Terzo piano
- Autore: Marta Bonucci
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
Se si provasse a fare dialogare sei estranei chiusi in un unico ambiente in un momento di difficoltà estrema, senza nessuna via di fuga, le loro conversazioni sarebbero quasi sempre basate sulla politica, sul calcio, ecc.: sarà davvero così?
In Terzo piano (Scatole Parlanti, 2023), romanzo d’esordio di Marta Bonucci, vi è la rappresentazione di un piccolo nucleo di persone di un condominio che per un evento meteorologico del tutto imprevisto evidenzieranno sé stessi, e come attori su di un palcoscenico narreranno le loro vite.
La pioggia prolungata e l’inondazione aveva fatto raggiungere l’acqua al livello del primo piano della loro palazzina, e l’evento farà precipitare la quotidianità di ogni inquilino nella ricerca della propria salvezza. Bisognava salire in alto, ai piani superiori, al terzo piano e chiedere di essere ospitati fino all’arrivo dei soccorsi. Quali sentimenti ed emozioni insorgono in una difficoltà emergenziale collettiva? Siamo disponibili all’accoglienza o liberiamo i nostri pregiudizi?
Marta Bonucci, nata a Terni, laureata in Lettere e filosofia, è autrice e giornalista, specializzata in sostenibilità, fondi e politiche europee, e molto attenta al sociale. Alcune sue opere di narrativa breve sono comparse nella raccolta Racconti umbri e nella collana letteraria “La Cattiva Novella”, di cui è curatrice.
Terzo piano è un romanzo complesso, straordinario, scritto con maestria e grande sensibilità, che tocca temi attualissimi e getta uno sguardo spietato sulla nostra società e sulle nostre paure.
La pioggia riempiva col suo rumore impietoso ogni spazio, si rifrangeva sulle pareti ricoperte di piastrelle creando un’eco spettrale.
Mancava solo la pioggia, erano le parole pungenti che battevano in testa a Veronica; con Roberto allontanerà l’irritabilità e le incomprensioni che avevano lacerato il loro rapporto, e con il piccolo Filippo chiederanno ospitalità al piano superiore.
Prima l’irritabilità, poi l’impazienza, l’insofferenza e il silenzio: era una giovane famiglia con un matrimonio naufragato. Si erano molto amati ai tempi dell’università e ora il loro amore era monco, li univa solo l’attesa che qualcosa cambiasse.
Intanto l’acqua continuava a salire e copriva tutto; mancava la luce, l’aria.
Non erano stati gli unici a chiedere asilo. Marisa, seduta nella poltrona con accanto la sua badante moldava Angelica, scappata dal regime repressivo della sua terra, si guardava intorno ricordando l’alluvione del Settanta a Genova. Aveva seguito Alfredo, suo marito, sempre in giro per l’Italia, e il ricordo la emozionava profondamente. Gianluca nel fumare la sigaretta stringendola tra le dita come “un personaggio del Far West”, la ascoltava con imbarazzo, pensando che erano “potenti i ricordi”.
La pioggia si era trasformata in alluvione ed aveva reso le strade fiumi di fango. Anche Mauro, l’inquilino del primo piano, era salito al terzo piano a bussare alla porta che si era aperta offrendo una via di scampo agli altri. Bussava e bussava, le nocche delle sue dita risuonavano toc toc, “mi sentite?”; dall’altra parte nessuno decise di aprire. Era un ex anarchico che da poco aveva finito di scontare la sua pena in carcere, un terrorista che non meritava aiuto.
L’importante è una sola cosa, che non arrivano qua delinquenti, criminali e altra gentaccia.
Aveva affermato, senza nessuna piccola indecisione, Marisa. Mauro aveva partecipato a un attentato il giorno della sua laurea nel quartiere dove era cresciuto, distruggendo il negozio di famiglia. Non aveva fatto i nomi dei suoi compagni fuggiti via, e il carcere toccò solo a lui.
“Mentre le bottiglie esplodevano fracassando i vetri all’ingresso della banca Mauro imprecava contro lo zaino e cercava di trattenere le lacrime. Le urla e gli allarmi delle auto formarono un’orchestra macabra, i toni acuti delle grida si fondevano con il suono delle sirene in lontananza.“
Anni dopo si era spesso domandato se tutto quell’attivismo che gli era sembrato linfa vitale, non fosse stato dettato dall’esigenza di sentirsi vivo per non fare la fine del padre, dietro il bancone della tabaccheria a tirare a campare.
Nel mezzo di un’alluvione, su di un pianerottolo al buio con l’orecchio teso alla pioggia battente pensò se non fosse stato meglio se non avesse studiato, se avesse imparato un mestiere qualunque, se avesse sfogliato meno giornali, se avesse letto meno, se avesse preferito le discoteche, se tutto fosse andato diversamente.
Non mi faranno entrare, mi terranno fuori come si fa coi topi, con le formiche, come si fa con gli scarafaggi. Preferirebbero sapermi morto, preferirei sapermi morto io stesso.
E nel mentre l’acqua innalzandosi sommergeva tutto, la pioggia continuava a battere nel suo rumore di tempesta, l’autrice eleverà, nel suo narrare, i temi etici del perdono e sociali dell’emarginazione: sulla paura del diverso, sul matrimonio, sulla lotta armata, sulla famiglia.
La sua è una scrittura che indaga l’animo umano nelle sue complessità, nei modi di pensare, di sentire e di agire, e conduce a riflessioni sull’inclusione, la tolleranza e sulle nostre miserie. Imperdibile!
Terzo piano
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