Ciascuno di noi è Uno nessuno e centomila, scriveva Pirandello, e non è mai stato più vero. Il caso Ferragni ha acceso i riflettori sulle dinamiche oscure del mondo social, in particolare sul contrasto tra apparenza e realtà e sul modello di felicità e perfezione “tossica” celebrato dai social network.
Oggi si mette in discussione il ruolo dell’influencer, in particolare l’autenticità del suo rapporto con il pubblico - nota bene: “autenticità” è stata la parola più pronunciata da Chiara Ferragni in risposta alle domande di Fabio Fazio. L’imprenditrice e influencer si è definita a più riprese una “persona autentica” - e su questo non entriamo nel merito - ma il vero problema è il contesto in cui questa presunta autenticità è collocata, ovvero un mondo digitale astratto, effimero e tutto sommato fittizio, fatto di interazioni basate su cuori, like e commenti, fondate, soprattutto, sull’approvazione altrui. Quanto può esserci di effettivamente “autentico” nel mondo dei social?
Si tratta obiettivamente di mettersi in vetrina, di essere costantemente esposti all’attenzione del pubblico, sia nel bene che nel male. In un interessante documentario uscito alcuni anni fa su Netflix, dal titolo The Social Dilemma, si lanciava l’angosciante avvertimento sulle reali dinamiche dei social network: “se non paghi il prodotto è perché il prodotto sei tu”. Ed è quello cui drammaticamente assistiamo oggi: una persona diventa il proprio brand.
Ora la domanda principale sembra essere: “Chi è davvero Chiara Ferragni?” Ma non è la povera Chiara, dopotutto imprenditrice di sé stessa, la vittima di questa situazione né tantomeno il capro espiatorio; in realtà lo siamo tutti. La vera domanda dovrebbe essere: “Chi siamo noi uomini del XXI secolo?” Che ne è stato del concetto di identità frammentato, polverizzato e infine inglobato nel flusso senza controllo dei social network tra foto, post, reaction e commenti che hanno dilatato l’idea stessa di identità trasformandola in una bolla egoriferita che pare sul punto di scoppiare?
Torna in auge la profezia di Uno nessuno e centomila di Pirandello che indaga un tema delicato e oggi imprescindibile: quello dell’identità nell’era dei social network.
Scopriamo perché le parole di Pirandello oggi sono ancora attuali.
Uno nessuno e centomila: l’identità secondo Pirandello
Link affiliato
Il romanzo di Pirandello con protagonista Vitangelo Moscarda, scritto nel lontano 1926 dopo una gestazione pluridecennale, non è mai stato più attuale o, se non altro, non è mai stata più attuale la sua morale. La visione pirandelliana oggi si concretizza nel mondo dei social network che è il vero specchio frammentato in cui possiamo rifletterci scoprendo, con smarrimento, di non riconoscerci. L’immagine che offriamo agli altri di noi sta diventando addirittura più importante dell’idea che abbiamo di noi stessi e questo, a ben vedere, non è un processo di cui abbiamo piena consapevolezza ma che ultimamente si sta esacerbando nel continuo rincorrere una presunta approvazione altrui che in realtà non esiste, è inconsistente come l’astrazione digitale che trasforma la vita vera in una serie di immagini a colori e video a scorrimento.
I cosiddetti followers sono solo un numero, non sono carta moneta; non sono persone in carne e ossa sulle quali possiamo effettivamente contare oppure fondare la nostra reputazione. Una nuova figura professionale che oggi si sta formando, non a caso, è proprio quella del Reputation Manager: un esperto in reputazione che sappia tutelare la privacy e l’identità delle persone, evitando scandali, fake news o, peggio, vere e proprie calunnie. La reputazione oggi, nell’epoca social, conta più che mai e l’immagine che gli altri hanno di noi - ovvero le centomila identità che non possiamo controllare - è moneta sonante.
Il caso Ferragni lo dimostra: il pubblico plaudente si trasforma nella folla che urla “colpevole” e punta il dito accusatore, demolendo il sistema, facendo crollare il castello di carte. Il calo sistematico dei followers viene quotato in borsa ed è un fatto mai visto: ci troviamo di fronte a una dinamica nuova e, per certi versi, ancora sconosciuta. L’unica certezza è che non è la fine di tutto e di sicuro Chiara Ferragni riuscirà a rialzarsi, a uscirne comunque a testa alta; ma il punto non è il caso Ferragni, il punto è che questa nuova idea di identità fondata sulla reputazione e sulla percezione altrui è pericolosa e richiede una riflessione approfondita.
Il dramma della popolarità, il suo drammatico voltafaccia, ha già una lunga tradizione letteraria e cinematografica alle spalle; ma è la prima volta che va in onda in presa diretta. Sono fenomeni che sfuggono al controllo razionale e sfumano nella deriva sociologica, rendendo drammaticamente più vera l’idea di Pirandello e il suo romanzo Uno, nessuno e centomila.
“Uno nessuno e centomila”: cosa significa
Ciascuno di noi è “uno”, affermava lo scrittore e drammaturgo siciliano, ovvero l’immagine che una persona ha di sé stessa; è “centomila”, nella percezione centuplicata dallo sguardo altrui ed è, infine, “nessuno” perché tutte queste immagini entrano in conflitto annullandosi tra loro. Questo è il motivo per cui il protagonista del romanzo di Pirandello, Vitangelo Moscarda, infine sceglie di essere “nessuno” rinunciando persino al proprio nome, dopo aver tentato invano di modificare la “maschera” che gli altri avevano posto su di lui.
La vicenda di Moscarda può apparire estrema, eppure, tramite uno svolgimento per certi versi iperbolico e quasi parodistico, dimostra il grande paradosso dell’identità: la nostra identità sociale, di fatto, è una maschera che noi stessi contribuiamo a costruire. Nel momento in cui Moscarda si trova a confrontarsi con le sue centomila identità - proprio come accade oggi agli influencer - ecco che decide di confonderle e, infine, di eliminarle, scegliendo di essere “nessuno”.
In quell’accorato appello all’autenticità, in quel riferimento al fraintendimento della comunicazione invocato da Chiara Ferragni durante la nota intervista, c’è l’essenza dell’“Uno nessuno e centomila” di Luigi Pirandello.: ovvero l’amara scoperta che il proprio io più autentico in realtà non corrisponde alla miriade di io centuplicati dallo sguardo sociale. I social network hanno aggravato questo fenomeno, drogandoci dell’approvazione altrui, è stato scientificamente provato che i like stimolano il rilascio di endorfine (ovvero gli ormoni della felicità): siamo tutti più felici e appagati quando riceviamo un like o dei complimenti, “che bello, che bravo, ti ammiro”, anzi, talvolta ne avvertiamo quasi il bisogno fisico, senza renderci conto di trovarci tutti esposti in una vetrina in bella vista. Finché gli ammiratori superano gli haters va tutto bene: ma che fare quando l’immagine che gli altri hanno di noi non ci corrisponde più? Cosa accade quando, come Vitangelo Moscarda, scopriamo che il nostro sé non si combina con i centomila alter ego che ci attribuiscono gli altri?
La realtà odierna vive di questa frammentazione, ed è il motivo per cui oggi il tema dell’identità - intesa proprio nella sua costante evoluzione, nel suo essere in divenire - è così centrale nelle narrazioni letterarie che privilegiano sempre di più l’autofiction o il memoir.
“Uno nessuno e centomila”: l’attualità di Pirandello
Siamo Uno nessuno e centomila e tutto sommato compiaciuti di esserlo, pubblichiamo post e foto e selfie nel tentativo costante di ribadire “sono io” e non ci accorgiamo che quel costante e reiterato “io sono” diventa un noi, si sdoppia, addirittura si moltiplica nelle condivisioni e nei like sino a smarrirsi nel “nessuno”, ovvero nell’incomunicabilità più totale. Viviamo nell’epoca della comunicazione a tutti i costi, ma a questa iper-comunicazione non corrisponde davvero la trasparenza né l’effettiva socializzazione. Siamo tutti reperibili, tutti raggiungibili, sempre; abbiamo profili social che clonano la nostra identità e a cui gli altri fanno riferimento supponendo, appunto, di parlare con noi; ma tutto questo ci rende davvero più socievoli o persino più amabili?
Pirandello definiva Uno nessuno e centomila, il suo ultimo romanzo, come il suo “libro più amaro” ma anche umoristico, di “scomposizione della vita”. Lo scrittore siciliano indagava la condizione dell’uomo a lui contemporaneo, probabilmente senza sapere di consegnarci una profezia dell’uomo futuro. Oggi siamo tutti Uno nessuno e centomila, ma probabilmente pochi, pochissimi di noi, ammetterebbero volentieri di essere “il signor Nessuno”: siamo talmente desiderosi di apparire, di comunicare, da non renderci conto che la comunicazione social è una gigantesca bolla dell’Io in cui non facciamo altro che ingigantire noi stessi e parlare di noi stessi e, questo il dato più allarmante, vendere noi stessi.
E in questo continuo ribadire noi stessi - nell’ipertrofico “io io io” che ci assedia - c’è, a ben vedere, molto poco di autentico perché, come giustamente ribadiva Pirandello, l’identità è un dilemma dalla conclusione tragica.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Uno nessuno e centomila”: da Pirandello alla società dei social
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Luigi Pirandello Storia della letteratura
Lascia il tuo commento