Uccidere spazi. Microanalisi della corrida
- Autore: Matteo Meschiari
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
Perché “Uccidere gli Spazi”? Questa la prima domanda che si pone il lettore di questo che non vuole essere un saggio ma un attento studio ed un’analisi in cui emerge la pochezza e limitatezza delle categorie intellettuali di riferimento. Le culture più diverse apprezzano le corride, anche quelle che certo non hanno questo spettacolo come facente parte del loro patrimonio culturale e tra il pubblico delle corride vediamo infatti rappresentate le più diverse nazionalità.
Uccidere spazi. Microanalisi della corrida non è uno studio che ha precise pretese antropologiche, ma si analizza come nella corrida si assista ad una ripetizione infinita di un’esibizione e quello che ci si chiede è come si identifica lo spettatore tipo.
La corrida è una strana piazza più volte ricordata da grandi scrittori della letteratura di qualità; si vuole in questa sede considerare il fenomeno in fase di “montaggio” con pretese dialogiche; vi sono infatti sul web blog sostenitori e non della corrida. In questo senso il lavoro di Matteo Meschiari ha una sua forma particolare, sperimentale, essendo al contempo un misto tra saggio e libro di aforismi.
La corrida è un luogo, uno spazio, un intervallo e quel che si viene a creare è l’eliminazione, l’uccisione degli spazi tra torero, toro e pubblico. La corrida genera una riflessione sul tempo e sul rapporto tra uomo e animale già presente e descritta negli affreschi dell’età paleolitica, nel mito del Minotauro e nella pittura rupestre. Altro connubio si ha con la biologia, con l’etologia e con quella che viene definita la sociobiologia del massacro. Viene richiamato Darwin, la neuropatologia, l’inconscio e l’indicibile dell’occidente.
Nella corrida non si ha un rapporto e/o un conflitto tra cultura e non cultura ma una mescolanza di culture diverse in quanto anche il toro è frutto di una cultura e vi è un continuum bioculturale. Non siamo nella categoria del sacrificio come inteso nella vulgata della tradizione cattolica, ma assistiamo ad uno scontro tra “umanità” diverse essendo il toro un “non” biologico, modificato biologicamente. A questo si unisce la teoria della narrazione ed è la visione narrativa che da un senso un significato. Si richiama l’ermeneutica, il decostruzionismo e la narrativa che ha dato un vantaggio evolutivo.
Nella corrida si fa rimando al conflitto tra bios e logos oltre che a quello tra diverse spazialità; si realizza una castrazione del toro ma anche quella figurativamente del torero. Nella corrida il toro cerca subito la aree sicure dove rifugiarsi, si pone logisticamente nella Querencia, lo spazio dove stare e quel che si crea in quel momento è un animale a sei zampe, fondendosi l’uomo ed il toro in una solo entità, in un solo spazio che poi si azzera con l’abbattimento dell’animale. Vi è al contempo un rapporto a due, a tre e con se stessi, un danza a tre (toro,torero e pubblico); si materializza una “umanimalità” in cui vi è un’umanità ed una animalità ma quale umanità è in gioco?
Si tratta del problema dell’ethos e si fanno riferimenti e confronti con Hidalgo e con il Franchismo come presunto simbolo e modello di coraggio ma i tempi in cui ci si muove sono diversi. Nella figura del torero si vedeva un transfert dell’umanità, una sorte di zoosadismo ma qui non vi è nulla di questo; nel libro di Meschiari la cifra di lettura è la contemporaneità non l’uomo che rischia per uccidere l’animale, non come si uccide ma perché si uccide e si tratta pure dell’etologia del toro che allorché manifesti chiari ed inequivocabili segnali di inferiorità, vince.
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