Un mese in campagna di James Lloyd Carr

Tom Birkin, veterano della Prima guerra mondiale, arriva nel villaggio inglese di Oxgodby con l’incarico di restaurare un dipinto medievale in una chiesa. Reduce dal fallimento del suo matrimonio e dagli orrori del conflitto a cui ha preso parte, che lo ha lasciato con un tic nervoso al viso e notti popolate di incubi, nella bucolica tranquillità dello Yorkshire Tom troverà conforto e un rinnovato senso di speranza e fiducia nel futuro.

Un mese in campagna di James Lloyd Carr (Fazi, 2013, traduzione di Silvia Castoldi) è un libro che racconta una parentesi felice nella vita di un uomo, perfetta nella sua intoccabile distanza. Le giornate scandite dal paziente lavoro per riportare alla luce un’opera d’arte nascosta dal tempo e punteggiate dagli incontri con la gente del posto diventano la cura per un animo sofferente. E così, mentre il dipinto murale torna alla luce, lo spirito di Tom si rigenera, nutrito dalle cose semplici della vita – una chiacchierata con un amico, i suoni e i colori della campagna d’estate, il profilo meraviglioso di una donna – che ne dimostrano la preziosa bellezza.

Dentro i contorni di una storia semplice, raccontata con eleganza e umorismo, si delineano pensieri profondi.
Nella dedizione al suo lavoro di restauratore della fatica artistica altrui, che corre parallela a quella dell’amico Moon, impegnato nella ricerca di una tomba perduta nei dintorni della chiesa, Tom trova uno scopo e uno strumento di guarigione.
Riportando alla mente i mesi passati a Oxgodby, a distanza di anni il protagonista ne rivede intatto il senso di felicità, di appagamento, ed è consapevole di come andarsene da lì, senza mai tornare, abbia contribuito a custodirne la perfezione.

La gioia dura un attimo, non è fatta per durare, ma possiamo cullarci nella nostalgia di un momento, nella possibilità rimasta sospesa, incompiuta, di un amore che ha risvegliato i nostri sensi e il nostro entusiasmo, riconsegnandoci l’attaccamento alla vita che avevamo perso.