Yoga sutra
- Autore: Patanjali
- Genere: Classici
Lo yoga è una disciplina hindi riguardante corpo mente e spirito, ormai ben conosciuta e molto praticata in Occidente. In gran parte però le persone si limitano a imparare posizioni del corpo e a compiere esercizi di respirazione per ottenere un benessere fisico. Ciò significa trasformare lo yoga in una ginnastica ed è riduttivo, sebbene apporti qualche beneficio, ma nasconde l’essere integrale che siamo, da dove siamo venuti, l’origine a cui tornare.
Interessante è scoprire o riscoprire il libro classico attribuito a Patanjali, maestro illuminato vissuto nel secondo secolo a.C., Yoga sutra , ossia aforismi sullo yoga (Demetra, 1966, pp. 66) tradotto e presentato da Marco Longhi Paripurna.
Yoga (dal sanscrito "yuj", da cui il latino "iungere" e "iugum", congiungere e giogo) significa unione dell’anima individuale con l’anima cosmica e con lo spirito assoluto, perché in essenza siamo tutti uno e derivanti da "Quello", "Tat".
Ottenere un simile stato di coscienza è beatitudine, liberazione dal male, dal dolore e dalla paura della morte. Ogni sofferenza nasce dalla mente ignorante, sempre affatturata, possiamo dire drogata dalle apparenze, nelle quali si identifica e si aliena, sottomessa ai richiami dei sensi. Non è male vivere sentendo fortemente, i sensi esistono anzi nella filosofia yoga sono governati dagli dei; il male nasce quando non siamo padroni di noi stessi.
Lo yoga di Patanjali è "raja yoga", yoga regale cosiddetto perché con l’ascesi il praticante diventa consapevolmente re di se stesso. È l’ignoranza di sé che precipita ogni essere nell’errore e nel dolore. Non diversamente che nella scuola gnostica la conoscenza è cardine di salvezza.
"La vera conoscenza consente di sconfiggere l’ignoranza spezzando così il legame tra il soggetto e l’oggetto del conoscere. In questo consiste la liberazione."
La prima fase del cammino consiste nel separarsi dalle sensazioni, attraverso il controllo del corpo "asana" (posizioni) e "pranayama", il controllo del respiro. Un maestro yoga fa comprendere che il nostro vero io non è la sensazione.
La seconda fase prevede il controllo della mente con esercizi di concentrazione, prima "con seme" ossia su un oggetto esterno, fino a non percepire null’altro; ma non siamo neppure il contenuto della mente. Quindi si passa alla contemplazione del "vuoto" a una concentrazione "senza seme" senza oggetto, con la mente vuota divenuta estremamente lucida e autocosciente. Quel "vuoto" è lo spirito.
Questa e già la terza fase, nella quale si comprende l’illusorietà delle apparenze e si conosce il substrato divino interiore “Atman”, identico al “Brahman” universale. Il distacco si produce sia nei confronti della materia, sia dei contenuti mentali che vanno e vengono; anch’essi sono irreali perché impermanenti.
"La causa della falsa identificazione del soggetto con l’oggetto della conoscenza è l’ignoranza."
La conoscenza porta alla estinzione dell’aggressività e dell’egoismo. In questo cammino il bene è il risultato della libertà interiore, uno stato legato alla vera sapienza, non appresa dai libri ma praticata sotto la guida di un maestro.
Lo yoga è la vera preghiera, se per preghiera intendiamo la comunione con Dio. Fino all’identificazione. Solo Dio è reale.
Non mi soffermo sui poteri che gli "yogin" acquisiscono nell’esercizio della concentrazione e meditazione contemplativa, non è questo lo scopo della disciplina ma la liberazione.
Se un libro non dà la conoscenza, può però dire qualcosa su ciò che si ricerca. Darne una descrizione. Poi è necessaria la pratica. Non è un caso che i grandi illuminati non abbiano scritto nulla. Anche i sutra di Patanjali sono stati sistemati nella forma che conosciamo diversi secoli dopo la morte del maestro. La loro semplicità è ingannevole, indica un esercizio strenuo e costante per ottenere il distacco dagli oggetti sensibili. Si tratta di rinvigorire la volontà senza diventare rigidi e frustrati.
La gioia, la serenità, la calma imperturbabile, la compassione, l’accettazione della sorte unita all’autodeterminazione sono i doni meravigliosi ottenuti con la pratica.
"Si realizza la conoscenza della propria natura immutabile quando la consapevolezza cessa di fluttuare e riconosce la propria sorgente."
Importante in questo sutra è l’aggettivo immutabile. Ricorda la saggezza di Spinoza che vedeva ogni cosa ’"sub specie aeternitatis", nella loro natura eterna, oltre il tempo.
Arrivare a queste altezze significa divinizzarsi. In fine accade una stupenda riappropriazione del mondo, ma, paradossalmente, con distacco. Lo yoga realizza la formula greca "En kai Pan", Tutto e Uno.
"Lo Yogi realizza che il soggetto della conoscenza, gli strumenti della conoscenza e l’oggetto della conoscenza sono una cosa sola. La coscienza diviene un puro cristallo trasparente che riflette l’essenza delle cose."
"Il mondo, i significati e i contenuti si fondono e divengono una sola unità conoscibile."
L’essenza, la "cosa in sé" di Kant, il "noumeno" per lo yoga è conoscibile con il processo di fusione preceduto dalla separazione, ma non può essere detta, va esperita.
Siamo di fronte all’"opera al rosso" degli alchimisti, nella quale l’iniziato vede il mondo trasfigurato e se stesso in esso. Sono i nuovi cieli e la nuova terra dell’Apocalisse. Metafore della grande intuizione e della grande poesia.
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