Storia di Franco
- Autore: Maria Marcone
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Essere indifferenti al Male significa diventarne complici.
Storia di Franco di Maria Marcone (edizioni La Meridiana, 2022) è una bella storia familiare che comincia quando nasce Franco, il quarto e ultimo figlio della cucciolata di Ninella e Arturo Marcone che vivono nella loro città, Foggia.
Ad attendere con apprensione la sua nascita sono soprattutto sua sorella Marilù, che ha sette anni e mezzo e i suoi fratelli: Ninuccio che ne ha quattro e Lillino due e mezzo, che vengono tutti spediti da due vicine quando le urla della loro madre sempre più forti annunciano che sta per nascere il fratellino.
È il 14 dicembre del 1937. La storia andrà avanti fino alle 19:20 del 31 marzo 1995, quando la vita di Franco sarà spezzata da due colpi di pistola calibro 38 sparati da un killer per eliminare uno scomodo e troppo onesto Direttore degli Uffici del Registro di Foggia che, molto probabilmente, stava per entrare nei meccanismi di un sistema perverso, tra manovre illecite e raggiri furbeschi, evasioni cospicue ai danni dello Stato.
Il romanzo, pur essendo dichiaratamente dedicato alla sua memoria, pone al centro della narrazione la vita di Franco bambino, soprattutto negli anni della Seconda guerra mondiale e del dopoguerra fino al 1948, e non i suoi ultimi anni di vita.
Conosceremo progressivamente tutti i componenti della sua famiglia: anche nonni e nonne, zie e zii, cugini e cugine, di cui saranno narrate vicende, descritti tratti fisici e caratteriali e le tante dolorose vicende di quel periodo.
Dopo i primi disastrosi bombardamenti del 1943 nella città di Foggia – importante nodo ferroviario – la famiglia si trasferisce a Troia, prima in un deposito di materiali da costruzione, poi in un’ala disabitata di un vecchio, ma decoroso palazzo signorile, messa a disposizione dal proprietario (riconoscente per l’aiuto dato a suo figlio due anni da Arturo nella preparazione della tesi di laurea).
Il capo di famiglia però, rimane a Foggia avendo come obiettivo il salvataggio dei libri più preziosi della Biblioteca provinciale della sua città, della quale è diventato direttore. Egli raggiunge la famiglia solo nel fine settimana.
I suoi figli a Troia, nel trambusto generale possono godere del sapore della liberta, soprattutto nella Villa Comunale, dove fanno tante amicizie e vivono i primi innamoramenti; ma, si renderanno ben presto conto delle atrocità della guerra: soprattutto dal luglio del ’43 quando il tributo di sangue, dolore, sfollati e profughi li metterà faccia a faccia con la disperazione, la miseria, la fame, il freddo e la morte.
La guerra comincerà a mostrare il suo volto terribile e Franco, che ha solo sei anni comincerà a porsi e a porre tante domande agli adulti. Sua madre Ninella gli risponderà che suo padre ascolta Radio Londra, perché al contrario di quella italiana dice la verità, ovvero, secondo Ninetta, che i nazi-fascisti stanno perdendo la guerra e che questo secondo lui è un bene, ma lo pagheranno a caro prezzo. Da quel momento il piccolo cercherà di capire cos’è il caro prezzo, ma non glielo saprà spiegare sua sorella Marilù e neppure sua madre, che parlerà genericamente dei danni che farà la borsa nera.
Franco non si darà per vinto e comincerà a capire "cos’è il caro prezzo" quando la guerra gli mostrerà cosa può significare in termini di distruzione e sofferenza: soprattutto, dopo aver visto corpi scomposti, sporchi di sangue e polvere, mescolati a mobili e a mattoni dopo un bombardamento e ancora di più quando scoprirà il proprio padre ‒ che ha sempre considerato come il più grande uomo del mondo ‒ fragile e indifeso.
E lo capirà definitivamente quando con sua sorella si incamminerà verso Foggia, dopo che da Troia hanno visto il terribile bombardamento del 22 luglio del ’43 e la città immersa in un rogo terrificante:
Nella polvere della strada cominciarono a vedersi le prime scene allucinanti, di gente che veniva avanti come ubriaca con gli occhi pieni di terrore, con le vesti a brandelli, sporca di sangue e di calcina, di persone che apprendevano la morte di un padre di un figlio di un congiunto e si buttavano a terra urlando, di altri che incontravano parenti e s’abbracciavano forsennatamente.
E ne avrà piena consapevolezza quando ritroverà suo padre vivo, ma con il viso affilato e sofferente, che racconterà di aver visto morire dinanzi ai suoi occhi gente nota e sconosciuta:
Uomini donne e bambine con il vestito della prima comunione uscite dalla chiesa di Gesù Maria: tutti mitragliati come carne da macello.
E da ultimo, quando la guerra si porterà via anche la piccola Anna, di soli tre mesi, figlia di una dei tanti profughi di guerra, Franco penserà che:
Il caro prezzo era veramente troppo caro se a pagarlo erano anche degli angioletti così indifesi e innocenti.
D’altronde, le nefandezze della guerra sono e restano inspiegabili, perché si sa, la guerra è guerra e l’unica risposta che si può dare a un bambino che ti chiede cos’è la guerra è:
Lo saprai da grande.
La famiglia tornerà a Foggia, una volta che gli Alleati saranno entrati in una città quasi completamente distrutta, che annovererà oltre 22.000 morti dopo i bombardamenti:
La città non esisteva più, al suo posto c’erano macerie dappertutto appiattite al suolo dalla prime piogge, di un indistinto colore grigiastro, e rade persone vi si aggiravano intorno senza far rumore. Gli spazi verticali erano spariti, non più i profili dei palazzi, non più i pali elettrici e segnaletici non più i lamponi o quant’altro prima fosse eretto verso il cielo, solo montarozzi più o meno vistosi che invadevano i tracciati stradali e di cui era stato rimosso quel tanto che consentisse il passaggio.
Nino e Michele, dato che le scuole erano ancora chiuse decideranno di andare a Lavorare i al "Campo degli Americani" insieme a centinaia di altri piccoli sguatteri e questo gli consentirà di portare scatolame di ogni tipo utile per pranzi e cene sempre più frugali e faranno i conti ‒ come tutto il resto della famiglia ‒ con pulci, pidocchi e “monacelle” (scarafaggi).
E Arturo, prima sarà colpito da embolia cerebrale con paralisi del lato destro, diventando un simulacro di quel padre che era stato; poi, morirà nel novembre del 1945, tre mesi prima di aver diritto al minimo della sua pensione per gli eredi superstiti. Quindi, Ninella dovrà dipendere quasi completamente dalla carità del nonno materno ex-costruttore, ma riuscirà a portare avanti il sogno di suo marito: far studiare i propri figli; tanto che Marilù e Franco arriveranno alla laurea, Nino e Michele al diploma superiore e vincerà la sua battaglia per tenere unita la famiglia dopo la morte di Arturo.
Il romanzo Storia di Franco dedica solo gli ultimi due capitoli prima dell’epilogo alla evoluzione delle vicende della famiglia d’origine di Franco, della quale egli fu progressivamente l’ago della bilancia tra la parte femminile: sua madre e sua sorella da un lato e quella maschile, i suoi fratelli, dall’altro.
Egli, dopo aver conosciuto Pia formerà la sua famiglia, avrà due figli (Daniela e Paolo) e comincerà la sua carriera come funzionario di Stato, che lo porterà a ricoprire vari incarichi come Direttore dell’Uffici del Registro, fino a quello di Foggia.
Anche per questo suo ultimo incarico sarà subito chiaro ai contribuenti che cercavano di ingraziarselo con regali importanti puntualmente rifiutati, la sua incorruttibilità. Le altre qualità, che aveva già dimostrato nei precedenti incarichi: la sua onesta, la sua dedizione al lavoro (che svolgeva con grande cura in ufficio e continuava a casa), la meticolosa e indefessa ricerca delle ipotetiche truffe ai danni dello Stato e a difesa del bene collettivo, emergeranno o in modo ancora più evidente in quel contesto molto più complicato, articolato e spesso operante "ai margini della legalità" nel quale lavorò per quattro intensi anni, senza respiro.
La storia è indirizzata in prima istanza ai bambini, che dovranno farla leggere anche ai loro parenti adulti, perché è stata scritta per far passare il messaggio che Arturo lasciò a Franco (che aveva allora solo otto anni) e a tutta la sua famiglia un’eredità di amore onestà e giustizia che si concretizzò nella fedeltà di Franco a quegli ideali e nel prezzo di quel dolore pagato da tutti loro con la sua morte violenta.
Così dichiara la voce narrante, che alla fine si rivela essere Marilù, ovvero, quella Maria Marcone (1931-2013) che giustamente Mario Desiati presenta nella Prefazione al libro come parte della spina dorsale della narrativa pugliese, autrice di vari romanzi tra i quali Analisi in famiglia (Feltrinelli, 1977) definito uno dei capolavori novecenteschi della terra di Puglia; Casa delle donne (Palomar 1983), sulle tematiche del maschilismo e familismo paternalista e Processo alla città che, come dicono i figli di Franco, Daniela e Paolo, autori della Postfazione:
è una vera e propria denuncia dell’omertà e della indifferenza che aveva avvolto “il caso Marcone”.
Questo, quindi, oltre a essere un romanzo familiare e di formazione è anche un romanzo di denuncia della mentalità e delle dinamiche mafiose, una delle numerose iniziative della Marcone per chiedere giustizia per le vittime delle mafie. Infatti, la scrittrice – dopo l’assassinio del fratello – darà vita all’associazione “Nessuno tocchi Abele”, che raccoglierà fin dalla fondazione migliaia di aderenti e opererà con iniziative contro le mafie, soprattutto in territorio pugliese.
In questa edizione del libro, uscita nel 2022, sempre Daniela e Paolo ci informano che l’amministrazione comunale di Foggia è stata sciolta per infiltrazioni mafiose nell’agosto del 2021.
La città, dopo oltre due anni di commissariamento, ha finalmente una nuova amministrazione e la prima sindaca donna da ottobre 2023.
Lascio la conclusione alla voce narrante che, nell’ultimo capitolo esorta così i bambini:
Perciò vi ho detto che bisogna scegliere da che parte stare, che non si può rimanere inermi e indifferenti, e magari cullarsi nell’illusione che non facendo niente di male si possa stare tranquilli con la propria coscienza […] No, come i malvagi si organizzano per fare il male, bisogna che i buoni si organizzino per fare il bene. Fare il bene significa lottare per dargli spazio, per strappare territorio a chi fa il male: se i buoni se ne stanno tranquilli chiusi nelle loro case, i cattivi occupano tutti gli spazi che possono, come la gramigna che, se non la si estirpa, occupa tutto il campo di grano e fa morire le spighe buone da cui si potrà ricavare il pane per sfamare chi ha fame.
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