La novella di Luigi Pirandello dal titolo Scialle nero rappresenta la condizione femminile dell’Ottocento con un ritratto veritiero, quanto dolente:
Era infatti un donnone che non finiva mai; ma aveva tuttavia dolcissimi i lineamenti del volto, e l’aria ispirata di quegli angeloni di marmo che si vedono nelle chiese, con le tuniche svolazzanti. E lo sguardo dei begli occhi neri, che le lunghe ciglia quasi vellutavano, e il suono della voce armoniosa pareva anch’essi attenuare, con un certo studio che le dava pena, l’impressione alterigia che quel suo corpo così grande poteva destare sulle prime; e ne sorrideva mestamente. Sonava e cantava, forse non molto correttamente, ma con foga appassionata. Se non fosse nata tra i pregiudizi d’una piccola città e non avesse avuto l’impedimento di quel fratellino, si sarebbe forse avventurata alla vita di teatro.
È il ritratto della quarantenne Eleonora Bandi descritto da Pirandello fin quasi dalle prime pagine della novella Scialle nero con finezza psicologica che fa affiorare sia il suo senso di dedizione sia i fattori ambientali che l’avevano costretta al sacrificio delle sue autentiche attitudini.
“Scialle nero” di Luigi Pirandello: analisi e commento della novella
Rimasta orfana a diciotto anni, Eleonora aveva cresciuto il fratello molto più piccolo di lei mantenendolo agli studi, e anche Carlo D’Andrea, l’amico indivisibile di lui, divenuto medico. In preda all’angoscia, confida a questi in un dialogo accorato la volontà di farla finita, chiedendogli qualche cosa che la facesse morire.
Lei, che aveva condotto una vita virtuosa, aveva ceduto agli impulsi del diciannovenne Gerlando, figlio del mezzadro a cui dava ripetizioni per aiutarlo negli studi: suo padre non voleva che il figlio rimanesse “un umile zappaterra”.
Non aveva saputo respingerlo e si era abbandonata all’impeto brutale di lui “cedendo pur senza voler concedere”.
Temeva ora che il fratello l’avrebbe uccisa e, afflitta per una maternità illegittima, provando ribrezzo dell’accaduto si colpevolizzava:
Nel segreto della propria coscienza, si sentiva pure miseramente responsabile del suo fallo. Sì, lei, lei che per tanti anni aveva avuto la forza di resistere agli impulsi della gioventù, lei che aveva sempre accolto in sé sentimenti puri e nobili, lei che aveva considerato il proprio sacrificio come un dovere: in un momento, perduta! Oh miseria! Miseria!.
Pregevole l’indagine introspettiva: si sentiva ormai sola e nemmeno un sorriso le offrivano i due che badavano soltanto a trarre profitto dal lavoro. E si sentiva invasa da un profondo rammarico, respingendo sé stessa e il suo corpo assalito da “desiderii insospettati”.
La solitudine in fondo la causa del suo cedimento passionale per poi precipitare nel vuoto che le si apriva davanti. Costretta dalla gretta mentalità del fratello al matrimonio riparatore, venne prima celebrato in municipio, poi in una chiesetta solitaria.
Il pianto di Eleonora è di reazione alla costrizione: si stava sposando contro il suo volere; ancora una volta sacrificava se stessa in nome di una morale retriva e repressiva. Provava ribrezzo per Gerlando e anch’egli, “pieno d’onta”, attribuiva la colpa al padre per avere assecondato un matrimonio d’interesse. Il loro conflitto rimarrà insanabile: si erano entrambi sposati per le ottuse tradizioni paesane e li distanziavano anche i codici comunicativi di entrambi.
Eleonora, rinunciando a un rapporto di coppia basato anche sulla sessualità, proverà per lui un sentimento soltanto materno; dal canto suo, Gerlando rifletteva sulla sua vita acerba:
aveva il podere ed era come se non lo avesse; la moglie, e come se non l’avesse; in guerra coi parenti, arrabbiato con se stesso che non riusciva a ritener nulla, nulla, nulla di quanto studiava.
La moglie gli si negava; agli esami fu ancora una volta bocciato e dei libri fece un falò. L’intesa di quieta convivenza tra i due finisce e alla momentanea tregua si sostituisce una brusca rivolta di Gerlando verso Eleonora, la cui sofferenza fisica e psicologica è descritta con una intensità di partecipazione.
Solo la contemplazione del tramonto riesce a rasserenarla:
Prese infine l’abitudine di recarsi sul tramonto fino all’orlo del ciglione che limitava a mezzogiorno il podere. S’apriva di là la magnifica vista della piaggia sottostante all’altipiano, fino al mare laggiù. Vi si recò i primi giorni accompagnata, al solito, da Gerlando e da Gesa; poi, senza Gerlando; infine, sola. Seduta su un masso, all’ombra d’un olivo centenario, guardava tutta la riviera lontana che s’incurvava appena, a lievi lunate, a lievi seni, frastagliandosi sul mare che cangiava secondo lo spirare dei venti; vedeva il sole ora come un disco di fuoco affogarsi lentamente tra le brume muffose sedenti sul mare tutto grigio, a ponente, ora calare in trionfo su le onde infiammate, tra una pompa meravigliosa di nuvole accese; vedeva nell’umido cielo crepuscolare sgorgar liquida e calma la luce di Giove, avvivarsi appena la luna diafana e lieve; beveva con gli occhi la mesta dolcezza della sera imminente, e respirava, beata, sentendosi penetrare fino in fondo all’anima il fresco, la quiete, come un conforto sovrumano.
La magnifica vista del paesaggio con la meravigliosa armonia di colori sembra confortarla:
Aveva appoggiato il capo al tronco dell’olivo. Dallo scialle nero tirato sul capo si scopriva soltanto il volto, che pareva più pallido. Ed ecco che Gerlando, abbracciandole i ginocchi, tenta di fare l’amore con lei: - No! - gridò lei. - Sei pazzo? Lasciami! […] - No: ti voglio! - diss’egli, allora com’ebbro, stringendosi vieppiù con un braccio, mentre con l’altro le cercava, più su, la vita, avvolto nell’odore del corpo di lei. Ma ella, con uno sforzo supremo, riuscì a svincolarsi; corse fino fino all’orlo del ciglione: si voltò: gridò: - Mi butto! In quella, se lo vide addosso, violento: si piegò indietro, precipitò giù dal ciglione.
La violazione brutale della sua femminilità la induce perciò al suicidio, stanca ormai delle umiliazioni subite; la novella si conclude nel dramma.
Non sentendosi adeguata a vivere un rapporto di coppia che forzatamente le era stato imposto, avrebbe voluto donare soltanto un affetto materno allo sposo, ma il tradimento dei suoi sentimenti ha provocato in lei l’estrema reazione: la scelta del suicidio quale liberazione dalle catene che la opprimevano.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Scialle nero”: la condizione femminile nella novella di Pirandello
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