Splendido visto da qui
- Autore: Walter Fontana
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2014
E se gli anni e i giorni arrestassero per sempre la loro corsa? E se il tempo si inceppasse in continui remake lunghi ciascuno una decade? No future potrebbe non essere solo uno slogan cripto-punk, “no future” potrebbe essere ora e qui. Se poi ci mettono di mezzo spiccioli di sociologia dei consumi, il taglio distopico, nonché parafrasi ideali da Robert Sheckley, tutto è possibile. Persino che il nuovo romanzo di Walter Fontana - “Splendido visto da qui” (Giunti, 2014) - sui prodromi di cui sopra edifichi la propria fortuna, segnalandosi come lettura ad hoc per un’estate intelligentemente libresca: sorridere senza smettere di pensare.
“Splendido visto da qui” è, infatti, una specie di carezza in un pugno, una girandola sui generis di trovate ansiogene/giocose, a metà strada tra Orwell e “The Truman show”, insolito esempio di fantascienza all’italiana, romanzo morale e satira di costume al tempo stesso.
In una specie di post-Italia del (non) futuro - un’Italia stolido-poliziesca, attestata su coordinate di felicità obbligatorie - la gente è suddivisa in zone militarizzate: chi vive nei Sessanta, chi nei Settanta, chi - ancora - negli Ottanta, Novanta e negli anni Zero: un popolo ebete, a una dimensione come nemmeno nelle ipotesi di Marcuse, costretto alla reiterazione di notizie, eventi, dischi, film, libri, oggetti, vestiti, programmi tv, ricostruiti artificialmente all’uopo e topici ognuno di un decennio (allegria!). Per i residenti nei Settanta, per esempio, si vivono e ri-vivono senza soluzione di continuità, gli anni - che so - dell’apoteosi di “Rischiatutto”, quelli dell’austerity e del rapimento Moro. Per quelli degli Ottanta è sempre “Like a Virgin” a farla da padrona, insieme all’oggettistica fluo e la moda dei Moncler, e così via di decade in decade, di must in must, di tormentone in tormentone. Severamente vietato sconfinare, se è vero che la polizia non sta a guardare come nei polizieschi anni Settanta (a proposito di Zone) e se ti becca a possedere e/o contrabbandare oggetti poco congrui alla tua area, sono guai più o meno seri. Sintetizza il meccanismo con nitore Fontana stesso, a pagina 47:
“La gente vive per sempre durante la propria decade favorita. Se abiti a Zero, dopo ogni 31 dicembre 2009 c’è il primo gennaio 2000 e tutto ricomincia da capo. E’ bello. E’ distensivo.”
Come no? In un mondo artificiale di guardie e ladri, traditi e traditori, spazzini che ricordano un po’ i pompieri del bradburyano “Fahrenheit 451”, zelanti & inquietanti funzionari dell’Ordine nuovo, eroi per caso e feticci merceologici (il romanzo è pieno di “cose”, con la scusa della suddivisione in settori, l’autore sfoggia un sottotesto fatto dei topoi merceologici del nostro passato prossimo), c’è chi dice no e, in una girandola di ripensamenti e avventure, vive il suo romanzo di formazione alla vita vera.
“Splendido visto da qui” risulta così, in ultima analisi, un libro strapieno di rimandi, trovate, citazioni: un libro dal passo lieve ma deciso, che fa sorridere come quelli di Woody Allen e trattenere il fiato come un thriller futurista.
Tutto molto incisivo, assolutamente da non perdere.
Splendido visto da qui
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E’ intorno a noi, ogni giorno, a ogni ora. Si intrufola in casa nostra attraverso la TV e i suoi programmi rievocativi, ci occhieggia maliziosa dalla vetrina del negozio di abbigliamento più trendy, si nasconde nelle note dell’ultimo successo in classifica, si mimetizza nel design delle nuove collezioni di arredamento. Ci cattura, ci affascina, tocca la nostra corda sensibile, fino a che non possiamo più farne a meno: è la nostalgia. Ci colpisce con il ricordo di un’epoca migliore, alla quale vorremmo tornare per viverla per sempre. Tocca il nervo scoperto della paura del futuro, dell’incertezza, per lusingarci con l’immagine brillante e perfetta di un passato che prometteva mari e monti, ma che ha mantenuto le sue promesse solo in parte, a volte una minima parte. Così ci lamentiamo di questo mondo crudele e inumano e rimpiangiamo la semplicità della vita di una volta: vorremmo essere stati giovani negli anni Sessanta o Settanta, quando i sentimenti erano veri, l’esistenza tranquilla e non frenetica come ora, e non c’erano tutti questi problemi di adesso…
Ecco, nella geniale intuizione di Walter Fontana, la nuova frontiera della dittatura “soft”: sfruttare il terrore dell’avvenire e la bramosia del passato per costruire tanti mondi perfetti, in cui gli abitanti possano (e debbano) rivivere all’infinito lo stesso decennio, le stesse mode, le stesse notizie, la stessa vita quotidiana. Alla fine del ciclo decennale, il Riassortimento sostituisce mobili, suppellettili, libri, dischi e quant’altro con gli esemplari di inizio decennio, e la vita ricomincia da dieci anni prima. Proibito, assolutamente proibito, passare da un decennio all’altro, o addirittura far transitare oggetti, azione che si configura come contrabbando. Sessanta, Settanta, Ottanta, Novanta e Zero: cinque mondi che non devono toccarsi, con al centro un Quartier Generale, regno di chi lavora per il regime: impiegati governativi, funzionari, semplici spazzini come Leo. Addetto al controllo del contrabbando e dei traveller (fuorilegge che viaggiano fra le Zone), nonché al Riassortimento, Leo è ligio ai suoi doveri e al regime. Un giorno, però, in mezzo ai rifiuti trova Maia, traveller per amore che lo costringe ad assecondarla. E niente sarà più come prima.
Una distopia leggera, questa di Fontana, che sfrutta un’idea originale e, paradossalmente, molto attuale ma non approfondisce più di tanto. In effetti, il romanzo è breve, quando ci sarebbe stato spazio per moltissimi sviluppi e persino divagazioni di vario tipo. Ad esempio, non risulta mai ben chiaro chi tiri le fila del regime, e quale utilità finale abbia il tutto. Ciò nonostante, è un libro che si legge con piacere e che lascia spazio alla riflessione e alla discussione. Certo, ha una nota ben marcata di ruffianeria, quando ci strizza l’occhio elencandoci oggetti e canzoni del nostro passato che non potranno non strapparci un sospiro: ma anche questo, come si vede, è funzionale all’esposizione del concetto di fondo. Non mancano il colpo di scena e la colluttazione, come era lecito aspettarsi, ne’ il finale aperto, che trasforma l’ignoto da spauracchio in speranza. La discussione è aperta: il passato è un fardello del quale disfarsi o una parte della nostra vita che non dobbiamo dimenticare? Come al solito, la verità sta nel mezzo, e si riassume perfettamente nella frase conclusiva del padre di Leo: un “greatest hits” dei Beatles, vedrai che lo trovi dappertutto…