Stato di minorità
- Autore: Daniele Giglioli
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
- Anno di pubblicazione: 2015
Daniele Giglioli, professore di Letterature comparate all’Università di Bergamo, ha dato alle stampe per Laterza questo interessante volume dal titolo Stato di minorità che coniuga insieme letteratura e sociologia, politica ed etica, cronaca e storia. In dodici capitoli, corredati da un essenziale apparato di note, l’autore si interroga e ci interroga sulla deriva democratica che stiamo vivendo, e a cui sembra ci siamo malinconicamente arresi, delegando ad altri (economisti, network, intelligence...) il diritto di agire e di decidere delle nostre vite e delle sorti del mondo. Viviamo, quindi, in uno stato di minorità – come veniva definita da Kant, nel suo saggio sull’illuminismo, l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro - e non ne siamo turbati.
Se nel Novecento si lottava, anche sanguinosamente (guerre mondiali, terrorismi, attentati), presi da passioni, estremismi, faziosità partitiche, oggi – all’alba del terzo millennio – “la più cieca e insensata irrazionalità mercantile e finanziaria” ha spodestato il confronto politico tra gli individui, mentre l’interesse personale, la chiusura nel privato, la difesa egoistica del proprio benessere, il raggiungimento del successo spadroneggiano in ogni aspetto della vita pubblica e culturale. Giglioli avverte questa tendenza anche nella letteratura, italiana e internazionale, tesa a celebrare o rimpiangere il passato, in toni risentiti e amari oppure a rispecchiare in maniera riduttiva scelte di vita individuali, spesso frustrate o sconfitte.
Proprio alla letteratura l’autore si appella per meglio argomentare le sue tesi, appoggiandosi all’esegesi del romanzo-pamphlet di José Saramago “Saggio sulla lucidità” del 2004. Seguendo le tracce narrative del Nobel portoghese, Giglioli analizza alcuni dei nodi centrali intorno a cui si avviluppa la riflessione contemporanea sull’essenza costitutiva del potere. Se l’allegoria di Saramago descriveva un’ipotetica città in cui gli abitanti votavano in massa scheda bianca alle elezioni, mettendo così in crisi tutto l’apparato amministrativo e provocando una reazione quasi isterica da parte delle autorità, Daniele Giglioli respinge come inefficace qualsiasi posizione di puro rifiuto e si chiede invece quale possa essere l’alternativa a una resa imbelle che inibisce le persone alla prassi, alla partecipazione politica attiva, lasciandole appagate della pura sopravvivenza materiale. L’aggressività, forse? O la fuga? Ovviamente è da respingere qualsiasi soluzione violenta:
“Il terrorismo è un delirio di onnipotenza cui sottende una condizione di impotenza radicale...Rappresentare i terroristi come dotati di un’incalcolabile potenza è una strategia retorica che serve a legittimare politiche securitarie, procedure di controllo, spionaggio generalizzato”.
Se non si può e non si deve ricorrere all’insurrezione, altrettanto inefficace risulta l’atteggiamento rinunciatario, vittimistico, di evasione:
“Non è tanto l’impotenza a garantire innocenza, ma la mancata assunzione di responsabilità per la propria inazione a generare il desiderio di sentirsi innocenti, cioè vittime”.
Cosa suggerisce allora Giglioli (riprendendo molte tesi di Jan Spurk) per vincere l’apatia, la rassegnazione paralizzante a un’obbedienza di comodo a chi ci governa? Di tornare a essere partigiani, preferendo emotivamente il confronto anche conflittuale piuttosto che una concordia fasulla: affrontare il negativo, rendendolo produttivo. Ripartire, rinascere.
“Senso di colpa per i passati errori e rimpianto per i passati splendori (le lotte, le conquiste, le vittorie anche se parziali) contribuiscono alla costruzione della gabbia che si tratterrebbe invece di rompere...Solo pensare l’azione sotto la specie della nascita – distacco, separazione, nuovo inizio – permette di essere di parte senza risentimento, se risentimento, come sapeva Nietzsche, è non perdonarsi che il passato sia andato come è andato”.
In una parola, uscire dallo stato di minorità, tornare a disporre della propria esistenza, individualmente e collettivamente.
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