Tutta colpa dei tarli
- Autore: Paola Zoffi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Che aria d’Italia di una volta nei romanzi di Paola Zoffi, come Tutta colpa dei tarli (Gaspari Editore, 2022).
Nativa di Romans d’Isonzo (Gorizia), la scrittrice vive a San Giorgio di Nogaro, dove svolge un’intensa attività letteraria. Da citare i titoli Il delitto Olga Seitzer ed Essenza di tabacco e robinie, del 2016, finalista nel Premio Latisana.
Quest’ultimo libro è ambientato a Udine, nel 1930 e rilancia un bel personaggio presentato a lettrici e lettori nel precedente, Del giovedì e altre disgrazie, pubblicato sempre da Gaspari nel 2018: la vedova bianca Isotta Canciani, una friulana irresistibile, ricca di carattere, immaginazione e intraprendenza, tanto curiosa e simpaticamente impicciona.
L’Italia che fa rivivere (in questo caso soprattutto del Nord-Est) è quella del Ventennio, dei podestà, della lirica trasmessa dalla radio, degli abiti femminili al polpaccio, dei primi film sonori ancorché in bianconero e dei primi innamoramenti collettivi per i protagonisti dello spettacolo e degli sport, come Primo Carnera, il gigante di Sequals (Pordenone), campione dei pesi massimi di pugilato prestato al cinema.
Le immagini dell’Italietta borghese prima dei telefoni bianchi sono ben vive nelle pagine di Paola Zoffi, che su Facebook pubblica l’iconcina del suo volto incorniciato da una capigliatura acconciata tipicamente alla maschietta, à la garçonne per essere più precisi. Una cupoletta di capelli scuri tagliati poco sotto le orecchie e caratteristica frangetta, alla maniera di Louise Brooks, attrice, cantante e ballerina americana degli anni Venti-Trenta, citata peraltro nel romanzo. Per avere altri particolari sull’acconciatura dell’autrice: avete presente la pettinatura della mitica Valentina di Crepax? Ecco, esattamente quella.
Badate che anche Isotta porta i capelli alla Louise Brooks, le labbra rosse e gli occhi cerchiati d’ombretto. Va bene, la chioma è grigia, ma che volete, ha superato i sessanta e comunque fa la sua figura, accanto alla coetanea Lidia. Delle due, la signora Canciani sembra “di certo la più mondana ed esuberante” (perciò considerata da molti una senza dio, con “suo sommo diletto)”.
Se l’amica è “intonsa zitella”, pur continuando a sognare di trovare marito, Isotta è stata sposata. Sì, un mese scarso, quarant’anni fa, prima che quel donnaiolo impenitente si desse alla fuga, scomparendo dalla sua vita e dal Friuli. Dichiararsi vedova, sebbene non tale allo stato civile, le ha guadagnato il rispetto compassionevole della gente, le ha evitato tante spiacevoli spiegazioni e soprattutto l’ha esonerata dall’esibire metaforicamente in giro il “copricapo” regalato da quel “debosciato”, “roba che ad una battuta di caccia al cervo l’avrebbero impallinata all’istante”.
La tiepida delicatezza nei confronti delle vedove è un’immagine efficace del modo di pensare allora, che Paola Zoffi è bravissima a ricostruire. Un altro esempio viene dall’arte di trovar marito alle altre, alla quale si dedicavano numerose signore dell’epoca.
La signorina Lidia Bortolussi attribuisce il mancato matrimonio in età canonica (allora tra i 18 e i 59) al lavoro svolto fino a qualche anno prima: maestra elementare in una scuola della città, un impiego rispettato, ma che d’abitudine comporta il nubilato. Secondo Isotta, però, proprio il trascorso di educatrice materna potrebbe rappresentare una dote apprezzabile agli occhi di un maturo consorte, sempre a condizione che l’amica acceda a trovarne finalmente uno.
La Canciani non si dà pace: perché tranne Lidia tutti i rampolli dei Bortolussi, tanto poco avvenenti per non dire sgraziati, sono riusciti a mettere su famiglia? Cosa avrà mai che non va? Le vesti le calzano a pennello sulla sua corporatura: novanta chili, qualcuno in più e sarebbe un’opera d’arte. Di Rubens.
Certo, grava il pregiudizio negativo sulle nubili oltre i trent’anni (zitella finora, zitella per sempre), ma sono cattiverie infondate. Forse non ha ancora incontrato la persona giusta. Un bel vedovo da seconde nozze sarebbe perfetto. Ecco cosa ci vuole, anche se occorre misurarsi con una concorrenza nutrita: in quel 1930, nella provincia di Udine l’esercito di donne sole tocca quasi le 11mila vedove e nubili, tra i 50 e i 59 anni, a fronte di poco più di 4mila tra celibi e vedovi.
Il colpo di fulmine non c’entra, l’importante è che il candidato non dispiaccia. L’amore non è indispensabile per l’unione, se c’è tanto meglio. Basta accontentarsi di un grande affetto, di una buona intesa e di un sano affiatamento.
Isotta conta di promuovere appuntamenti conviviali per far conoscere all’amica almeno tre tra i migliori uomini disponibili sulla piazza udinese.
Insistere sulla “matrimoniabilità” è la risorsa obbligata per non rivelare niente della trama gialla di un romanzo brillante e ironico, scritto in punta di penna. A quanto pare, l’autrice non ammette anticipazioni, ma non sarà un “delitto” rivelare che prende le mosse dal ritrovamento del cadavere di uno sconosciuto...
Tutta colpa dei tarli
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