Senna. Il destino di un campione
- Autore: Richard Williams
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2014
A vent’anni dalla morte la leggenda di Ayrton Senna continua
La sera prima di morire in pista, aveva detto che il giorno dopo non avrebbe corso. Durante le prove era perito un pilota. Un collega. Non accadeva da dodici anni. Ma il giorno della corsa, all’ora di pranzo, il brasiliano Senna era nella sua monoposto, a Imola. Il casco giallo lo rendeva riconoscibile nella vettura, prima della partenza. Ayrton guidava bolidi bianco-blu verso la bandiera a scacchi, sdraiato a pochi centimetri dall’asfalto.
Bello, pensoso, capace di una concentrazione totale, viveva per vincere e per superarsi. Tutti lo ricordano come il pilota di Formula 1 più veloce al mondo.
Quando l’aereo che lo riportava a casa per l’ultimo viaggio atterrò a San Paolo, un milione di persone lo attendeva per scortarlo al Palazzo del Governo. Tra loro, Richard Williams, autore di una biografia per i tipi Sperling & Kupfer, (“Senna. Il destino di un campione”, 224 pagine 17 euro). L’ex caporedattore sportivo dei principali quotidiani inglesi realizza un ritratto che accanto ai dettagli della carriera motoristica tocca con grande rispetto, in punta di penna, aspetti privati di un uomo che aveva un rapporto molto intimo e personale con la religione e con Dio. Sorprendente per una star del circo multimiliardario dei trecento all’ora.
Ayrton Senna da Silva, San Paolo 1960, Bologna 1994, Autosprint lo considera il più grande pilota automobilistico di tutti i tempi: 3 volte campione del mondo, 161 Gran Premi disputati, 41 vinti, 80 podi, 65 pole position, 19 giri veloci. Staccava per ultimo in curva. Sul bagnato si esaltava, sentiva l’auto come una parte del suo corpo. Le qualità velocistiche di Senna andavano al di là della normale abilità, erano quasi doti extrasensoriali, gli altri piloti se ne rendevano conto.
La leggenda del campione triste continua, a venti anni dalla morte e dall’incidente alla curva del Tamburello, circuito di Imola, Gran Premio di San Marino, ore 14,17 di domenica 1 maggio 1994. Qualcuno ha dichiarato che poco prima di salirci, Senna fece un giro intorno alla vettura guardandola in modo sospetto. Un altro, che lo conosceva benissimo, disse che indossò il cappuccio ignifugo diversamente dal solito. C’è chi assicurava che si era tolto il casco sulla griglia di partenza, cosa che non aveva mai fatto (non era vero). Niente però di mistico o misterioso: secondo l’avversario Damon Hill, prima della corsa Ayrton sembrava mentalmente preparato, come sempre, totalmente concentrato.
Attaccò la curva del Tamburello a 306 chilometri all’ora, per la settima volta quel pomeriggio. L’ultima. La monoposto divenne ingovernabile per il cedimento del piantone dello sterzo, tagliato, allungato e saldato su richiesta dello stesso pilota, per migliorare la visibilità della strumentazione. Urtò violentemente contro il cemento a protezione del corso d’acqua che attraversa il circuito, eppure il pilota non riportò danni fisici gravi: l’angolo ridotto, 22 gradi, dell’impatto della monoposto, contro il muretto e poi il rimbalzo sulla sabbia, avevano dissipato l’energia cinetica. Ma un frammento della sospensione attraversò come un proiettile la parte superiore tra visiera e casco, sfondando la regione temporale destra, provocando gravissime lesioni e un’emorragia ingente. Portato in elicottero all’Ospedale Maggiore di Bologna, Senna non riprese mai coscienza e venne dichiarato morto nel reparto di rianimazione, alle 18,40.
Vent’anni dopo, nessuno ha dimenticato Ayrton. La tragica scomparsa dell’eroe sul “campo di battaglia” continua a ricordare la combinazione speciale di ambizione e successo che gli era naturale. Per i nuovi piloti rappresenta ancora il massimo della professione: il suo nome ha accompagnato la loro infanzia e formazione, la combinazione di carisma naturale e talento sovrannaturale che lo rendeva unico illumina ancora il mondo delle corse.
La compagna, Adriane Galisteu, ha detto che Ayrton sognava di chiudere la carriera sul Cavallino Rampante, anche se avessero avuto una vettura lenta come un Maggiolino. Secondo Williams non sarebbe successo: sì, Senna sognava di pilotare una Ferrari, ma l’avrebbe resa una scheggia, non c’è da dubitare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Senna. Il destino di un campione
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