Un soldato qualunque. Un ardito al fronte 1917-1920
- Autore: Mario Da Prato
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Un socialista nei reparti d’assalto, poco più di un secolo fa, Cavaliere di Vittorio Veneto e croce di guerra per avere combattuto nel 1915-18, in seguito politico di fede libertaria, egualitaria e riformista. Nella sua Barga, Mario Da Prato è stato per un trentennio consigliere comunale del PSI, premiato nel 1988 “per una vita dedicata alla comunità e all’ideale socialista”. Portava con orgoglio il garofano rosso, ma sul Piave aveva indossato con merito le fiamme nere degli Arditi, in prima linea.
Classe 1898, orfano bianco di padre emigrato negli USA senza più contatti con la famiglia, Mario era tipografo, occupato in una fabbrica di munizioni al momento della chiamata alle armi, nel 1917, prima nell’89° Fanteria a Pavia, poi in zona di guerra nel 141°, Brigata Catanzaro, in Veneto per addestramento. Accolta la domanda di trasferimento volontario nel 24° Reparto d’assalto (tutto migliore: trattamento, rancio, equipaggiamento, impiego bellico), ha combattuto sull’Altopiano di Asiago, in Valdastico, Val d’Arsiero, sul Piave a giugno 1918 e nella zona del Tonale. Intanto, il reparto era stato denominato X° Arditi.
Dopo la fine delle ostilità con l’Austria-Ungheria, è stato con i commilitoni in Libia. Tornato nel Triestino, ha vissuto la confusione tra le truppe per l’impresa fiumana di D’Annunzio e l’insubordinazione collettiva alla notizia del trasferimento in Albania, per rafforzare il corpo di spedizione italiano. È la sommossa di cui è stato accusato senza prove (congedo soltanto nel 1922, per scontare la condanna), già esposto agli occhi dei superiori per una lettera pubblicata da una testata “rossa” con la sua firma in chiaro.
Ha riportato in un diario le esperienze belliche e il turbolento biennio successivo ancora in divisa, comprese le accuse di sovversione e il processo militare per istigazione alla rivolta nel 1920. A trascrivere quelle note è stato l’unico nipote, figlio del terzogenito Ubaldo. Con la collaborazione sensibile dell’editore lucchese Andrea Giannasi, Francesco Da Prato ha voluto ricordare il nonno e diffondere una testimonianza di vita in una fase di guerra e non solo in Un soldato qualunque. Un ardito al fronte 1917-1920 (2021). Sa di dovere tanto, come tanti, all’esempio di Mario, al suo spendersi per la comunità, ai fermi ideali socialisti, alla passione per la vita pubblica e la politica. Non nasconde il dubbio che il nonno oggi non si sarebbe trovato a suo agio in una società individualista, non più guidata da un’etica collettiva, ma è sicuro che avrebbe continuato a battersi come ha sempre fatto, per affidare alle nuove generazioni un mondo migliore.
Sicché aveva indossato il fez degli arditi dell’Esercito Regio quel Mario Da Prato che negli anni ’60, col suo basco e certi comportamenti rappresentava in piazza a Barga la personificazione di Mario Nenni, leader dei socialisti italiani. Lo testimonia, in una sentita presentazione, lo storico barghigiano Umberto Sereni, già docente dell’Università di Udine. Mettendo a fuoco le ragioni dell’adesione volontaria all’arditismo, sostiene che il giovane, già socialista, pur non dimostrando entusiasmo per la guerra abbia voluto rispondere alla chiamata del Paese per senso del dovere, convinto che l’Italia dovesse vincerla contro gli Imperi centrali. Erano le colonne della reazione e della conservazione in Europa, andavano sconfitti per far trionfare la libertà. Ricorda molto un passaggio dello strepitoso romanzo del liberalsocialista Emilio Lussu, altro combattente nella Grande Guerra, Un anno sull’altipiano. Incalzato dallo stolido generale Leone, che con modi intolleranti lo accusa di non amare la guerra, il giovane ufficiale esce dall’imbarazzo rispondendo di credere “in una pace vittoriosa”.
Mario Da Prato ha combattuto per abbattere la tirannide e lo ha fatto tra gli arditi, truppe speciali impiegate nelle azioni più rischiose. Ha sempre conservato il ricordo delle pene, dei sacrifici, dei rischi condivisi con gli altri soldati. Da giovane, lo stesso Umberto interrogava Mario sulle sue esperienze militari, quando questi raggiungeva papà Bruno Sereni nella tipografia dove si stampava “Il Giornale di Barga”.
La divisione era rimasta mobilitata ben oltre il 4 novembre 1918. Dalle annotazioni di Da Prato si apprende della rivolta di Trieste, ignorata dai testi di storia. Nel giugno 1920, le truppe in attesa d’imbarco si erano ammutinate, per non andare a Valona: gli albanesi reclamavano libertà per il Paese delle Aquile ed erano insorti contro le forze di occupazione. La spedizione italiana in Albania era stata decisa dal Governo Giolitti, che non voleva rinunciare a quella testa di ponte nei Balcani.
Dei fatti di Trieste, noti come rivolta di San Giacomo, dal quartiere dove divamparono, Da Prato offre una testimonianza attendibile, che concorre a suffragare studi recenti e tesi di laurea sull’argomento. Di rilievo anche la testimonianza dell’orientamento “a sinistra” del suo reparto di Arditi. Era quello di cui Mario dava notizia nella lettera al giornale milanese “L’ardito rosso” ed è la prova che non tutte le Fiamme Nere hanno alimentato l’estremismo fascista. La pubblicazione costò un mare di guai all’ardito barghigiano. Inaspettata la solidarietà di una testata conservatrice, che non esitò a difenderlo, riconoscendo la sua buona fede.
Tornò a Barga solo nel luglio 1922 e riprese il lavoro in tipografia.
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