Socialismo 1623 - Fascismo 1922. La via Emilia: il loro asse portante?
- Autore: Stefano Salvatori
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Casa editrice: Giraldi Editore
- Anno di pubblicazione: 2022
Un approfondimento interessantissimo della nostra storia del Novecento, con una ricerca attenta e minuziosa sulle origini del Fascismo lungo la via Emilia, corredata da una notevole e ricca bibliografia che rende il racconto storico di questo magnifico volume, Socialismo 1623 - Fascismo 1922. La via Emilia: il loro asse portante? (Giraldi Editore, 2022), complesso e significativo, idoneo a preservare la nostra memoria collettiva, e a sensibilizzare le future generazioni.
Stefano Salvatori, nato a Bologna, ex funzionario di una multinazionale farmaceutica ha al suo attivo un gran numero di pubblicazioni e saggi. Una ricerca storica di oltre cento anni nelle radici sociali e popolari, socialiste e rivoluzionarie, del resto il fascismo è stato socialismo prima di tutto, e nelle storie di operai, sindacalisti, contadini, di uomini e donne dell’Emilia Romagna che hanno creduto fermamente nelle loro idee e nella salvaguardia delle proprie libertà.
Bologna sarà la culla del Fascismo dopo che in Italia la forza del pensiero socialista fu determinante non solo nel governo del Paese ma anche di alcune delle sue più importanti città.
Dopo la prima metà dell’Ottocento, scrive l’autore, le idee socialiste in Italia trovarono terreno fertile, le genti emiliano-romagnole unite nel voler migliorare le loro condizioni affiancavano i socialisti rivoluzionari.
Tanto è vero che a Bologna venne proclamato il primo sciopero nazionale di protesta, al quale susseguirono violente proteste, perché venissero riconosciuti i diritti di uomini e di cittadini.
Quando il Re fu informato dei fatti di Bologna chiese chi fossero quei ribelli e cosa volessero. La risposta fu:
Sono socialisti.
Benito Mussolini nacque nel periodo degli scioperi organizzati nelle campagne contro lo sfruttamento salariale e la disoccupazione.
A Roma si gridava“ pane e lavoro”, e a Bologna venne aperta la prima Camera del lavoro. In pochi anni in Emilia Romagna le sezioni socialiste furono più di un centinaio, il numero più alto rispetto alle altre regioni del centro Nord.
Mussolini, appena diciottenne, definito “compagno studente” dall’Avanti, appoggiava la tesi che accanto all’unità politica bisognava formare l’unità spirituale degli italiani. Successivamente nel 1910 definì i socialisti, socialisti delle tagliatelle, e da direttore dell’Avanti, che camminava tra “i rottami di uomini”.
Nel primo decennio del Novecento l’Italia progredì in alcuni settori, si era ridotto l’analfabetismo e la scuola dell’obbligo aveva una durata di due anni, ma la recessione aveva colpito l’intera economia europea e in Italia fu particolarmente grave tra le popolazioni contadine e di braccianti. Nonostante i grandi latifondisti avessero arruolato milizie private per sventare qualsiasi insurrezione, in Romagna i disordini furono ovunque con saccheggi e devastazione. Con il perdurare degli scioperi e delle barricate, Mussolini si esonerò dal Partito socialista, dichiarando guerra agli ex compagni e invocando la rivoluzione.
Nel frattempo l’Italia entrò in guerra, con conseguente povertà e peggioramento delle condizioni di vita della popolazione. Il Governo si occupava di cosa fare per risparmiare denaro, e obbligò la vendita del pane il giorno dopo la cottura, più secco è e meno se ne usa,e con un editto invitava al consumo di alcune cibi in giorni specifici della settimana, perché chi spreca avrà fame domani. Finita la guerra poi fu il caos. L’imprenditoria bolognese e non solo durante la guerra era prosperata, diversamente dalle famiglie di operai e contadini che videro raddoppiare i prezzi dei beni di prima necessità con l’inflazione che galoppava, la svalutazione della lira, e il costo della vita quadruplicata. Le condizioni interne dell’Italia erano drammatiche. Una situazione di malessere, di disagi che al più presto avrebbe fatto invocare alla rivoluzione.
La crisi economica e sociale divenne molto grave anche nel bolognese, i disoccupati nella sola città di Bologna erano ventimila. Il sistema dei sussidi deprimeva il morale dei lavoratori, la classe politica non seppe far nulla per conquistare la fiducia della gente e Mussolini nei suoi articoli scriveva abbasso gli affamatori del popolo.
Al teatro comunale di Bologna rivendicò il diritto di governare l’Italia. Dopo che la guerra era terminata, nelle piccole e grandi città gli ex combattenti venivano derisi, offesi e minacciati, e grazie a loro che i fasci di combattimento vennero fondati: il fascismo iniziò il suo percorso.
I Fasci non erano regolati dalla rigidità di un partito ma si presentavano come una libera associazione di volontari disposti a tutto. Come simbolo venne scelto il fascio littorio della Roma classica e come divisa la camicia nera, definita da Mussolini l’uniforme da combattimento dei fascisti, il cui colore poteva nascondere la fatica del lavoro. L’epoca delle camicie rosse aveva fatto il suo tempo.
Il movimento fascista, scrive lo storico Buchignami riportato dall’autore, si presenta come antipartito dei combattenti desiderosi, dopo aver sconfitto il nemico esterno, di proseguire la guerra per sconfiggere quello interno: la classe dirigente liberale, il partito socialista e la borghesia affaristica.
Lunghi mesi di lotte nel bolognese, scioperi continui, saccheggi, assalti ai palazzi amministrativi, una guerra sociale che a Bologna decreterà la sorte del socialismo. Il fascismo bolognese divenne punto di riferimento per tutta la regione e oltre: un incombente pericolo per i socialisti.
L’Emilia da “terra rossa”, in pochi mesi tra il 1920 e il 1921 fu conquistata interamente dalle camicie nere. Le sezioni del Fascio raddoppiarono e a seguito degli atti di violenza i fascisti non venivano neanche più sottoposti allo stato di fermo, lo stesso Mussolini dirà che il fascismo è straripato.
E l’Emilia costituiva la più vasta riserva di uomini del fascismo italiano.
La rocca bolscevica, Bologna, è stata smantellata. La bandiera rossa ammainata per sempre.
I giovani fascisti a Bologna invocavano la dittatura militare. Un lungo di periodo di sangue, di disordini, di violenze, di miseria e di fame si concluderanno nella marcia su Roma. Un movimento antipartito che divenne partito milizia e poi regime totalitario, il fascismo è una parte della nostra storia che ancora oggi non smette di riflettersi nel presente.
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