Suso a Lele. Lettere
- Autore: Suso Cecchi D’Amico
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2016
“Dicembre 1945 - marzo 1947” è il sottotitolo di “Suso a Lele. Lettere” (Bompiani, 2016, introduzione di Cristina Comencini, a cura di Silvia e Tommaso D’Amico), una raccolta che una tra i maggiori sceneggiatori della storia del cinema italiano, Suso Cecchi D’Amico (Roma 1914-2010), inviò tutti i giorni al marito Fedele D’Amico, ricoverato in un sanatorio svizzero. Tutti i documenti, selezionati e trascritti, sono arricchiti da un inserto iconografico.
“Amore caro, non avrò pace finché non arrivi una lettera che mi spieghi come sei sistemato”.
Una moglie premurosa scriveva al suo amato marito, allora aspirante musicologo, che si trovava in una clinica svizzera per curare una grave forma di tubercolosi. Fedele si era dimenticato di mettere in valigia le cravatte, Suso gli raccomandava di coprirsi bene. Silvia di sei anni “ti ricorda dieci volte al minuto” e Tommaso, detto Masolino, di cinque anni, “ho fame di vedere il babbo”, i due figli della coppia, chiamati da Suso “i picci” erano rimasti con la loro madre a Roma, la quale cercava di sbarcare il lunario
“ho incominciato a fare traduzioni per Flaiano”.
La II Guerra Mondiale si era conclusa da pochi mesi e il Paese iniziava a rimboccarsi le maniche, certo che le macerie se le fosse lasciato alle spalle. Fedele D’Amico, musicologo, figlio del critico teatrale Silvio, e la futura sceneggiatrice dei più bei film del cinema italiano del XX Secolo, figlia dello scrittore Emilio Cecchi e della pittrice Leonetta Pieraccini, si erano sposati nel 1938. Con la fine del conflitto, Lele, tornato nella Capitale dopo un periodo di clandestinità, a causa della tubercolosi in fase avanzata era stato costretto al ricovero in un sanatorio ad Arosa, nel Cantone dei Grigioni, dove sarebbe rimasto fino alla fine del marzo del 1947.
A Roma nella casa di via Cantore al quartiere Prati, Suso insieme ai suoi “picci” doveva affrontare una lotta quotidiana,
“abbiamo l’acqua un giorno sì e uno no”
cercando di guadagnare per sostenere la famiglia:
“Lavoro, me la cavo”.
Le missive, più di trecento, che Lele avrebbe conservato tutta la vita, erano un modo per rimanere vicini, confortarsi e darsi reciproco coraggio e tanto affetto.
“Ti sto sempre vicina coi picci. E sto allegra se ti so allegro. Baci amore mio”.
Suscita un sorriso leggere la lettera nella quale una stupita Suso si rallegra per aver ricevuto l’incarico di partecipare alla sceneggiatura di quattro film, “Avevi una moglie quasi disoccupata tre ore fa”, iniziando in questo modo la sua straordinaria carriera. Le intense e vivaci pagine restituiscono una figura di donna dal grande intuito, indipendente, forte e innamorata.
“A me piace lavorare, sono orgogliosa del mio lavoro, voglio continuare a portare avanti la baracca, tu sei il mio ricostituente”.
Suso cercava di tenere informato il suo Lele sui suoi amici appartenenti al mondo della musica e gli intellettuali che frequentavano i rispettivi genitori. Il suo diario quotidiano diventa anche testimone di anni di grandi trasformazioni sociali e storiche come il referendum del 2 giugno del 1946. Se i “picci” Masolino e Silvia scrivevano striscioni a favore della vittoria della Repubblica sulla Monarchia, Suso Cecchi D’Amico gettava le basi di quel lavoro che l’avrebbe portata a collaborare con pietre miliari del panorama cinematografico quali Cesare Zavattini, Carlo Ponti, Luchino Visconti, Vittorio de Sica.
“Va a finire che sono brava davvero”.
Suso a Lele. Lettere (dicembre 1945-marzo 1947)
Amazon.it: 20,89 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Suso a Lele. Lettere
Lascia il tuo commento