La lirica, conosciuta come Solitudine e affidata a “Versi del testamento” nella raccolta Trasumanar e organizzar, esprime la condizione dell’uomo solo con la consapevolezza che c’è tanto da fare. È noto, Pier Paolo Pasolini non aveva avuto una vita facile: incompreso e isolato per i suoi intricati vissuti, da diversi mesi attendeva il dissequestro del film “Teorema”; era stato sottoposto a diversi processi e doveva difendersi dagli attacchi mossi alla sua omosessualità.
Una vita travagliata egli conduceva e la rendevano difficoltosa le sistematiche persecuzioni che lo facevano sentire “un verme schiacciato”.
Ecco allora il suo sprofondare nella solitudine. Eppure i suoi versi liberi ci consegnano l’immagine di un uomo che, ancorché sfiduciato, non si mostra inerte e rinunciatario.
Scopriamo testo, analisi e commento della poesia.
“Solitudine” di Pier Paolo Pasolini: testo
Bisogna essere molto forti
per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe
e una resistenza fuori dal comune; non si deve rischiare
raffreddore, influenza e mal di gola; non si devono temere
rapinatori o assassini; se tocca camminare
per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera
bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;
specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,
e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;
non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,
oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte
senza doveri o limiti di qualsiasi genere.
[...]
Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,
specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,
e per te non è mutato niente: allora per un soffio non urli o piangi;
e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,
e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire
che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe essere più soddisfatto
e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine
è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?
Non c’è cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.
“Solitudine” di Pier Paolo Pasolini: analisi e commento
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Solitudine è una delle poesie più incisive della raccolta, il cui incipit, a mo’ di massima, evidenzia che occorre essere abbastanza forza per innamorarsi della solitudine.
La condizione dell’uomo solo, malgrado le negatività che gli appartengono e non sia facilmente o piacevolmente tollerabile, è pur sempre una spinta per portare avanti la ricerca della verità: perciò, ad essa deve essere estranea la fiacchezza che si nutre di fantasmi psichici. Occorre non perdersi d’animo e instancabilmente andare avanti senza timore alcuno e limitazioni di sorta. Il camminare e il muoversi liberano dalla pesantezza mentale, pur non mancando le insidie che si incontrano.
Per vincere la solitudine, osserva Pasolini, “il sesso”, modalità sublime e tremenda di comunicazione, è un “pretesto” perché, quando il seme viene espulso, a rimanere è “il diletto deserto”. Non si lasciano tracce dopo la consumazione dell’atto e nulla muta:
“La sua ripetizione è un rito”.
Invecchiando si avverte la stanchezza e la solitudine non potrà più essere soddisfatta. Il rischio è di non avere forze sufficienti per uscire e godere della passeggiata serale. Dice il poeta:
“Per un soffio non urli o piangi”.
L’interrogativo è cruciale:
E allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine / è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?
La risposta è un invito ad agire, a non perdersi d’animo, a continuare il cammino che conduce alla libertà e superare ogni barriera, percorrendo le strade “povere” del mondo. La metafora, animata dall’ossimoro, è un invito:
Bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.
La conclusione, e non a caso Pasolini utilizza il simbolo emblematico del “cane” a significare fedeltà e resistenza, viene affidata al coraggio: sfida pedagogica di riscatto, testimonianza socio-esistenziale nell’eroica dimensione.
Solo con l’impegno si può far propria la solitudine; solo con la pensosità, quella dichiarata da Petrarca, si può stare in compagnia della solitudine che apre alla mente spazi di introspezione e di riflessione, di progettualità e di azione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Solitudine” di Pier Paolo Pasolini: una poesia dal valore esistenziale
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La solitudine favorisce la scoperta dei propri talenti nascosti perché si devono affrontare gli immancabili problemi quotidiani soltanto con le proprie forze. Favorisce il superamento del proprio ego per il fatto che spontaneamente si tiene maggiormente presente l’idea della morte. Si vive più nel presente, nel qui e ora. Si trova più facilmente un’apertura alla dimensione spirituale, al Divino.