Vivere e pensare come porci. L’istigazione all’invidia e alla noia nelle democrazie-mercato
- Autore: Gilles Châtelet
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Io lo sapevo che sarebbe finita così. Che ci saremmo infine tutti americanizzati, capitalisticizzati. Che saremmo finiti col diventare massa zombiesca, nel senso romeriano del termine, cioè massa di morti-vivi(?) consumisti. Cioè progenie vacua-desiderante. Cioè sub-specie reificata, concepita/reputata/blandita apposta per le merci. Io lo sapevo che sarebbe andata a finire così. Lo sapevo dalla prima volta che ho visto film e partite di calcio interrotti dalla pubblicità con ogni scusa buona. È cominciata in sordina, come ossequioso adeguamento al trend della mercificazione su larga scala televisiva, ed è sfociata nella dittatura del Capitale mediante telecrazia. Significa persuasione occulta. Significa indottrinamento quotidiano. Significa finta-felicità, finta-socialità, finta-realtà, finta-libertà. E liberaci dai social e dai mass media, sarebbe bene aggiungere al padre nostro. Amen. O vedi di adattarti alla medietà della social tecnocrazia (opinioni insulse, reiterazione dell’ovvietà, appiattimento sul luogo comune, idolatria rivolta a influencer di basso spessore) o sei nessuno. O produci-spendi dunque esisti oppure sei “sfigato”. Nei casi migliori vieni chiamato “antico”. Antico come coloro che individuano nell’eutanasia di Carosello (1977) la fine del mondo dei consumi com’era prima. Prima dell’invasione nefasta di discoteche, yuppie, broker, berlusconismo, della Milano (dell’Italia) da bere. I prodromi su scala locale della deficienza/sudditanza globale. Del vivere di superficie. Del vivere di falsi sé. Del vivere per guadagnare (se ce la fai, altrimenti ti frustri) e per consumare. Del Vivere e pensare come porci, come rigurgita fuori dai denti il titolo del saggio-testamento del filosofo francese Gilles Châtelet (Meltemi, 2021).
Un libro da tenere sul comodino, da frequentare spesso, meglio se con coscienza. Oltre a una solida pars destruens, avanza riflessioni disalienate su come restare immuni al basso grado di dignità del pianeta, ostaggio dell’autocrazia capitalista. La nuova edizione di questo saggio “incendiario” (per usare la definizione di Mimmo Pichierri, che ne cura traduzione, prefazione e introduzione) ostenta una copertina apodittica: tinta roseggiante (rosa carne di porco) con anche una pin-up fasciata rosa-confetto. Sorriso da spot di dentifricio, dollaroni e borse per acquisti chic in una mano e nell’altra. I simboli dell’istigazione al benessere di facciata, allo spandere e spendere, all’"istigazione all’invidia e alla noia nelle democrazie-mercato”, come sentenzia il sottotitolo. L’invidia del consumatore compulsivo-desiderante (a caro prezzo esistenziale) e la noia che discende da vite coattate attraverso obiettivi (e ritmi) artificiali. Centosessanta pagine di teoria e prassi intorno all’afasia ontologica, attraverso l’istituzione capillare della medietà.
Secondo Châtelet l’uomo medio
“appare come il prodotto di una potente ingegneria socio-politica, che è riuscita a trasformare quello che Marx chiamava "il contadino libero d’Inghilterra", in cittadino-campione, atomo produttore-consumatore di beni e servizi socio-politici. Essere passato da carne da cannone a carne da consenso e alla pasta da infornare è certamente un "progresso". Ma queste carni si guastano presto: la materia prima consensuale è sostanzialmente soggetta a putrefazione e si trasforma nell’unanimità populista delle maggioranze silenziose, che non è mai innocente. Su questo populismo classico sembra ormai innescarsi un populismo yuppie - tecnopopulismo - che mette bene in mostra la sua postmodernità carnivora, pronta ad individuare e a digerire il best of dei beni e dei servizi del pianeta. Il punto di vista tecnopopulista si mette in mostra ormai senza complessi, nella speranza di riconciliare due spiritualità: quella del droghiere dell’angolo e del capo contabile - "i soldi sono soldi" - e la spiritualità amministrativa – un tempo un po’ più ambiziosa - dell’Ispettore delle finanze”.
Non è una frase fatta. È l’indice dell’estinzione della specie pensante: tutto gira intorno al denaro. Tutto è sacrificabile al denaro. A cominciare dal pensiero critico. Un’umanità omologata nella reiterazione del gesto di consumo e della dipendenza (altrettanto consumistica) dai media. Il terzo millennio è l’evo dei cori unanimi. Se ancora non è detto che raggiungeremo l’immunità di gregge, è certo invece che del gregge si è raggiunto l’intruppamento e la stolidità. Opinioni irrilevanti e irrilevanti modi di vivere. Beeeee!!!
L’ottima prefazione al volume di Mimmo Pichierri è un saggio nel saggio: introduce allo specifico di Châtelet e ne investiga i concetti, mettendoci del suo:
“È questo che è diventato il consumatore del terzo millennio, attore di gozzoviglie insensate, dalle grandi firme alla cocaina, dal cibo alle auto di grossa cilindrata, dall’elettronica agli interventi estetici, dalla pedofilia al bondage; l’ingiunzione al trogolo ha raggiunto il suo successo compiuto con l’e-commerce e le sue comodità, dal momento che qualunque merce può arrivare a casa nostra in un battito di ciglia, nel tentativo indefinito di colmare una foga bulimica senza confini, né merceologici né tantomeno etici: il famoso produci-consuma-crepa si è ormai contratto in un’unica istigazione al godimento infinto, sganciato ormai da ogni sia pur tenue parvenza di autonomia del desiderio”. (pagg. 12-13)
"Il punto significativo qui è la presa d’atto atroce di come l’ottimismo libertario della prima decade del ventennio considerato si sia poi molto presto trasformato in una forma di cinismo spietato e insaziabile, che mentre sponsorizzava una morale improntata al “non bisogna illudersi” e cantava la fine delle ideologie […], di fatto si preparava ad occupare tutti i posti di potere e a ridurre il cittadino democratico allo status di consumatore consumato, tanto vorace sulla mensa delle merci e dei servizi quanto cosificato dai sondaggi e reso un semplice numero”. (pagg. 13-14)
Mi rendo conto della misura degli estratti, ma sono inappuntabili, legittimi, e degni di riflessione. Le osservazioni di Pichierri fanno il paio con quelle di Châtelet: analisi lucide più che parole grosse, e se qualcuno non ne fosse convinto, padronissimo di grufolare ancora, senza accorgersene, fra gli avanzi delle merci, per quel poco che gli è concesso e che gli riesce. Il giorno della fine non ti servirà l’inglese, cantava Battiato. E nemmeno lo smartphone ultimo tipo (acquistato in comode rate, ovvio), se è per questo.
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