Tokyo love
- Autore: Silvia Accorrà
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
"Tokyo love" (Damiani, 2014) di Silvia Accorrà racconta la storia di una fotografa italiana, di cui sappiamo davvero poco, neanche il nome, che ci accompagna tra le strade e i luoghi tanto sconosciuti quanto affascinanti del melodioso Oriente, carico di immagini e di odori.
La sua silenziosa e cauta esistenza, fatta di qualche chiacchiera con i vicini e scambi di cortesia con la padrona di casa, viene improvvisamente scossa dall’incontro-scontro con una sorridente fanciulla che poi scoprirà essere la nipote della sua affittuaria, con la quale dovrà condividere casa ed abitudini. Ciò che salta immediatamente all’occhio è lo stile narrativo, scarno ed essenziale, fatto di immagini e carico di sensazioni visive in cui gli ambienti diventano i co-protagonisti taciturni mentre è la luce l’unica grande passione per colei che vede e vive.
Mimi, fanciulla sempre allegra, piena di vitalità, propositiva in tutto ciò che fa, coinvolge la protagonista nella ricerca del proprio lavoro e questo comporterà la condivisione di molto tempo insieme. La conseguenza sarà il fascino che la fotografa subirà inesorabilmente, riconoscendo che Mimi:
“Aveva pochi anni meno di me, in realtà, eppure secondo lei era ancora tutto possibile. Questo mi incantava, e lei lo sapeva benissimo.”
Il contrasto tra le due donne è evidente. Mimi indossa sempre colori chiari e sgargianti, lei invece è sempre in grigio o nero. E’ come vedere due realtà speculari di esistenze contrapposte che iniziano con lo sfiorarsi, finendo poi col prendersi completamente. La loro conoscenza è uno splendido gioco sullo sfondo di una città e dei suoi luoghi che contribuiscono a trasmettere emozioni che non devono scivolare via, ma restare intrise fino all’ultima goccia di pelle. I colori assumono un ruolo fondamentale, riflettendo gli stati d’animo mentre la luce e le sue infinite sfumature, il suo modo di cadere, sembra essere importante per spiegare in modo più profondo ed intimo le visioni e i desideri della protagonista. Da quando c’è Mimi la sua vita è soddisfacente, carica di amore e la donna giapponese è ormai diventata il suo unico insostituibile pensiero. Più passano i giorni e più sono vicine, di una vicinanza oltre che fisica, soprattutto mentale, percettiva, esistenziale. Si avverte chiaramente un connubio di intenzioni e di visioni che le rende complementari.
“E che stesse cercando come me di conoscere un luogo, la città, a fondo, di annusarlo e impararlo a memoria, sentirlo nell’aria e sulla pelle. Mi piaceva avere questa splendida compagna di gioco, insomma, così tanto che non volevo pensare che se ne sarebbe andata via di casa prima o poi.”
I sensi sono altamente ricettivi. L’intero romanzo ne è permeato. L’autrice li utilizza tutti per sentire e farci sentire al di là della superficiale percezione delle cose. Le visioni, gli odori, i rumori, sono in stretta relazione tra loro e si alternano senza tregua, donandoci immagini che ci fanno essere lì pur non essendoci, perché ci basta davvero poco per entrare in quel mondo fatto di mistero e delicatezza, visioni raffinate ed eleganti così come i sentimenti, tenuti nascosti per essere meglio custoditi, per non privarli della loro sacralità e non renderli banali. Le sensazioni sono forti, sono umane ma hanno anche qualcosa di sacro, di superiore, di speciale. Anche il modo in cui la protagonista guarda Mimi travalica il senso umano dell’apprezzamento per finire nell’adorazione. Ella non la tocca quasi per timore di svilire quel corpo così perfetto, quell’odore “che era sempre buono e forte e sapeva di tè e bambù.”
Nello stile dell’autrice non c’è quella voglia di autocelebrazione attraverso l’uso eccessivo di metafore, forme poetiche o parole altisonanti e melliflue. Le descrizioni sono semplici e se potessi fare un paragone, usando il linguaggio della fotografia, direi che sono in bianco e nero perché sono essenziali, sono quello che sono, non hanno bisogno di colori pronunciati o di sfumature impazzite di luce per impreziosirsi, per abbellirsi, camuffando mancanze di senso e di significato. Il bianco e nero è privo di distrazioni, di inutili astrazioni, il bianco e nero è così come lo vedi, sempre a metà strada tra la luce e l’oscurità.
La vita della protagonista cambia quando Mimi le confessa di essersi innamorata di lei. Senza giri di parole, senza esibizionismo, senza romanticismo sdolcinato, solo con un piccolo tremore delle mani accompagnato da un secco “Mi sono innamorata di te.” Questo basta ad aprire le porte di un nuovo mondo, di una stanza di giochi fatta solo di presente, senza un domani. Questo amore è un calore bianco, è fatto di silenzio, perché non ha bisogno di parole e si nutre della sensibilità delle due donne che appartengono a due paesi diversi, lontani, ma che hanno la stessa delicatezza d’animo che le permette di sfiorarsi con la stessa luce del tramonto.
Ormai l’universo della protagonista è fatto di salvezza e quiete, in quella casa dove vive con Mimi e sua zia e dove si è creata il suo sogno perfetto nel quale il mondo, rumoroso e violento, non può entrare, almeno non ancora. Spesso però si domanda se il legame che sta vivendo con questa donna fantastica esista anche nella realtà o solo nel loro piccolo universo che involontariamente si sono create. Il tempo saprà risponderle, nel modo più sorprendente possibile.
“Ma le appartengo in quale dei due mondi? Nel nostro o in quello reale? O in tutte e due?”
Le descrizioni dei luoghi e delle persone, oltre ad essere fatti sempre con occhio fotografico, esaltando determinati aspetti come la disposizione delle cose, la luce ed il colore, evidenziano come la protagonista si ritrovi perfettamente in quella città, in quel paese che sembra calzarle a pennello, addirittura le è necessario. C’è armonia nelle parole, un suono musicale, una cadenza ritmica che non stona mai. E’ come vedere un bicchiere colmo d’acqua fino all’orlo ma senza che mai una goccia cada all’esterno, perché è tutto perfettamente in equilibrio, un equilibrio fiabesco, magico eppure reale. Il rapporto tra lei e Mimi si fonda sul silenzio e sul reciproco rispetto, è fatto di salvezza reciproca, non esplicitata, non richiesta eppure così necessaria.
“Ti raggiungo ovunque tu sia.”
Sembra una frase come un’altra eppure quando l’ho letta mi sono chiesta, è questo l’amore?
Entrambe sentono la necessità di salvarsi reciprocamente, di prendersi cura l’una dell’altra e lo fanno in un modo così intimo e privato. Lo stile dell’autrice riflette la storia che racconta, priva di fronzoli, banalità, di capricci. Il loro amore è asciutto, pulito, profondo così com’è il carattere di colei che lo vive: essenziale.
“Io detesto aggiungere: quello che amo è togliere, avere l’essenziale.”
Ed è quello che l’autrice fa per tutto il romanzo, raccontando in modo delicato e sottile, quasi a bassa voce, le impressioni e le sensazioni di questa storia nella quale persino il loro amore, così forte, sentito, fisico e mentale è sempre trattato con premure, persino gentilezza per evitare di sporcarlo. Ama il Giappone e il senso di rispetto che permea qualsiasi tipo di rapporto e sembra quasi che questo romanzo, il modo in cui è stato scritto, così delicato e soffuso, sia un omaggio proprio verso quella cultura così rispettosa e gentile di cui l’autrice sogna di far parte.
Ma "Tokyo love" non è solo un romanzo d’amore, è molto altro, è soprattutto la storia di un grande mistero. La protagonista scoprirà un segreto che rischierà di mettere in discussione tutto ciò in cui ha creduto fino a quel momento. La zia le rivelerà la vera storia di Mimi, una storia oscura ed inquietante. La storia di una bambina cieca che aveva il dono delle premonizioni e che all’età di 17 anni muore affogata nel mare. Il giorno dopo recuperano il suo corpo e la sua definitiva scomparsa dal mondo viene celebrata con un sontuoso funerale. Il problema è che dopo tanti anni, la zia si vede comparire davanti agli occhi proprio la stessa Mimi, ovviamente cresciuta ma non più cieca. La donna rimane sconvolta da questa rivelazione, comincia a dubitare di cosa sia reale e cosa non lo sia ma la zia cerca più volte di farle capire che non c’è alcuna spiegazione logica a ciò che è successo e l’unica cosa da fare è accettarlo per quello che è.
All’amore e al mistero, si aggiunge dunque anche l’alone soprannaturale che intensifica il proprio fascino inquietante quando lei si rende conto che Mimi ha bisogno degli altri esseri “vivi” per esistere.
“Senza noi due Mimi non sapeva come esistere.”
E’ straordinaria la naturalezza con cui la presenza di Mimi venga narrata. Una donna che doveva essere morta e che è morta da bambina in fondo al mare e che è tornata portando con sé un segreto inconfessabile. E’ un essere speciale di cui è impossibile comprendere la natura. Ma la sua inafferrabilità contrasta con la sua fisicità di donna immediata, pratica. E’ reale o meno? E’ morta o non lo è? Mimi è fatta così:
“Lei fa le cose, le fa e basta, non dà nessuna spiegazione perché per lei è tutto semplice e immediato.”
Non usa molte parole, agisce e ciò che vuole, lo ottiene.
“Mimi non è come noi, non è come nessuno. E’ una specie di sogno, di astrazione, che ha l’aspetto e l’immediata concretezza di un animale.”
E’ molto inquietante questa consapevolezza perché Mimi non può essere spiegata, ella esiste e non esiste e fa parte inesorabilmente di quel sogno dentro il sogno che la protagonista sta vivendo da quando ha scelto di vivere a Tokyo.
La narrazione di questa parte del romanzo, nel quale elementi reali e magici si confondono, diventa riflesso di una dimensione surreale in cui la verità e l’illusione si mescolano perché come dice lei stessa:
“In un mondo senza tempo e senza spazio, tutto dovrebbe coesistere, sempre allo stesso momento e nello stesso luogo.”
"Tokyo love" è il racconto di questa incredibile storia che parla di vita e di morte oltre la vita e di vita oltre la morte, proprio come un eterno ritorno, un circuito che si ripete all’infinito e per uscire dal quale è necessario sacrificare qualcosa. Cos’è la vita se non un costante richiamo verso la morte?
Questo romanzo è permeato, persino esaltato da questi continui richiami, dalla presenza di fantasmi silenziosi che senza saperlo sono parte costante di noi.
Racconta di un amore vellutato, fatto di seta che scivola su due corpi di donne che non vedremo mai spogliarsi, perché non è del loro legame fisico che questa libro parla, bensì di un legame misterioso e profondo che affonda le proprie radici nel silenzio e nel non detto e nel fondo del mare. Mai come adesso le parole sono state così preziose, tanto da non essere sprecate in inutili virtuosismi da baraccone. La ricchezza emerge invece dalle immagini, dai suoni, sinonimi di vita e della presenza dell’eternità di un mondo che non finirà mai e che troverà sempre il modo per tornare.
I luoghi diventano condensazione degli stati d’animo della protagonista, un rifugio, una salvezza, un dono e una destinazione scelta. La luce e i suoi rumori sono essi stessi il respiro, l’aria che si inietta nei polmoni, e spazza via tutta la polvere permettendo di cogliere oltre la superficie delle cose. Tutto sembra essere avvolto da una densa atmosfera onirica che accarezza e soffia come un vento piacevolmente caldo sulle vicende che scopriamo e mai, nonostante sia così pressante la presenza della morte e del dolore, ho avvertito risentimento o disillusione. Ho sentito invece una profonda consapevolezza di ciò che non può essere afferrato, la tranquillità e la saggezza di muoversi come quel vento, accogliendo gli eventi, accompagnandoli, senza sbatterci contro.
Poesia, visioni, amore e mistero, universi paralleli che combaciano. Vita e morte sono i delicati tasselli che compongono questa storia. Ognuno di essi troverà il suo posto definitivo e quando anche l’ultima pagina sarà stata sfiorata, ci sentiremo lasciati in sospeso, oltre la coltre buia dell’ignoranza ma con una nuova consapevolezza. Ad un passo dall’essere stati parte di un sogno, il cui risveglio non potrà mai essere così terribile come potrebbe essere il non averlo mai vissuto.
Tokyo Love
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