Stato di sorveglianza. La via cinese verso una nuova era del controllo sociale
- Autore: Josh Chin e Liza Lin
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
- Anno di pubblicazione: 2022
Le “stazioni di polizia a convenienza del popolo” sono spuntate in sordina nella regione cinese dello Xinjiang. Se ne contano più di cinquemila e, dietro la facciata accattivante, agevolano di fatto il piano di controllo capillare dei turchi musulmani uiguri presenti nella regione. Nella stessa regione gli zelanti funzionari della capitale distribuiscono nei quartieri a maggioranza uigura moduli obbligatori di raccolta dati. Le informazioni sono funzionali alla classificazione dei cittadini in “sicuri”, “medi” e “pericolosi”, come dire, esempi di distopia cinese e prove tecniche di società fondata su sorveglianza e controllo digitali. E non finisce qui, se è vero che la pandemia di Covid 19 ha ulteriormente acutizzato le sperimentazioni di controllo sociale, legittimando violazioni di diritti civili e della persona attraverso l’attuazione di schedature, lockdown, controllo massivo con telecamere e droni.
Inciso: se qualche anima bella ritenesse - in buona o malafede - che l’azione coercitiva sia pertinenza esclusiva del regime cinese, mi faccia sapere cosa ha fatto e dove ha vissuto in questi tempi di dittatura occidentale, perché ha dormito alla grossa oppure ha abitato sulla luna.
Anche alle nostre latitudini democraticissime dove finisce la mistificazione del migliore dei mondi possibili comincia l’istituzione dello Stato di polizia digitale (come chiamare altrimenti l’istituzione capillare del green pass?).
Stato di sorveglianza. La via cinese verso una nuova era del controllo sociale dei giornalisti Josh Chin e Liza Lin (Bollati Boringhieri, traduzione di Benedetta Antonielli D’oulx) esibisce il passo poderoso della narrazione d’inchiesta e il tratto apocalittico dell’ucronia sociale realizzata. La storia dettagliata di come il Partito comunista cinese aggiorni alla raccolta di massa dei dati personali, il controllo politico sulla popolazione. Una storia cinese ma - va ripetuto - germinata in crescendo dalla Silicon Valley americana e dalla guerra senza quartiere al terrorismo post 11 settembre.
Difatti:
“In queste pagine cercheremo di mantenere una chiara consapevolezza del ruolo svolto dalle democrazie nella nascita dello Stato di sorveglianza in Cina, e del fascino esercitato su di esse dall’ingegneria sociale. Gli strumenti e i concetti usati dal Partito comunista per perfezionare la soluzione cinese erano in gran parte già stati inventati, o perfezionati, nei paesi occidentali. A distinguere il Partito è la volontà, e la capacità, di applicare questi concetti su larga scala nella vita reale degli individui. I risultati di questo esperimento offrono un’importantissima lezione sui pericoli e i benefici dell’applicazione, al potere di Stato, degli algoritmi e di una massiva raccolta di informazioni private” (pagg. 21-22).
E in merito alla deprecabile gestione del Covid-19:
“Se la guerra globale al terrorismo è stato il seme nel campo della sorveglianza digitale di Stato, la pandemia ne è stato il fertilizzante. Qualsiasi speranza di strapparla alle radici piantate dopo l’11 settembre, è sta spazzata via dopo il COVID-19. In questo nuovo mondo, lo Stato di sorveglianza cinese incarna l’impressionante potere della raccolta dati e dell’intelligenza artificiale nel semplificare, e occasionalmente salvare, la vita umana. E’ anche un’inedita sfida alla nozione di libero arbitrio, e alle libertà individuali che animano la democrazia” (pag. 170).
Con il movente del mantenimento della salute pubblica, i governi occidentali aderenti al sistema capitalistico globale (Italia in primo luogo) aderiscono in forma più o meno clamorosa all’esperimento sociale in atto nella Cina comunista di Xi Jinping. Il riconoscimento facciale-vocale, le telecamere di sorveglianza e l’imponente raccolta di informazioni sulle persone sono infatti pratiche diffuse ovunque; espressioni di un sistema di controllo di cui il cittadino è preda inconsapevole, o peggio ancora consenziente.
Il tecno-capitalismo invade ogni aspetto della vita pubblica e, quel che è peggio, privata: dalla fantomatica risposta alle emergenze alla regolamentazione del traffico, per dirne due. Lo scenario è da brividi, e l’inchiesta di Josh Chin e Liza Lin lo è altrettanto, concentrata su una Cina-paradigma di stato tecno-poliziesco ormai diffuso. Stato di sorveglianza raccoglie storie e fatti di un mondo nuovo, dove dietro la facciata di benessere e sicurezza alla portata di tutti rimette di fatto in discussione i concetti di libertà e democrazia, con l’intento di consolidare forme di governo fondate sul pensiero unico e su un’iper-efficienza garantita dall’instaurarsi della sorveglianza digitale su scala mondiale.
Va da sé che l’ottima inchiesta condotta da Josh Chin e Liza Lin risulta in tal senso indicata per scuotersi dal torpore critico generalizzato.
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