Storia e geopolitica della crisi ucraina
- Autore: Giorgio Cella
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Carocci
- Anno di pubblicazione: 2022
Nella marea di libri sulla guerra – meglio, sull’invasione russa dell’Ucraina – lo studio di Giorgio Cella, Storia e geopolitica della crisi ucraina. Dalla Rus´di Kiev a oggi (Carocci editore, 2022), si distingue dai più perché lavorato sui tempi lunghi della geopolitica e della storia e con l’acribia di un serio lavoro scientifico. Un lavoro necessario a maggior ragione nella polemica di questi mesi, in cui la storiografia è apparsa marginale (o disarticolata in momenti aleatori a seconda delle convenienze e tutti di breve respiro) rispetto al vociare scomposto di molti, specie di coloro che legittimano l’invasione russa perché gli ucraini sarebbero tutti nazisti, o perché la Nato e gli americani avrebbero fatto l’impossibile per provocare Putin e i suoi uomini.
Vediamo alcune tracce fondamentali che l’autore, docente all’Università Cattolica, ha mappato per scrivere questo lavoro: origini, sviluppo, controversie e conflitti del paese che chiamiamo Ucraina, inestricabile intreccio già nelle sue matrici con la Russia, la compresenza e il succedersi di etnie e poteri diversi. Appare subito evidente come le linee di divisione storiche fra russi e ucraini partano dunque da lontano, e che siano fitte di molteplici elementi, compresi quelli religiosi, come peraltro spesso accade nei territori di confine — non casualmente il nome Ucraina, u kraij, significa proprio “sui confini”.
Un principio storiografico cui pure si allinea Cella fa partire tutto dalla Rus´di Kiev, nel Medioevo, regno originario degli slavi orientali e l’incrocio con i variaghi; sintetizzando moltissimo, la storia passa attraverso l’attacco dei mongoli, l’instabilità del potere degli zar e i mutamenti dovuti all’insorgere dei guerrieri delle steppe, i cosacchi; segue con la crescita del nazionalismo ucraino, portato a rivendicare una peculiarità etnico-culturale più vicina all’Europa centrale (sempre rifiutata dalla Russia, il cui mito fondativo trova proprio in Ucraina le sue sorgenti ma nello stesso tempo riducendola, nei fatti e nella considerazione generale a una piccola ancella senza possibilità di autonomia), e si fa più intenso verso fine Ottocento.
Le vicende novecentesche, in parte note a un pubblico non specialistico ma ricostruite qui con assoluto rigore, mettono in luce l’instabilità e i fermenti precedenti la Grande Guerra, e subito dopo la chiave di volta rappresentata dall’avvento del comunismo, il cui primo lascito fu l’indipendenza concessa da Lenin. Alla Guerra Civile fece seguito l’Holodomor di Stalin con i suoi milioni di morti per fame, scientemente procurata dal terribile Koba, che aveva tutt’altre intenzioni rispetto a quelle del suo predecessore.
L’analisi di Cella penetrando nei dettagli dei passaggi formali decisivi — come quello della cessione della Crimea agli ucraini da parte di Krusciov — ne rileva il clima e i riverberi ideologico-culturali sempre dissonanti rispetto alle intenzioni dei capi politici. L’Ucraina, che orbitava come tutto l’Est europeo nel potere comunista di Mosca, fu anche la terra della tragedia di Černobyl, che contribuì alla fine dell’Unione Sovietica e della guerra fredda. Cospicua, documentatissima, l’analisi di momenti capitali del passato recente, dal Memorandum di Budapest, agli accordi di Minsk disattesi, sempre soggetti all’interessata interpretazione delle due parti, ai fatti di Majdan Nezaležnosti con la grande resistenza degli ucraini che cacciarono orgogliosamente il governo filorusso di Janukovyč.
La situazione fra la fine del bipolarismo e il nuovo millennio ci dice di una sopraggiunta vocazione occidentale maggioritaria degli ucraini, di un deciso avvicinamento di Kiev all’Occidente, che accentuò in maniera marcata la deviazione greco-cattolica di parte significativa del suo popolo, mai andata a genio alla chiesa ortodossa dei russi (peraltro, la stessa chiesa ortodossa ucraina si è via allontanata da quella russa).
Il resto lo hanno fatto la tensione verso un problematico ingresso nella Nato, l’affaire degli armamenti ucraini, la Crimea ripresa dai russi, e i fallimenti ripetuti degli improbabili accordi fra i due vicini (ospiti non ininfluenti, europei e americani).
E la sonnolenza dell’Europa, quella che non volle vedere la ferocia di un aggressore, Putin, che iniziava il suo mandato politico con la strage dei ceceni, proseguiva con i carri armati in Georgia, dichiarava cosa sua la Crimea, e provocava il conflitto nel Donbass, terra di enorme rilevanza strategica. Senza mai dismettere il rigore dello studioso, Cella si lascia scappare una punta di ironia verso lo spirito ingenuamente irenico dell’Europa che dimentica il monito amaro ma realistico di Leibniz per il quale, quanto alle sorti umane, una pace perpetua può resistere solo nei cimiteri.
Storia e geopolitica della crisi ucraina. Dalla Rus’ di Kiev a oggi
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