Storie di giovani teppisti e vecchie canaglie
- Autore: Francesca Negri
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
L’autrice Francesca Negri, nata a Lecco, è un’insegnante di italiano e storia e Storie di giovani teppisti e vecchie canaglie è il suo esordio letterario: un romanzo che ha avuto, come lei scrive, una gestione pachidermica.
Una storia dopo l’altra negli anni ha tessuto le trame del libro, con protagonisti teppistelli e canaglie che si incontreranno, riconoscendosi nel loro essere sbagliati. Nelle scuole sono oppositivi, cattivi, dispettosi, turbolenti, iperattivi, ragazzi che soffrono, che si sentono soli e che nascondono le loro fragilità.
Nell’intolleranza di tutti noi come dovrà invece porsi un insegnante?
L’autrice narra in questo romanzo il loro dolore e attraverso le parole li rende indimenticabili.
Se bimbi difficili esistono, se relazionarsi con loro è così complesso, cosa ne è di loro quando crescono? Cosa ne fa il mondo di costoro?
Una trama non solo interessante per la realtà del tema, ma anche coinvolgente, affrontata con coraggio e verità come solo un insegnante riesce a fare, poiché in ogni classe delle nostre scuole c’è un Karol e un Achille.
Una lettura che pone domande e soluzioni all’apparenza elementari, ma la cui attuazione richiede cuore e anima.
Scrive nella prefazione Valentina Petri:
Soltanto a noi lettori, conoscendoli, è dato l’immenso privilegio di comprenderli, almeno in parte, perché insieme alle loro gesta impariamo a conoscere il contesto in cui sono cresciuti, gli scogli contro cui si sono schiantati, le tempeste che hanno scatenato.
La storia del piccolo Karol e di Geni, così chiamato il vecchio Eugenio, è una delle più emozionanti. Geni, malato oncologico, faceva sempre dentro e fuori dall’ospedale e la scelta del figlio fu quella di farlo assistere a casa da una donna che se ne prendesse cura. Eugenio, settimo maschio, era nato nel 1939 e la sua nascita fu molta attesa dal padre Attilio per la consegna della medaglia in onore delle madri più prolifiche, l’assegno di cinquemila lire e la possibilità di incontrare Mussolini.
Il piccolo Eugenio diventerà orfano dopo Salò e crescendo combinerà solo guai, un piccolo delinquente per la madre che lo fece adottare dall’amica di famiglia detta la Contessa, donna scaltra e spregiudicata. Mandato in collegio per gli studi, dopo avvenimenti inconfessabili, la Contessa lo porterà a vivere con sé e le rimarrà accanto fino alla fine.
La pianse come una madre, un’amante, un’amica.
Irene, dalla bellezza sfiorita, in cambio di vitto e alloggio per lei e suo figlio Karol, accetterà il posto di badante nella villetta con un giardino pieno di rose da coltivare e curare. La stanza del vecchio Geni era al piano terra e lui se ne stava rintanato tutto il giorno da solo. Chiedeva sempre un sacco di cose assurde, una condizione che il giovane Karol conosceva e per questo lo avrebbe amato poi profondamente.
La loro conoscenza arrivò alcune settimane dopo il suo arrivo in casa e Geni scoprirà che il bambino non amava andare a scuola, non gli piacevano i compagni di classe, odiava gli animali e che la maestra gli rinfacciava un sacco di cose. Problematico, silenzioso, insultava con parole astruse, parolacce in polacco.
Fu così che il vecchio Geni, una vecchia canaglia e Karol, giovane teppista, iniziarono a cercarsi e a dialogare.
La comune passione per il turpiloquio cementò il loro sodalizio.
Irene e suo figlio per il vecchio Geni furono una sorpresa inattesa e molte cose cambiarono soprattutto in Karol.
Poi il racconto di Tina e l’incognita Pietro, ragazzino alterato, il quale le ricordava che l’insegnamento non era stata la sua prima vocazione, e non per questo le aveva impedito di fare bene il suo lavoro, ci sorprenderà. Tina non riusciva a stare nella stessa scuola per più di qualche anno, ed era sempre lei ad andarsene per quel suo bisogno continuo di cambiare e di spostarsi.
L’insegnamento le era sembrato fin dagli inizi “un baratro con una didattica sempre ripetitiva”, per poi scoprire che gli alunni cambiavano di continuo e se li lasciavi a giugno a settembre li trovavi trasformati. Con Pietro e le sue difficoltà comprese a fondo cosa significasse prendersi cura di un altro esseere umano, oltre sé stessa.
E infine la storia di Achille, un bambino da tenere sempre sott’occhio, indomabile, non malato, per il quale distrurre era un’attività vitale quanto respirare, con la paura di un genitore di essere sempre inadeguato.
La colpa. La spiacevolezza di quel sentimento misto a un profondo senso di impotenza che sente la madre di un teppista, la madre di un non – teppista non la può comprendere.
Si può espiare la colpa di avere un “figlio diverso”, per scoprire alla fine che era affetto da un disturbo per il piccolo Achille soffriva. Nel frattempo quanta ansia, quante giornate con i nervi a fior di pelle, quante volte a tentare di smembrare quel figlio iperattivo in cento pezzi!
Le storie fin qui narrate uniscono personaggi che vivono disagi molto profondi e disturbanti, che hanno difficoltà a integrarsi nel mondo di oggi ma che tra di loro, teppisti e canaglie, vivono una fratellanza del tutto speciale ed unica.
È un romanzo su uno spaccato della nostra scuola, spesso abbandonata a sé stessa, che mette a nudo situazioni difficili, senza strumenti per i docenti nell’aiutare chi ha difficoltà, il più delle volte con soluzioni rimesse nelle loro mani e nella loro generosità.
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