Voci dal tempo indicibile. Ventuno saggi brevi sulla poesia
- Autore: Francesca Innocenzi
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Francesca Innocenzi ha scelto di inserire in uno stesso libro quasi tutto lo scibile poetico occidentale e parte di quello statunitense. Un’impresa epica, possibile solo se chi sceglie un poeta e un periodo ne parla in modo breve.
L’italiano non è l’inglese, però, dove una singola parola può già essere sufficiente per introdurre un poeta come Walt Whitman, quindi in questo breve excursus faremo finta di essere apolidi (anche per stretta attualità).
A Francesca Innocenzi interessa che noi si riprenda a studiare, analizzare e amare, soprattutto, le poesie. Così nasce Voci dal tempo indicibile. Ventuno saggi brevi sulla poesia (Rossini editore, 2023, curatela e traduzioni di Francesca Innocenzi).
Si prendono delle poesie scelte a discrezione dell’autrice che possono diventare capitoli del libro. Il primo saggio breve è Traduzione e epigrammi dell’antologia palatina. Per l’amore che l’autrice porta per il greco antico si prediligono poesie brevi che devono avere due particolarità peculiari: l’essenzialità e la musicalità.
Nella prefazione la studiosa ci dice che, nella traduzione dal greco antico, è una sua scelta riportare in italiano la poesia con il punto e virgola, segno di interpunzione che gli italiani usano poco e male.
Tu, sacra notte, e tu lampada, voi soli / foste testimoni del nostro patto; lui giurò che mi avrebbe amato, io che mai l’avrei lasciato; / E ora lui dice che quelle promesse sono scritte sull’acqua; / e tu lampada, lo vedi in altri abbracci.
Questo testo è stato è tratto dal Fiore dell’antologia Palatina (Garzanti, 1977), in cui ci sono poesie dal forte richiamo erotico e ricche di riferimenti a come tutto poi passa senza lasciare traccia.
Inoltre Innocenzi cominciò a occuparsi di poesie rom nel 2006.
Per la popolazione rom l’orale prevale sugli scritti, anche se alcune poesie giocoforza sono scritte:
Ad Auschwitz c’era una casa / e c’era mio marito imprigionato / seduto, seduto si lamentava / e pensava a me: / oh tu, uccello nero, prendi la mia lettera / prendila per mia moglie / dille che sono prigioniero / ad Auschwitz.
Le tematiche prese in esame, però, sono il razzismo attuale e la discriminazione.
Nel nomadismo ROM c’è sempre stata una componente di stanchezza, malinconia, ripartenze, rifiuto dagli altri e di nuovo un viaggio.
Non potendo essere completamente esauriente arriviamo ai due poeti americani: Walt Whitman e Melville. Il capolavoro di Whitman è la silloge Foglie d’erba, del 1855, il suo slancio di identificazione di ogni elemento del creato:
Ascolto e vedo Dio in ogni oggetto, / eppure non capisco minimamente Dio / né che possa esserci qualcuno più meraviglioso di me stesso / ... vedo Dio in ogni volto umano e nel mio allo specchio.
D.H. Lawrence, grande appassionato di Whitman, disse che il poeta fu il primo a ribellarsi alla supremazia dell’anima sul corpo.
L’altro fondatore del “Nuovo Mondo”, Melville, scrisse poesie meno elegiache di Whitman, sicuramente meno belle perché mise questi ingredienti ovvero la forza, la “virilità”, sostantivi che poco hanno a che fare con le sillogi.
Così in Premonizione, testo compreso nella sua prima silloge dal titolo Pezzi di battaglia e aspetti della guerra, che recita:
Quando nubi marine sui colli d’entroterra / Dilagano in tempesta nel tardo autunno bruno / E l’orrore pervade la valle infracidita / E crolla con fragore la guglia nel paese / Io penso ai mali della mia terra - / Alla tempesta irrompente dalla plaga del Tempo / Sulla speranza più dolce legata al più turpe delitto dell’uomo.
Innocenzi fa anche un grande gesto di generosità e di chiarezza, scrivendo di poeti, uomini e donne, che non hanno avuto una flebile voce, come Luigi Di Ruscio. Poi scrive del mito di Orfeo, che ha rivestito una certa importanza per alcuni autori.
O il mito di Ulisse rivisto da tre poeti di cui non parleremo perché ci sono migliaia di testimonianze della loro grandezza: Pascoli, Kavafis e Saba.
Soprattutto il “non italiano” dei tre, Kavafis, sembra essere tra le prime posizioni per quanto riguarda libri, critiche, convegni, mettendo in ombra il poeta che chi scrive ama moltissimo, Arthur Rimbaud. A essere in ombra sono le sue poesie, sia chiaro, perché sulla sua relazione con Paul Verlaine abbiamo invece una moltitudine di libri e biografie. Nonostante questo, Innocenzi ne fa un capitolo a parte, proprio per tornare a tutto quello che ha scritto Rimbaud, riducendo la sua vita privata a solo poche righe.
L’autrice addirittura, tra Baudelaire, Rimbaud e Mallarmé, scrive che il poeta geniale è stato Rimbaud per il suo totale sovvertimento delle regole poetiche, per i contenuti spesso "bizzarri", ma efficaci per i lettori.
Nel libro troviamo la famosa poesia di Monsieur Rimbaud dal titolo Vocali, di cui riportiamo qualche riga iniziale:
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, / io dirò un giorno le vostre nascite latenti: A nero, corsetto villoso di mosche splendenti, che ronzano intorno a crudeli fetori, / golfi d’ombra...
Francesca Innocenzi ha scritto questo libro per amore verso i poeti, famosi o sconosciuti, certa che in questo periodo di confusione si ha bisogno di punti fermi.
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