere da Isan che cadrà vittima delle sue doti femminili, innamorandosene perdutamente. Rya è questo: “Occhi timidi e scuri, indagatori e spaventati al tempo stesso” ma è anche un volto che sa indossare infinite maschere a cui hanno insegnato bene a fingere. All’inizio sulla sua vita e nei suoi ricordi ombreggia una presenza che appare fastidiosamente invadente: Alsisia, la sorella, regina di Temarin, verso cui Rya prova un’ammirazione esagerata, una devozione e una fedeltà senza pari. Proprio confrontando la bellezza e la sensibilità della sorella e di tutto il mondo che lei rappresenta, la donna si rende conto di essere capitata in un posto veramente dimenticato, devastato, dove la gente è abituata a raccogliere relitti umani, a dare soccorso ai clandestini e lei non è l’eccezione. “Ero uno dei tanti relitti che il fiume aveva restituito.”
La trama è ben articolata, i personaggi lentamente si delineano con maturità descrittiva e consapevolezza narrativa. Prendono corpo e diventano coloro che incarnano questa storia, che inizia davvero quando Rya e Nemi dovranno affrontare un viaggio insieme, che vedrà la realizzazione di una coppia davvero improbabile: una principessa e un ribelle. Rya è in realtà una principessa che appartiene alla famiglia Niva ma non solo. E’ addirittura la fresca sposa di Boldric Herrand, il sovrano di Idrethia. Quando Nemi scopre la verità le propone un patto: ricondurla da suo marito in cambio di accompagnarla e di presentarsi con lei dal sovrano.
Su ogni scelta dei personaggi incombe la figura di un uomo che in pochi nominano e che nessuno sa che fine abbia fatto: Niken, che inconsapevolmente segnerà l’esistenza anche di Rya.
Durante il viaggio tra lei e Nemi emerge ancora di più il carattere capriccioso e sconclusionato della principessa che non ammette sacrifici e che vuole tutto ai suoi piedi ma con il ribelle ha fatto male i conti, perché l’uomo non le darà la minima soddisfazione e nonostante sappia chi sia, continuerà a trattarla sempre nello stesso modo. Ingenua, capricciosa bambina che ha sempre vissuto all’ombra della sorella che considera il centro del suo piccolo mondo ma adesso è sola.
Rya può apparire antipatica all’inizio proprio per la sua freddezza e superiorità, la stessa che non permette di apprezzare fino in fondo neanche il rapporto così stretto che stringe con Alsisia che mette in evidenza una dipendenza quasi morbosa che la rende priva della sua vera personalità. Proprio a questo proposito l’atteggiamento di Nemi diventa ancora più contrastante: da un lato è forte, duro, rozzo, selvatico, prepotente ed arrogante e questo spinge Rya ad offenderlo in tutti i modi possibili; dall’altro con lei egli usa quasi sempre un tono canzonatorio, carico di provocazioni e di allusioni che fanno sempre riferimento alla camera da letto e che indispettiscono ancora di più la donna che non comprende che lui lo fa chiaramente di proposito. Il loro rapporto è inizialmente superficiale, ironico, condito di battute al vetriolo e offese senza risparmiarsi. I battibecchi sono frenetici, divertenti, entrambi mostrano di avere lo stesso carattere che non è disposto a cedere.
Interessante dunque, oltre alla storia, anche l’introspezione psicologica dei personaggi, la cui interiorità e modo di pensare viene fuori con il tempo e non lascia delusi. La trama si infittisce quando compare sulla scena Alher, fratellastro di Nemi, contro cui Rya proverà sin da subito una feroce avversione. Ci sono brevi scene di combattimento che non lasciano indifferenti. L’autrice è brava nelle descrizioni e nel tenere alta la suspense della storia anche in questi momenti che appaiono sempre molto reali e per nulla fantasiosi o esagerati. Gli uomini e le donne sono esseri umani e basta, non sono idoli né entità invincibili e questa è una qualità che va riconosciuta. L’autrice riesce a creare dei personaggi che subiscono ferite sia fisiche che mentali, che affrontano paura e dolore con la stessa debolezza e lo stesso coraggio di una qualsiasi persona normale. Nonostante ci siano i colpi di scena e le sorprese sparse lungo tutto il romanzo, la storia incuriosisce proprio per il suo procedere lento, misurato, come se l’autrice distillasse con sapiente maestria i misteri e le scoperte che fungono da cardine per l’intera trama. Lo svolgimento procede silenzioso e noi lettori siamo inconsapevolmente attratti dalla storia di Rya inevitabilmente legata a quella di Nemi, non credendo neanche per un istante che quell’odio e quella freddezza tra i due possa durare per sempre. C’è altro in serbo per loro, è facile intuirlo, meraviglia e maledizione.
Ciò che colpisce maggiormente è sicuramente il personaggio di Rya. E’ falsa, abituata ad indossare maschere, cerca di controllare sempre tutto nella speranza di indovinare il comportamento più adatto per ottenere ciò che vuole. Insomma, in altre parole, le hanno insegnato bene a mentire e ad ingannare gli altri per i propri scopi. Ma è proprio nei momenti in cui lei e il ribelle parlano che vengono fuori gli aspetti contrastanti delle loro esperienze. Nonostante lui sia un temibile assassino, braccato dallo stesso sovrano, è molto più libero di lei che da principessa e regina ha sempre vissuto obbedendo agli ordini di altre persone. Ben presto, quindi, la donna si accorgerà che quel viaggio rappresenta una forma di vera libertà, l’unica che le sia mai stata veramente concessa fino a quel momento. Quel mondo così selvaggio è forse custode proprio di quella felicità che non ha mai assaporato nella sua vita di corte fatta solo di illusioni e menzogne. Grazie alla bravura dell’autrice nel raccontare le anime dei suoi personaggi salta all’occhio in maniera molto evidente la differenza tra Rya e Nemi. Lui è selvaggio e rozzo perché privo di maschere. E’ istintivo, vero, reale. Lei si nasconde dietro ruoli d’occasione che è stata abituata ad interpretare. I loro mondi sono agli antipodi ma è proprio nel momento meno insperato che cominceranno a sfiorarsi.
L’autrice racconta il loro lento avvicinarsi in modo aggraziato e delicato, per nulla banale e prevedibile. Infatti si capisce sin da subito che non sarà l’amore a essere il protagonista incontrastato di questa storia, ma sicuramente esso giace ai margini delle esistenze di Rya e Nemi e non tarderà ad alzarsi per andargli finalmente incontro. La freddezza e la presunzione di Rya cederanno davanti al fascino crudo e reale di Nemi e proprio quando le loro anime saranno sul punto di toccarsi qualcosa fermerà la giostra dei loro cuori, chiedendo silenziosamente di aspettare ancora. Rya scopre un Nemi diverso, un uomo profondo, con delle ferite che ancora sanguinano e che riguardano la sua famiglia e il rapporto contrastato con Alher. Gli occhi del ribelle le fanno bruciare la pelle.
“I suoi occhi non mi abbandonavano. Tentavo di guardare altrove, ma avvertivo una forza, un’urgenza. E tornavo sempre a lui.”
Il loro viaggio è fisico ma anche metaforico, un viaggio dell’anima che provoca una profonda crescita interiore soprattutto per Rya, all’inizio capricciosa ed insolente: una volta conosciuto Nemi e il suo mondo fatto di lealtà e concretezza, senza compromessi, diventa più matura e pronta a lasciarsi andare a quello che prova, seppur dentro di lei sia ancora forte l’idea, inculcatagli dalla sorella, che nessuno è degno del suo amore, tantomeno Nemi che è un ribelle.
Barbara Bolzan insiste molto sui rapporti fraterni mettendoli in netto contrasto e mostrando come essi possano evolversi in modi totalmente diversi: il rapporto tra Rya e Alsisia fatto di dipendenza e di amore, quello tra Nemi ed Alher fatto di odio e distacco, ma in entrambi i casi c’è sempre una parte che soccombe. Le azioni di ognuno di loro sono abilmente spiegate dimostrando la capacità di intrecciare storie che si sorreggono su basi solide e che non traballano perché non sono vissute da personaggi di cartapesta. Ci si affeziona a questi uomini e donne perché si comprendono le ragioni delle loro scelte, provando empatia per i loro destini. A volte sembra di entrare nelle loro teste e nei loro cuori e capita di sentirsi un po’ ladri nel rubare quelle emozioni tenute così caparbiamente nascoste. Nemi e Rya celano ciò che provano finchè possono ma il destino li porterà a trovarsi inevitabilmente uno di fronte all’altra e saranno spiazzati.
Durante tutta la lettura si ha sempre la sensazione che la verità sia ad un passo e invece l’autrice è sempre più brava ad allontanarla. Così capita per Nemi, per Alher e per lo stesso Niken, che dall’inizio alla fine rimane un’ombra di cui non è dato sapere. Quello che poi alla fine si scoprirà lascerà a bocca aperta ma non è questo quello che conta, non del tutto.
Personalmente ho apprezzato il modo particolare dell’autrice di raccontare i suoi personaggi, dando importanza ai loro pensieri e alle loro azioni più che alla storia in sé, in questo modo il libro ne ha guadagnato di realtà e comprensione. Il finale ne è la prova lampante. Finisce con un serafico “Continua …” Ma quando, dove, come? Verrebbe da chiedere. Intanto si è soli con le pagine del libro davanti e nient’altro. Con molti interrogativi che lasciano sulle spine e con la consapevolezza che non sappiamo dove guardare perché vorremmo a tutti i costi sapere. E’ difficile resistere senza conoscere le sorti di Rya e Nemi che restano appese ad un filo invisibile nella speranza che non venga tagliato e che la storia abbia davvero il continuo che merita.
Osserviamo ancora per un po’ le ultime righe e vediamo Rya allontanarsi senza permetterci di tirare un sospiro di sollievo, perché qui non c’è né un lieto fine né uno cattivo, qui c’è un finale aperto. Quindi non c’è soddisfazione di sorta che possa farci sentire appagati, per lo meno non qui, non adesso, non ancora. La fine sarà un nuovo inizio e a noi non resta che aspettare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rya. La figlia di Temarin
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