Semivuoti a rendere
- Autore: Andrea Carnevale
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
“Ho bisogno di trovarmi, e lì non ci sono. Ho bisogno di trovarmi in altri occhi, di riconoscermi. Ho bisogno di usare le mie mani su altri occhi.”
Quando ci si trova a dover scrivere di un libro come Semivuoti a perdere di Andrea Carnevale (Ensemble, 2021), uno dei problemi da superare è quello di identificare una chiave di lettura, ovvero un paradigma attraverso il quale trasmettere l’essenza del testo, soprattutto a chi non lo ha ancora letto. Non è una scienza esatta, e per questo ciascun lettore è libero di ricavarne l’impressione che più gli aggrada.
“Vorrei andare in quel posto che dico sempre, Bagno Vignoni, in Liguria, vicino Palermo.”
Il libro è agile, divertente, fuori dagli schemi tradizionali, irriverente, surreale, stralunato e anche scritto bene: tutti pregi che mi sento di sottoscrivere senza dubbio. Si presenta come una raccolta di una ventina di brevi capitoli, che a volte diventano persino poche righe, dove ci sono semi-citazioni, citazioni distorte (“nel mezzo del casin di nostra vita”), piegate, aggiustate per l’esigenza del momento, oppure minuscoli atti rivoluzionari che diventano metafora; ci sono corto circuiti, temi soltanto accennati come la libertà, ad esempio, che Andrea Carnevale si guarda bene da sviluppare in profondità.
“Perché in un bosco decidiamo di muoverci in una direzione piuttosto che in un’altra? Perché lì e non là? Qual è il criterio che governa questa scelta? Vi ringrazio per avermi accompagnato. Ora capisco: il nucleo del problema è la libertà.”
Andrea Carnevale insomma raccoglie cose da dire, messaggi da lanciare, dissemina tracce di un suo passaggio e fa in modo che tutto diventi testo da gustare e luogo dentro il quale mettersi alla ricerca. Il lettore si diverte ma può (deve) riflettere, rintracciare metafore, immaginare strade possibili da percorrere e ripercorrere.
”Ho imparato da Michele. Il tempo non è una misura e il presente non è un attimo. Montale me l’aveva detto che la nostra malattia è la categorizzazione, l’organizzazione asettica della realtà, ma io pensavo, chissà perché, di esserne immune.”
Semivuoti a rendere
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