Una specie di paradiso
- Autore: Franco Giliberto, Giuliano Piovan
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2018
Ha un nome e un cognome italiano la prima circumnavigazione marittima della terra, tra il 1519 e il 1521. È quello del vicentino Antonio Pigafetta, uomo di spada ma soprattutto di lettere, autore della relazione sulla spedizione di Ferdinando Magellano, che Franco Giliberto e Giuliano Piovan dopo un’accuminatissima ricerca hanno trasformato in un immaginario memoriale privato del nostro antico connazionale.
È nato così un brillante romanzo di storia e avventura: “Una specie di paradiso” (Marsilio Editori, maggio 2018, 298 pagine 18 euro), resoconto narrativo estremamente attendibile del primo viaggio intorno al mondo, la straordinaria esperienza raccontata in prima persona da Pigafetta.
Gli autori hanno compulsato arte e documenti antichi ufficiali, mettendo “in società” le proprie esperienze. Giuliano Piovan, capitano di lungo corso, ufficiale di Marina, ha navigato su battelli militari e mercantili. È consulente navale e, ovviamente, un tecnico della navigazione. Il cronista veneziano Franco Giliberto è stato legionario in Indocina, poi inviato per “La Stampa”, restando pur sempre giornalista d’assalto. Nel corso di un’inchiesta, è arrivato a fingersi malato di mente per introdursi in un ospedale psichiatrico e raccontarlo dall’interno.
Intraprendenza, metodo, capacità di scrittura e competenza nautica sono perciò al servizio di un prodotto letterario che in Spagna ha ottenuto giudizi molto positivi, premio di un impegno che ha portato a mettere a fuoco vicende e particolari romanzeschi nei tanti atti e testimonianze accumulati fin dal 1523.
Antonio Pigafetta era nato nell’agosto 1493. Un parto difficile, podalico, che aveva straziato la povera mamma Lucia e avvilito papà Giovanni, al punto da fargli ignorare il borbottio del girovago Timoteo. Questo bizzarro vagabondo, con arie da improbabile astrologo, gli andava anticipando la nascita di un bel maschio, che per secoli sarebbe stato ricordato come il più importante cittadino di Vicenza.
L’infante era sopravvissuto e cresciuto con la passione per la lettura, soprattutto la letteratura di viaggi. A ventidue anni, aveva imparato a tirar di spada ed era diventato cavaliere di Rodi, con tanto di rito d’investitura. Più dello spadone a due mani da un metro e mezzo, preferiva impugnare la penna e intingerla nel calamaio e tuttavia gli servirà tutto, acciaio, scrittura e cultura, nell’avventura che intraprenderà. Lo condurrà al seguito del condottiero ed esploratore portoghese, insieme al nuovo migliore amico, Duarte Barbosa, cognato dello stesso Magellano e ad un’armada di 265 marinai e soldati. Gli italiani a bordo erano 28, i due autori sono riusciti a ritrovare i nomi di ciascuno di loro.
Il fraterno compagno d’infanzia, Jacopo da Breganze, sarebbe stato volentieri della partita, ma la forza fisica e le capacità militari lo avevano avviato ad altri impegni in un’Italia scossa da guerre continue. Nel salutarlo, Antonio si commiata con dolcezza dalla sorella di questi, Cecilia. Qualcosa vorrà dire.
Pigafetta parte con Magellano a buscar l’oriente, cercando nuove rotte attraverso l’oceano che proprio don Ferdinando battezzò Pacifico.
Strepitoso il passaggio al Capo Tempestoso, el paso delle Tempeste, scoperto tra i due grandi mari. Un viaggio al servizio della Spagna per il capitano generale portoghese, non un gigante, come Antonio si aspettava, solo un ometto, con una gamba rigida e l’andatura zoppicante. Ma la stazza era solida, le spalle larghe. Al primo incontro riserva uno sguardo di simpatia al ventinovenne italiano. Mai però entrambi avrebbero pensato che Antonio Pigafetta da Vicenza sarebbe diventato anche nei secoli a venire il biografo ufficiale del navigatore.
Un convoglio di cinque navi. Rotta a levante, per scoprire cosa c’è in quell’altro sconfinato oceano. Un’avventura temeraria, che diventa un romanzo eccellente per chi ama u’azione spinta dal vento e bagnata da spruzzi d’acqua salata.
Dopo 2 anni, 11 mesi e 17 giorni, riapprodarono in Spagna in 18, a bordo di un solo battello. Magellano non era con loro.
Il 27 aprile 1521, aveva guidato una spedizione punitiva sull’isola di Mactan, nell’arcipelago delle Filippine. 60 uomini, ben armati e protetti da corazze, per dare una lezione all’infido re locale Cicapulapu, capace però di mettere insieme ben 1500 abili guerrieri. A conti fatti, Magellano ha sotto mano solo 49 uomini per l’azione, dovendo lasciarne 11 sulla spiaggia, a guardia delle imbarcazioni.
Si addentrano nell’isola, dove gli indigeni hanno seminato impedimenti per ostacolarli. Quando un’orda urlante corre contro di loro, le armi da fuoco delle navi lanciano proiettili, che però arrivano fiacchi da distanza eccessiva. Dapprima sgomenti, i filippini si rinfrancano e subissano gli invasori di frecce e perfino di palle di fango, che intralciano la vista. Si dimostrano scaltri: nel corpo a corpo puntano al volto e agli arti, meno protetti.
Gli europei arretrano verso la spiaggia, cercando di proteggere Magellano, ferito alla gamba sana. È colpito alla guancia da un guerriero, lo abbatte, ma gli sono addosso in tanti, vicino all’acqua. Guarda i suoi per l’ultima volta, prima d’essere sopraffatto.
Pigafetta non nasconde le lacrime. Il corpo non sarà mai restituito. Per i superstiti comincia il ritorno.
Una specie di paradiso. La straordinaria avventura di Antonio Pigafetta nel primo viaggio intorno al mondo
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Acuminato, dixit.