La guerriera dagli occhi verdi
- Autore: Marco Rovelli
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2016
Quando si chiamava Filiz non immaginava che un giorno sarebbe diventata Avesta Harun. Filiz era una ragazza curda, che ballava le danze tradizionali nelle feste. Avesta è la comandante di un reparto dei guerriglieri del PKK in azione contro i turchi ed ora in guerra contro il Califfato. Lo scrittore e musicista toscano Marco Rovelli è andato a incontrare questa combattente per la libertà nel territorio dove agisce in Medio Oriente e racconta la sua storia nel reportage “La guerriera dagli occhi verdi”, un libro pubblicato a maggio 2016 da Giunti (pp. 160, euro 16,50).
Una ragazza di un popolo che non c’è. O meglio, che esiste, ma non ha un territorio. È dal tempo dei sumeri che i curdi sono “il popolo delle montagne”. È sulle montagne che hanno sempre vissuto, le montagne li hanno sfamati, nelle montagne hanno sempre trovato rifugio. Nel Novecento, secolo di cancellazioni, sono stati dispersi tra quattro Stati: a nord la Turchia, a sud l’Iraq, a est l’Iran, a ovest la Siria. Senza terra e con le bocche cucite, specie nella nazione turca, che ospita il nucleo più grande: vietato parlare, proibito indossare una kefiah, reato usare la propria lingua perfino in casa. I Turchi reprimono tutto ciò che è curdo.
Filiz è di Mezri, quaranta famiglie nel distretto di Van. È la più piccola di dodici figli, nata nel 1982. A ventidue anni è salita in montagna seguendo un fratello.
Prima era d’obbligo coprire i capelli con un velo, anche se lo odiava. E se un uomo entrava nell’abitazione lei doveva allontanarsi, non poteva restare nella stessa stanza con lui. Oggi invece Avesta porta la kefiah come le pare, al collo o in testa e non deve cedere il passo a nessun uomo, lasciare la stanza o alzarsi in piedi, tanto molti di loro sono meno coraggiosi di lei.
Sono guerriere come la comandante Harun che stanno riscattando cinquemila anni di schiavitù delle donne da quelle parti. Un Paese non può essere libero se le donne non sono libere, dice Apo Ocalan, il leader del partito dei lavoratori del Kurdistan (è quello che significano le iniziali PKK).
C’erano anche donne tra i giovani del PKK che Aversa ha visto massacrare dai soldati del governo di Ankara quando era Filiz. E c’era anche Avesta nella leggendaria battaglia della valle di Zap, quando poche centinaia di guerriglieri curdi resistettero a migliaia di soldati turchi. Era l’Operazione Sole, condotta dai nipoti di Enver Pashà nel gennaio del 2008 per sbarazzarsi delle basi del PKK. Gli aerei davano la caccia ai guerriglieri sui loro monti nel Kurdistan iracheno, poi era arrivata l’invasione di terra, per fare piazza pulita dei partigiani. Si erano dovuti ritirare nella neve alta, abbandonando basi e depositi di munizioni. L’estrema linea di difesa si saldava all’imbocco dalla valle del Grande Zap e le nuvole bianche che ostacolavano il volo erano amiche nella resistenza a oltranza sulla collina. Da lì turchi non passarono.
Ora i curdi hanno un altro nemico, sono gli odiati miliziani di Daesh, che avanzano giustiziando la gente nelle città, esponendo la bandiera nera sugli edifici e obbligando le donne a coprire il capo e il volto. Il fanatismo assassino li porta a sterminare tutto ciò che è curdo. Con loro è guerra all’ultimo sangue. Da una parte il sogno di un califfato teocratico cresciuto all’ombra di potenze regionali, alleate dell’Occidente atlantico, dall’altra un popolo che resiste con le armi e contrattacca in nome di una democrazia radicale, costruita dal basso, basata sulla convivenza pacifica tra etnie e religioni diverse. E da questa parte, ci sono donne che prendono il destino in mano e con l’altra imbracciano un’arma.
Poco a poco nel racconto di Marco Rovelli cresce la storia di Filiz, di come e perché è diventata Avesta.
Oggi Harun, comandante rispettata, intona spesso con gli altri guerriglieri un bel canto della resistenza italiana. “Bella ciao” è stato tradotto anche in curdo e rianima e rinsalda i cuori anche sui monti, tra le foreste, nei deserti dello Stato che il popolo delle montagne difende, ma non possiede ancora.
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